Il nuovo volto dei giovani italiani
Nel nostro Paese, i giovani si trovano spesso al centro del dibattito pubblico. Si avverte allora la necessità di punti di riferimento, strumenti che siano in grado di far luce sui bisogni delle nuove generazioni e sulla loro complessa realtà»: per rispondere a questa sfida l’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori, ente fondatore dell’Università Cattolica, ha scelto di realizzare (con la collaborazione della stessa Università Cattolica e grazie all’Osservatorio giovani che dall’Istituto ha avuto origine), a partire dal 2012, un Rapporto Giovani che rappresenta la più completa e approfondita analisi dell’universo dei cosiddetti millennials, i nati tra il 1980 e il 2000. L’edizione 2017, la quinta, è appena giunta in libreria. Paola Bignardi, coordinatrice del Rapporto, ce ne spiega novità e punti salienti.
Msa. Innanzitutto: perché è importante occuparsi della condizione giovanile? L’Istituto Toniolo lo fa da anni con il Rapporto, e da qualche anno anche con un Osservatorio creato ad hoc.Bignardi. L’Istituto Toniolo e le persone che in esso operano sono convinti dell’importanza che ha conoscere il mondo giovanile al di là delle valutazioni sommarie e dei giudizi frettolosi. Il lavoro realizzato in questi anni ha smentito luoghi comuni sui giovani e ha mostrato quanto sia importante una conoscenza basata sull’ascolto e su un metodo di indagine attento e rigoroso.
Quali, a suo parere, le novità più significative dell’edizione 2017? Un nuovo ciclo triennale è partito nell’autunno 2015, con un rinnovato campione di oltre 9 mila giovani tra i 18 e i 32 anni. La seconda rilevazione principale si è svolta a ottobre 2016, con la partecipazione di oltre 6 mila giovani del campione iniziale. Con questo nuovo ciclo, il Rapporto Giovani è stato, inoltre, potenziato su vari fronti: consolidamento degli approfondimenti nel corso dell’anno, al fine di fornire evidenza empirica su temi di interesse per il dibattito pubblico; estensione internazionale (per ora mirata agli altri grandi Paesi europei: Spagna, Francia, Germania e Regno Unito); integrazione dei dati ottenuti dal sondaggio con quelli dei social network; rilevazione sugli adolescenti (con la prima indagine pilota svolta nelle classi di alcune scuole superiori di Roma). I dati ottenuti da tutte queste fonti sono valorizzati nei capitoli di questa edizione del Rapporto.
Un filo rosso pare unire i nostri giovani: l’equilibrio precario, che interessa tutti gli ambiti oggetto di analisi. La transizione alla vita adulta costituisce per le nuove generazioni un percorso difficile e accidentato. Le aspettative sul proprio futuro sono spesso frustrate dagli ostacoli ad acquisire autonomia; i sogni della giovinezza si scontrano con una realtà dura; la consapevolezza delle proprie risorse è mortificata da una società che sembra non aver previsto l’ingresso di nuove presenze ed energie. Tutto questo porta i giovani a guardare al futuro con poca fiducia, vedendo in esso più rischi che opportunità e a spegnere la loro tensione ideale contro una realtà che frappone troppi ostacoli alla realizzazione.
Si conferma il difficile e complesso rapporto tra giovani e mondo del lavoro. Le percentuali riguardanti la disoccupazione giovanile la dicono lunga sul complesso rapporto dei giovani con il lavoro. Eppure non si possono etichettare in genere come schizzinosi. Si direbbe che i giovani, da una parte, sono disposti ad adattarsi a qualsiasi lavoro o ad andare all’estero pur di garantirsi un’occupazione che permetta loro di guadagnarsi da vivere e di acquisire l’autonomia cui aspirano. Dall’altra parte, sembrano quasi sorpresi di constatare l’impossibilità di mettere a frutto ciò che hanno imparato nel loro percorso di studi. Questo dà loro la sensazione di essere una risorsa sprecata; ed è proprio questo che i giovani fanno fatica ad accettare, perché genera in loro sfiducia e rabbia nei confronti della società e delle istituzioni. Si tratta di una situazione che in troppi casi porta il giovane a quella condizione di passività che lo estranea sia dai circuiti formativi che dal mondo del lavoro.
E quanto a desideri, progetti, aspirazioni delle nuove generazioni, il Rapporto che cosa ci dice? Nelle aspettative dei giovani vi è l’autonomia economica che passa attraverso il lavoro e rende possibile concretamente il formarsi una propria famiglia. Ma senza un lavoro, questa prospettiva deve essere di continuo rimandata, generando situazioni anomale di permanenza presso i genitori e di dipendenza da loro. Nei desideri dei giovani vi sono una famiglia propria e dei figli. La maggior parte di loro ne desidererebbe tre o due, ma realisticamente pensa che potrà averne meno rispetto ai desideri. Emerge anche su questo tema il contrasto tra aspirazioni e possibilità effettive di realizzarle: è una tensione che percorre tutta la vita dei giovani italiani di oggi.
Che quadro emerge complessivamente oggi dei giovani italiani? E come favorire la piena realizzazione di una generazione poco valorizzata? Il quadro che emerge è molto più positivo di quanto non si sia soliti pensare: i giovani italiani si sentono una risorsa per il nostro Paese, hanno voglia di rimboccarsi le maniche e di fare la loro parte nella società. Il fatto che si presentino con caratteristiche spesso molto lontane da quelle delle figure adulte non significa che siano persone meno positive; semplicemente hanno tratti di una cultura diversa, che gli adulti devono saper interpretare, sostenere, accompagnare in modo rispettoso e positivo. Quanto poi alla società, bisognerà decidersi a politiche adeguate, far posto alle nuove generazioni, e non solo per non mortificarle e favorire la loro crescita, ma per non diventare una società invecchiata, impostata secondo criteri del passato.
L'intervista integrale si può leggere sul Messaggero di sant'Antonio n.5/2017 come pure nella versione digitale della rivista.