Ancora un anno di attesa
Inondata dal tiepido sole autunnale che al tramonto l'avvampa di colore, Assisi è un incanto. Nonostante le tetre gabbie di metallo che nascondono gran parte dei suoi più bei monumenti danneggiati dal terremoto. La grande paura è passata. Turisti, tedeschi e inglesi in maggioranza in questa stagione, sciamano ordinatamente nel dedalo di viuzze medievali che innerva la città . Ristoranti e alberghi hanno ripreso a lavorare.
Oggetto della curiosità e della devozione, tra tutti, la basilica di san Francesco, anzi le basiliche: quella inferiore, già accessibile perché i danni del terremoto sono stati lievi, e quella superiore, gravemente lesionata assieme ad altre parti del complesso, ancora ammantate da una fitta selva di tubi d'acciaio: un po' di delusione per i pellegrini per quel che non possono vedere, ma anche una rassicurazione sulle intenzioni e sulle capacità tecniche di chi non si è mai rassegnato, nonostante i più tetri presagi.
In tutti una domanda: quando si finirà ?
Ora abbiamo una data certa: il Natale del 1999. Padre Giulio Berrettoni, custode del sacro convento, l'ha annunciata con gioia e sicurezza agli ambasciatori e diplomatici, accreditati al Qurinale, convenuti il 27 ottobre scorso nella città del «Poverello» a ricevere la nuova bandiera della pace (vedi riquadro): «Il Natale del prossimo anno, ormai alle soglie del duemila, lo potremo celebrerare nella basilica superiore, finalmente risanata dalle ferite del terremoto».
Gli ha fatto eco il professor Antonio Paolucci, per il quale tale data «non sembra più un temerario azzardo, ma un obiettivo ragionevole e, a questo punto, concretamente raggiungibile». A fondare tanta certezza, il fatto che a un anno dal sisma già il 40 per cento dei lavori è stato eseguito».
L'evento sarà preceduto da un «Convegno internazionale sul ciclo francescano di Giotto», a ottocento anni dalla sua presenza artistica in Assisi. E il concerto natalizio, appuntamento tradizionale sugli schermi Rai, potrà essere trasmesso dalla sua sede abituale, mentre l'occhio delle telecamere frugherà , con ammirata gioia e sollievo, sulle volte rifatte, sui fantastici affreschi di Giotto, Cimabue e altri artisti che tramandano la straordinaria vicenda spirituale e umana di Francesco, che avremmo potuto perdere per sempre.
È certo ancora viva, nella nostra memoria, l'immagine delle volte della basilica superiore che, sotto la spinta di un ennesimo scotimento e gravate dal molto materiale di riempimento accumulatosi nei secoli, franano al suolo, uccidendo due frati e due tecnici. Una tragedia in diretta, che ha commosso tutto il mondo.
Allo sconforto di allora è subentrata la serenità , la certezza che presto tutto sarà solo un brutto ricordo. Anche se la possibilità che eventi tellurici di tale portata si possano ripetere è molto alta. Gli esperti dicono che umbri e marchigiani devono imparare a convivere con il terremoto. In ottocento anni, da quando c'è la basilica, per ventitré volte la terra ha sussultato, anche se mai nella forma devastante del 26 settembre dello scorso anno.
Ho visitato il cantiere della basilica superiore. L'interno è un rincorrersi di tralicci che salgono sù, fino alle volte, occultando alla vista gli affreschi. Ho salito con emozione le scalette che portano nei luoghi dove sono stati effettuati gli interventi o dove si sta ancora lavorando. Le scale si inerpicano lungo le pareti, e, tra gli interstizi delle impalcature, è stato possibile ammirare vicinissimi, a un palmo dal naso, porzioni dei mitici affreschi e il gioco policromo delle vetrate istoriate che il sole ottobrino accendeva di cangianti riflessi. La più gradita delle sorprese è stata una tenerissima «Maternità » dai tratti delicati, difficilmente osservabile da una così privilegiata vicinanza, illuminata da una tenue luce arancione, per la venerazione di chi lavora.
Con padre Egidio Monzani, che mi guida nella visita, raggiungiamo proprio quelle volte (una, affrescata dal Cimabue e l'altra, nota per l'immagine dell'apostolo Matteo) che sono franate sull'altare maggiore devastandolo e seminando morte (un commosso ricordo alle vittime). Queste sono già state ricostruite utilizzando tecniche, malte e altri materiali speciali, alcuni creati e sperimentati appositamente per Assisi, sotto la guida dell'«Istituto centrale del restauro». Le cicatrici sono vistose e non si sa ancora se gli affreschi recuperati, o quello che di essi si potrà ricostruire, saranno qui ricollocati. Al riguardo, ci sono opinioni diverse, che riferiamo nel riquadro. Tocco, comunque, con un dito le volte. Non mi succederà mai più di farlo.
Percorro sulle impalcature tutta la basilica fino a raggiungere l'arco e la volta contigui alla controfacciata (santi francescani e san Girolamo dottore) dei quali è in corso il restauro. È possibile osservare dal vivo come avviene la ricostruzione. Sono appena state posizionate le centine di legno sopra le quali verranno rifatti i costoloni e gli arconi crollati. Per conservare l'autenticità dei manufatti, si utilizza il più possibile del materiale recuperato, collegando tra loro i mattoni per ricomporre brani di superfici affrescate. Le parti mancanti vengono integrate con mattoni uguali appositamente fatti.
