A Brescia rifulgono Monet, la Senna, le ninfee e altro
Un anno importante per il museo di Santa Giulia di Brescia che ospita una grande mostra: Monet, la Senna, le ninfee. Ma al visitatore, attirato dagli impressionisti - sempreverdi e di sicura presa sul pubblico - viene offerta un'immersione totale nell'arte, perché nella stessa sede e per volontà dello stesso curatore, Marco Goldin, si possono ammirare anche i capolavori di Tiziano arrivati dal Louvre, dei piccoli miracoli di quel pazzo sempre misconosciuto e geniale che fu Gino Rossi e, dal 15 gennaio, Casa Mafai con lo stupefacente Autoritratto con il violino di Antonietta Raphaà«l. E se non bastasse, a poca distanza, nella Pinacoteca Tosio Martinengo sono riuniti altri capolavori di Dà¼rer, Rembrandt, Raffaello, Lorenzo Lotto... Senza contare che Santa Giulia è sede del museo della città : circa 12 mila metri quadrati con chiostri e chiese... Insomma, tutto quello che serve perché a Brescia rifulga Lo splendore dell'arte.
Nella storia della pittura i fiumi sono un soggetto classico, anzi direi che ogni fiume ha il suo pittore: il Canal Grande, a Venezia, ebbe il Canaletto, il Tamigi, a Londra, J. M. W. Turner e la Senna, questo grande fiume che lambisce Parigi e la banlieue, questo fiume fedele, questo varco d'aria e di luce, questo splendido viale - come lo definì Lamartine - ebbe negli impressionisti i suoi magnifici cronisti e cantori. Quando la ritraevano, nelle sue anse verdi o attraversate dai ponti e vicino ai primi insediamenti industriali, la Senna faceva loro scoprire il senso della vita.
Nel 1850 Parigi aveva un milione di abitanti, nel 1870 gli abitanti erano balzati a un milione e ottocentomila. Erano gli anni dell'industrializzazione: nella capitale venivano impiantate le prime fabbriche, che si vedono, con le loro ciminiere inquinanti, nei quadri di Pissarro; il barone Georges Haussmann dotava la città di un nuovo sistema fognario, di parchi verdi, di un impianto di illuminazione. Il centro diventava appannaggio quasi esclusivo della classe media, mentre la periferia assumeva i tratti di dormitorio, che ha mantenuto fino a oggi. I dintorni, che erano stati fino ad allora gli orti della città , non bastarono più ad approvvigionare la capitale. Argenteuil era famosa, oltre che per essere luogo prediletto da molti pittori, anche per i suoi asparagi.
Questo è il contesto in cui dipinsero gli impressionisti, pittori di impressioni di luce e di emozioni.
Prima di arrivare a Monet, la mostra di Brescia si sofferma sui suoi straordinari precursori: Corot, Daubigny per arrivare ai pittori della sua cerchia: Pissarro, nato nelle Isole Vergini, Renoir, Sisley, Caillebotte. Questa prima sezione è un ingresso trionfale nella Senna.
Claude Monet viene definito tra gli impressionisti il più impressionista di tutti. Nacque a Parigi il 14 novembre del 1840. Ancora bambino, lasciò Parigi e andò a vivere a Le Havre con la famiglia, ma presto tornò a Parigi, dove incontrò Pissarro, Renoir, Sisley e con loro dipinse all'aria aperta. La parte su Monet si apre con Il promontorio della Hève con la bassa marea (1865), che arriva dagli Stati Uniti. I quadri del nucleo centrale sono quelli di Monet ad Argenteuil, gli anni Settanta, quelli del vero incontro di Monet con la Senna, la quale proprio lì si allarga formando una sorta di lago dove i parigini andavano a praticare gli sport della vela e del canottaggio. Chiarificatore del rapporto strettissimo con la Senna è anche Il bateau atelier del 1872, un barcone acquistato dal pittore a Rouen che stravolse il punto di osservazione del fiume in quanto, grazie a esso, Monet lo poté osservare non più dalle rive, ma standoci nel mezzo.
Dopo l'estate del 1878, Monet si trasferì a Vétheuil, sempre lungo il corso della Senna. Sono anni per lui difficili in quanto si trovava in difficoltà economiche aggravate dalla morte della moglie, Camille Doncieux, sposata nel 1870 e morta appena nove anni dopo, e forse proprio questo grigiore della realtà lo spinse a dipingere con colori eccezionalmente vivaci. In tre anni dipinse circa centocinquanta quadri che sono un'esplosione di colori, di fiori, di salici.
Il 1874 è l'anno della prima mostra degli impressionisti a Parigi.
