Canada. Lingue contro le barriere
I patiti dello sport se lo ricorderanno intento a sventolare sulla sedia a rotelle la bandiera olimpica canadese ai giochi invernali di Torino nel 2006. Sam Sullivan (classe ’59), il quadriplegico ex sindaco di Vancouver che indossò la fascia di primo cittadino della metropoli dal 2005 al 2008, incarna quel mix di coraggio e speranza essenziale per affrontare la vita. A maggior ragione se si è disabili. Sono trascorsi molti anni da quando, studente diciannovenne dal fisico atletico, cadde sulle piste da sci e si fratturò la spina dorsale. Le conseguenze apparvero fin da subito disastrose: immobilizzato dalla testa in giù, Sullivan affrontò un periodo di depressione, talvolta sfiorando persino il suicidio. Poi, lentamente, la risalita supportata da determinazione, forza di volontà e, non ultima, dalla fede.
La vita di Sam Sullivan proseguì tra esercizi fisici, esperimenti finalizzati a creare mezzi capaci di assicurargli una discreta mobilità e lunghi periodi di studio universitario (oggi insegna Prospettive sulla città sostenibile alla School of Architecture and Landscape architecture della University of British Columbia di Vancouver). Ma a fare davvero la differenza nella «nuova vita» del canadese fu soprattutto l’impegno nel sociale. Sam Sullivan è stato ed è tuttora animatore di comunità. Nel corso della sua «carriera» al servizio del prossimo ha promosso numerose iniziative assistenziali a livello cittadino. Esemplare non solo per Vancouver, dove si parlano oltre cento differenti linguaggi, è stata la recente campagna promossa da Sullivan tramite l’associazione Global civic policy society, di cui è presidente. L’iniziativa, battezzata Greeting fluency program, invita i canadesi ad apprendere ed esprimere in varie lingue parole e brevi frasi di accoglienza. «Cerchiamo di perseguire una migliore comunicazione e una maggiore compattezza nella comunità, dimostrando rispetto per i nuovi residenti – spiega l’ex sindaco di Vancouver –. Solo attraverso un coinvolgimento diretto la gente crea multiculturalismo. Il linguaggio è parte importante dell’identità personale. Salutare qualcuno nella sua lingua d’origine equivale a farlo sentire un valido membro comunitario, significa costruire ponti e aprire porte». E così, dalla sua sedia a rotelle, Sam Sullivan prepara la guerra ai ghetti e combatte la separazione dei gruppi in base alle differenze etniche. «Non stiamo insegnando lingue, stiamo insegnando rispetto», conclude Sullivan. Parola di un poliglotta che, oltre agli idiomi ufficiali del Canada (inglese e francese), parla fluentemente italiano, mandarino e cantonese. Merito di una multiculturalità affinata sin da ragazzino, insieme ai coetanei sui banchi di scuola.