Bolivia. Rocco e i suoi fratelli
Una moglie boliviana, cinque figli e dieci nipoti. Tutti con doppio passaporto e sempre felici di tornare nella terra degli avi. Oggi la vita di Rocco Colanzi è ricca di felicità e di orgoglio italiano.
«Mio padre – racconta – si era trasferito in Bolivia agli inizi degli anni ’50. L’ambasciata boliviana gli aveva offerto 3 mila ettari di terra e macchinari affinché potesse renderli produttivi. Lui e altri quattordici abruzzesi formarono la cooperativa San Michele. Partirono da Genova per fare scalo a Buenos Aires e poi da lì in treno superarono La Quiaca, Oruro e La Paz per arrivare a Santa Cruz».
Quella di Rocco è una vita che potrebbe entrare di diritto nella sceneggiatura di un film, proprio a iniziare dal suo viaggio verso la Bolivia per raggiungere il padre. Partito il 6 dicembre del 1954, arrivò a destinazione il 5 gennaio del 1955 trovando una situazione ben diversa da quella immaginata. «Io volevo andare da mio padre a Santa Cruz. Nelle lettere ci scriveva che la Bolivia era un Paese ricco e che lui aveva un lavoro che in poco tempo ci avrebbe migliorato la vita. Prima di prendere una decisione azzardata (vendere tutte le proprietà) mia madre (rimasta in Italia) accettò di mandarmi in Bolivia per vedere se le cose stavano proprio come diceva mio padre. La realtà che mi si presentò davanti fu però ben diversa».
Gli italiani di Santa Cruz aiutarono Rocco a trovare un lavoro. «Il mio angelo custode si chiamava Alessandro Santangelo – un napoletano che aveva un negozio di stoffe – il quale mi ospitò più volte a casa sua. Nei giorni festivi mi dava dei tessuti da vendere e mi iscrisse come socio nella Comunità italiana. La delusione per la vita di mio padre mi indusse a emigrare ancora una volta e a raggiungere il Brasile. Per vivere divenni – tra l’altro – fotografo e commerciante di elettrodomestici. Infine, acquistai un albergo a Manaus, in Amazzonia, e con il ricavato dei profitti tornai in Bolivia».
Rocco riabbracciò la madre solo nel 1971 e nel 1978 la convinse a visitare la Bolivia. Intanto, nel 1970, aveva conosciuto due italiani imprenditori del legno che gli proposero di fondare una ditta. Racconta: «Trovammo un legno pregiato, il Morado, che interessava molto a una ditta giapponese. Lavorammo per cinque anni con ottimo profitto». Da allora continuò a fare l’imprenditore.
Premiato dal Rotary Club di Vasto nel 1998, Rocco Colanzi nel 2013 è stato nominato ambasciatore d’Abruzzo nel Mondo e, per l’occasione, ha inaugurato una piazza di Santa Cruz dandole il nome di Piazza Italia, grazie all’appoggio dei fratelli Rony Pedro Colanzi e Alejandro Colanzi, rispettivamente sindaco e prefetto della città. «Nel 2014 abbiamo fondato, con altri centocinquanta conterranei, la prima Associazione abruzzese di Bolivia. L’inaugurazione è avvenuta alla presenza dell’Ambasciatore italiano e del Console onorario locale, ricordando i quindici pionieri abruzzesi di Santa Cruz che per primi, nel 1954, decisero di scommettere su questo piccolo angolo di Sudamerica».