Ma le peregrinazioni di Monet, che insegue il suo fiume, cercandolo e cercandosi, non sono ancora finite: negli anni Ottanta dipinse con frequenza le coste della Normandia e nel 1883 si spostò a Giverny, nel punto in cui la Senna e l'Epte si incontrano. Gli anni 1896-1897 sono quelli dei Mattini sulla Senna, dei Ponti, che arrivano dallo strepitoso Muséed'Orsay di Parigi. Opere di straordinaria modernità , di rara suggestione e bellezza, che emanano vapore acqueo e luce. Ritiratosi nella sua tenuta di Giverny, la ricerca pittorica di Monet si concentrò sempre più sulla rappresentazione dei colori della natura, facendo scomparire del tutto nei suoi quadri la figura umana. Tra le tele realizzate in questo periodo, grande rilevanza hanno i quadri con le ninfee, che compaiono in circa trecento tele realizzate a partire dal 1914 fino alla sua morte. La ninfea, fiore d'acqua che non ha radici, è quasi il simbolo di quella realtà perennemente mobile che gli impressionisti cercavano di rappresentare.
Dal 1908 lo stato di salute di Monet peggiorò e in particolare fu colpito, lui che agli occhi e ai colori dedicò la sua vita, da problemi alla vista che condizionarono pesantemente gli ultimi anni.
I quadri dell'ultima sezione arrivano da Parigi, dall'America, dal museo del Cairo - che per la prima volta li presta - e offrono al pubblico la possibilità di vedere insieme delle opere veramente grandi. Sono ponti, sono stagni con ninfee, sono acque che danno emozioni cromatiche forti.
Chiudono la mostra i Glicini, un'opera dipinta nel 1919-1920 che arriva dall'Olanda, dal Gemeentemuseum Den Haag (L'Aia). Si tratta di una chiusura certamente a effetto con un quadro di grande formato: con i glicini che stanno sospesi sopra lo stagno delle ninfee che ormai sono colore puro. L'acqua è diventata cielo, il cielo acqua.
Claude Monet morì il 6 dicembre del 1926 a Giverny.
Tiziano e il Cinquecento
Con un balzo cronologico che richiede qualche attimo di pausa, dagli impressionisti si passa al Tiziano. Dal Louvre sono arrivati a Brescia dieci capolavori della pittura italiana del Cinquecento: l'Autoritratto di Tintoretto, la Madonna col Bambino e Santa Caterina di Tiziano giovane che ritrae sullo sfondo le montagne del Cadore, il Ritratto di Francesco I re di Francia, un'intensa Crocifissione di Paolo Caliari detto il Veronese.
Ci sono, inoltre, in questa mostra, piccola e preziosa, tante scene della vita di Cristo dipinte da artisti meno noti come Francesco Bassano il Giovane, Gianfrancesco Caroto e Giovanni Cariani.
Gino Rossi e Casa Mafai
Accanto a Tiziano e agli altri geni consacrati della storia dell'arte, a Brescia si è voluto anche far conoscere artisti meno conosciuti del Novecento. In questo senso va visto un autentico evento e un vero gioiello quale è la mostra dedicata a Gino Rossi, visitabile, sempre all'interno del museo di Santa Giulia, fino alla metà di gennaio. Erano vent'anni che non veniva dedicata una mostra importante a questo artista, nato a Venezia, vissuto in Francia (e forse nei mari del nord della Bretagna troviamo un punto di contatto con i francesi) e morto a Treviso, dopo aver trascorso molti anni negli ospedali psichiatrici. È un pittore straordinariodi paesaggi e di uomini: Il muto, l'ubriaco, il pescatore. È stato un pittore grande e sfortunato - cui la vita ha dato povertà e reclusione - che oggi viene giustamente rivalutato. Tra le tante opere esposte, ne cito soltanto una: San Francesco del Deserto. I toni verdi e blucobalto,le querce, i cipressi, la facciata della chiesa ne fanno unquadro di grandissima forza, austero, contemplativo.
Dal 14 gennaio in poi circa quaranta opere documenteranno la straordinaria stagione romana tra gli anni Venti e Trenta con Mario Mafai, Antonietta Raphaà«l e Scipione (Gino Bonichi).
La Pinacoteca Tosio Martinengo
Due capolavori di Raffaello: il Cristo Redentore (1505-1506) e l'Angelo basterebbero da soli a giustificare la visita alla Pinacoteca Tosio Martinengo. Ma la Pinacoteca offre altre straordinarie opere di Lorenzo Lotto (una delicatissima Adorazione dei Pastori in cui il piccolo Bambin Gesù giocherella con il muso di una pecora), del Salvoldo (il bel Ritratto di gentiluomo con flauto, 1526). Una collezione del '400 e del '500, un patrimonio assai prezioso che si affianca a circa sessanta capolavori dell'incisione dal XV al XX secolo: Dà¼rer, Rembrandt, i Carracci, Guido Reni, i Canaletto, i due Tiepolo, Goya, fino ad arrivare a Morandi.
Questa ampia rassegna delle varie mostre in corso a Brescia mette in evidenza come si siaimposto,con successo, un nuovo modo di offrire l'arte come evento in cui alla pittura, di altissimo livello e in una proposta quanto mai differenziata, si accompagnano altre iniziative culturali (concerti) e turistiche (cinque itinerari nel bresciano).
Così le mostre diventano un evento, un'occasione da non perdere.