Assisi: anche le pietre parlano del cielo
Un grande fotografo sa far parlare le immagini. È quello che fa il maestro friulano Elio Ciol, con la tenacia del contadino che scruta la natura senza violarla, con la pazienza dell’artigiano che in tanti anni ha imparato il mestiere, perché niente si improvvisa e niente è frutto del caso. Casomai è «opera della Provvidenza», come afferma Ciol, 81 anni trascorsi a Casarsa della Delizia, il paese di Pier Paolo Pasolini, dove tuttora il fotografo risiede e lavora.
Grato per tutto quello che la vita gli ha dato: tanti incontri, come quelli con Pasolini e il pittore William Congdon che Elio conobbe proprio ad Assisi, e tante opportunità, tra cui anche questa esposizione in Russia che gli fa dire: «Certe volte non si ha proprio l’idea di come le cose possano portare frutto al di là delle nostre possibilità espressive. C’è sempre da imparare da tutte le persone che incontriamo, c’è sempre qualcosa che resta dentro, presenze che illuminano».
L’idea della mostra di Ciol in Russia venne ad Andrey Martynov, direttore della Fondazione Biennale di Mosca, dopo che il fotografo Frank Dituri gli aveva fatto dono di un libro con le immagini di Elio su Assisi.
Cinquanta sue foto, insieme a quelle dell’amico Frank Dituri, sono state esposte al Museo statale di Novosibirsk fino al 12 settembre scorso, all’interno di una grande mostra di 35 fotografi di 9 nazioni del mondo. A visitarla tanti cittadini russi e turisti stranieri.
Le foto di Ciol ora sono esposte in un’altra città della Siberia, e il loro viaggio proseguirà in diverse città della Russia, tra cui Mosca, per andare poi in Giappone, presumibilmente nel giugno 2011.
Queste immagini non fanno solo conoscere una delle parti più belle e suggestive dell’Italia, ma sono anche un modo di «testimoniare fino agli estremi confini della terra», compiendo una, forse inconsapevole, missione: quella di portare la bellezza nei posti più lontani e sperduti del mondo.
Le immagini di Assisi
Queste foto della cittadina umbra, la cui essenzialità è rara, nette e incisive nel sapiente bianco e nero di cui Ciol è maestro, non sono opere «mute». Raccontano una grande storia. Narrano innanzi tutto il legame della terra con il cielo: i muri, le case, le pietre, i cieli sconfinati e cangianti a seconda delle stagioni sembrano alludere ad altro.
Implicitamente additano alla semplicità del messaggio di Francesco, alla pulizia di una favella che non mente, quella sempre attuale del Vangelo, di un Vangelo incarnato.
Elio ha cominciato a lavorare da giovane nel laboratorio del padre, fotografo di Casarsa (e anche oggi la tradizione di famiglia continua, visto che a Elio si è affiancato il figlio Stefano). Durante l’occupazione nel 1943 i tedeschi portavano a sviluppare i loro rullini ed Elio fu colpito dalle foto scattate da un ufficiale medico tedesco. Quelle foto ritraevano i volti, i luoghi, la fatica dei contadini che il giovane vedeva ogni giorno senza però avervi mai fatto attenzione. Imparò allora un modo diverso di leggere la realtà. «Bisogna osservare le cose al di là di quello che rappresentano – afferma –: se le fotografie danno questa idea allora significa che si è sulla buona strada». In seguito Ciol apprese a fotografare le opere d’arte e affinò la tecnica del racconto attraverso l’accostamento delle immagini.