Le basi degli arconi, poi, che prima poggiavano su modesti rinfianchi delle volte e non sempre in asse con le sottostanti nervature, vengono ancorate alle pareti con una cerchiatura d'acciaio (barre d'acciaio incassate nei muri) che consente sia un più sicuro appoggio, sia un rimedio a imperfezioni costruttive.
«Queste sono le ferite più gravi e più evidenti - mi informa padre Egidio - ma ve n'era un'infinità di altre meno appariscenti, sia nelle pareti affrescate sia nei costoloni, a volte piccolissime crepe che formavano una specie di ragnatela: tutte sono state rimarginate con iniezioni di un particolare cemento». Il terremoto ha offerto l'occasione per passare al setaccio l'intero edificio e intervenire con un progetto complessivo che prevedesse la riparazione dei danni provocati dal terremoto, ma anche il consolidamento di qualsiasi altra struttura che fosse risultata precaria.
Fervono i lavori anche in altri cantieri: sul campanile, sui chiostri dei morti e di Sisto V, sui timpani del transetto. Il timpano di sinistra era risultato da subito il più malconcio e minacciava di precipitare. Tutti ricordano, per averla vista in tv, l'ardita impresa di piazzare una gru in prossimità del timpano per porvi un'imbragatura di metallo che tenesse insieme le pietre disgregatesi a causa delle vecchie malte che non tenevano più.
La struttura metallica è stata rimossa. La parte superiore del timpano più danneggiata, è stata smontata. Le pietre recuperate vengono preparate per essere ricollocate, quelle mancanti verranno rimpiazzate con altre di caratteristiche uguali. Anche il timpano di destra, che inizialmente sembrava non aver subito danni, ha avuto bisogno di cure per rimettere in sesto uno spanciamento che aveva raggiunto anche i dieci centimetri.
Insomma si lavora, e speditamente. Il rischio di perdere tutto è stato scongiurato. E abbastanza rapidamente. Grazie alla tempestività degli interventi, come sottolinea il professor Paolucci: «I telegiornali d'Europa ancora trasmettevano le scene terrificanti delle vele crollate e già erano in funzione i gruppi di volontari coordinati da Paola Passalacqua; già l'Amministrazione dei beni culturali' attivava la 'Commissione tecnico scientifica' incaricata di disporre i pronti interventi e di programmare il restauro».
La Commissione, in decine di sedute, presenti tutti coloro che erano interessati all'operazione (dai rappresentanti degli enti istituzionali preposti al recupero dei beni arti-
stici e ambientali, sia nazionali sia
locali, ai tecnici, alle ditte che effettuavano i lavori), provenienti da esperienze e competenze diverse, ha lavorato bene. Il professor Paolucci
se ne compia-ce: «Saperi diversi, qui ad Assisi, hanno saputo confrontarsi e rispettarsi, traendo vantaggio l'uno dall'altro, imparando a muoversi con flessibilità , con accortezza, anche con coraggio dentro le maglie della burocrazia... Abbiamo saputo lavorare in lealtà e in amicizia pur nella franchezza di un rapporto vivacemente dialettico. Ai giorni nostri, quando questo succede è quasi un miracolo. Forse l'atmosfera di Assisi, abitata dallo spirito di san Francesco ci è stata propizia» (Perché non stabilire il parlamento italiano nella città del «Poverello»?).
Un clima speciale, dunque. Lo sottolinea anche padre Berrettoni. «Quando si iniziarono i lavori, ancora non c'erano i finanziamenti, ma tecnici ed esperti non si sono tirati indietro per questo, e hanno lavorato per diversi mesi senza ricevere lo stipendio».
A proposito di soldi, padre Monzani osserva (e padre Berrettoni conferma): «I soldi, poi, sono venuti e tutti hanno avuto quel che loro spettava, ma delle sottoscrizioni aperte dai giornali per la ricostruzione della basilica di Assisi, finora, non abbiamo visto una lira». Saranno stati destinati a finanziare la ricostruzione di altri paesi umbri e marchigiani, anch'essi danneggiati dal sisma? Alla basilica, i soldi sono venuti da altre parti. Il valore dell'opera, che appartiene a tutto il mondo, non poteva consentire ritardi: la sua ricostruzione rapida è, però, servita da volano ad altre ricostruzioni, ad altre riprese.
Padre Berrettoni ci tiene a sottolineare la solidarietà delle famiglie francescane. Dice. «Più di tutti, ci sono stati vicini i confratelli francescani conventuali, con la preghiera e con tanti segni di solidarietà . Ma anche le relgiose e i religiosi delle altre famiglie francescane. Ci voleva la sofferenza del terremoto per unire tutti attorno alla tomba di san Francesco, per riscoprirla come tomba di famiglia, luogo della comune preghiera». L'aspetto positivo di un terremoto, per altri versi disastroso e i cui danni, in altre parti, fanno ancora soffrire tanta gente.