«Ho scattato le foto di Assisi che ora sono esposte in Russia – racconta Elio Ciol – in un arco temporale molto vasto, dal 1957 al 2009. Assisi è la città natale di mia moglie e per me è sempre stata un posto speciale, meraviglioso, uno stimolo per un risveglio interiore. In una giornata d’inverno del 1958 – ero a un convegno organizzato dalla Pro Civitate Christiana – salii verso la Rocca: ero avvolto in una fitta e scura nebbia, ma improvvisamente la nebbia si diradò ed ebbi la sensazione di salire verso il cielo, verso l’infinito. Scattai alcune immagini assai suggestive. La settimana dopo feci per la rivista “Rocca” uno “speciale” che fu per me molto importante, perché allora ero giovane, ancora alla ricerca di cosa fare nella vita…». Da quel lontano giorno Elio ne ha fatta di strada, ma Assisi ha sempre avuto un posto particolare nel suo cuore, tanto che la cittadina fu protagonista anche di alcuni dei numerosi libri fotografici: il primo (1969) edito proprio dal «Messaggero», con testi di David Maria Turoldo, Paolo Cavallina e Piero Bargellini; un altro nel 1991; nel 2002 un libro con gli affeschi della Basilica di San Francesco. Un posto speciale ha poi il volume Le pietre raccontano di Chiara e Francesco edito dalla Cittadella di Assisi nel 2006. In esso Ciol racconta, attraverso gli scorci della città subasiana, il cammino di Chiara e Francesco, accostando, con il suo occhio acuto, immagini di opere d’arte e sguardi sul quotidiano. Così il maestro ci fa capire che è nella quotidianità delle nostre esperienze che qualcosa di straordinario può nascere.
Nelle foto di Assisi a volte sono i dettagli, i particolari (una vera di un pozzo, una finestra, un muro, una strada, un oliveto, un cipresso…) a essere in primo piano; a loro è affidato il compito di parlare all’osservatore.
Analogamente, il professor Massimo Carboni, docente di estetica a Viterbo, osserva che quando il maestro fotografa gli affreschi con le Storie di San Francesco spesso sceglie degli elementi marginali, per esempio i frati che assistono e non l’evento miracoloso in sé rappresentato dal dipinto.
«Il nucleo della historia – scrive appunto Carboni nel volume fotografico Elio Ciol. Il Volto e la Parola, Allemandi, 2010 –, l’accadimento è tagliato fuori, se ne vedono solo gli effetti sugli astanti. Difficile giudicare se si tratti di una coincidenza. Fatto sta che il conquibus narrativo escluso dal prelievo coincide con un evento miracoloso, con una visio mystica. Come a dire: Francesco non è il santo del rapimento individuale e solipsistico che trascende la realtà concreta bruciandone i confini, che valica e vanifica il finito per confondersi e perdersi nell’infinito; Francesco è il santo del sublime quotidiano che nel qui e ora del finito accende la scintilla dell’infinito, che nel limite spalanca in gloria l’illimite».
Afferma lo stesso Ciol: «Per me san Francesco è un raggio di luce, un grande padre presente in tutti questi luoghi dell’Umbria. Attraverso le pietre rosa di Assisi ho scoperto qualcosa di bello e di rasserenante. Lavorando alla preparazione del catalogo della mostra Assisi. La densità del silenzio, edito da Punto Marte edizioni nel maggio 2010, ho scoperto che non sono io l’autore del libro. Ho semplicemente ricevuto molti doni, come per esempio queste immagini che io ho solo fotografato. Non ci si accorge subito di quanto si riceve».
Dietro a queste parole di Ciol, oltre che naturalmente dietro alle sue immagini, si scorge la profondità dell’uomo di fede. Maestro, che cos’è per lei Dio? gli chiediamo prima di concludere la nostra conversazione. «Per me – risponde senza esitazione – la fede è la cosa più importante. Non si potrebbe vivere senza fede, niente avrebbe senso».
Tanti doni abbiamo ricevuto anche noi da Elio Ciol: oltre alla bellezza rasserenante delle sue foto di Assisi, l’insegnamento prezioso e altissimo dell’umiltà. Che è la vera dote dei grandi.
La scheda. Elio Ciol
Elio Ciol nasce nel 1929 a Casarsa della Delizia (PN), dove tuttora risiede. Inizia a lavorare nello studio fotografico del padre e da allora non si è mai fermato, sempre alla ricerca di nuovi linguaggi espressivi. Realizza vari documentari e partecipa come fotografo di scena al film Gli ultimi di Vito Pandolfi e padre David Maria Turoldo. Numerose le sue mostre fotografiche in Italia e all’estero e molti i riconoscimenti ottenuti a Londra, Amsterdam, Padova. Le sue foto, con le quali ha contribuito alla realizzazione di oltre duecento libri, sono presenti nei più importanti musei del mondo.