Carità, un cuore che vede

Come ogni anno, a giugno vengono presentati i progetti della Caritas Antoniana, rivolti nel 2006 alle molteplici necessità del continente africano.
23 Maggio 2006 | di


In genere il Santo di Padova viene raffigurato con alcuni segni ricorrenti e distintivi: il libro, innanzitutto, strumento di cultura biblica e teologica, viste le particolari doti di scienza e sapienza possedute dal primo maestro di teologia dell’Ordine dei Minori; il giglio, fiore di grande vitalità, che richiama la lotta contro il male e la custodia delle virtù; la fiamma, che esprime l’ardore di carità che sempre contrassegnò la vita movimentata e appassionata del frate portoghese. Spicca su tutti, superando il registro simbolico, il bambino Gesù, che gli apparve e gli diede conforto nello scorcio della vita. Altro abbinamento di grande intensità è poi quello del pane, legato all’iniziativa del «pane dei poveri», la cui origine è così spiegata da un biografo: «Un bimbo di nome Tomasino, mentre giocava sul sagrato della Basilica antoniana in Padova, cadde in un recipiente pieno d’acqua e annegò. Sopravvenne poco dopo la madre, che ricorse all’intercessione del Taumaturgo promettendo di dare ai poveri una quantità di frumento equivalente al peso del bambino, qualora questi fosse tornato in vita. Sant’Antonio ascoltò la promessa della donna e ottenne dal Signore il miracolo. Sorse in tal modo la pia usanza, detta in un primo tempo “peso del fanciullo” e più tardi “pane dei poveri”».
Mai abbandonata nei secoli, quest’opera tutta evangelica e benefica del pane dei poveri, fatta di quella carità spicciola che dà sollievo alle esigenze primarie di chi abbisogna letteralmente del «pane» per vivere, ha assunto negli ultimi decenni anche una forma più organizzata, allargando i suoi orizzonti alle necessità del mondo intero. Ormai da tempo, e precisamente a partire dal 1976 (quest’anno si festeggia il trentennale!) è nata la Caritas Antoniana, vale a dire la carità nel nome di sant’Antonio, la carità messa in opera dai frati del «Messaggero di sant’Antonio» attraverso alcuni progetti mirati per i quali si chiede il sostegno, dimostratosi sempre generoso oltre le aspettative, soprattutto dei devoti del Santo.
L’immagine eloquente, che rende bene la logica di quanto accade in quella che si potrebbe definire una vera e propria gara di solidarietà, consiste nelle due mani: quella che riceve, in modo sovrabbondante, mettendo in un solo mucchio piccole e grandi offerte, tutte dello stesso valore perché fatte col cuore; quella che largamente dona, investendo le risorse a disposizione in alcuni progetti che hanno carattere di urgenza e danno garanzia di costituire un aiuto concreto e duraturo nel tempo. Quest’anno i tre progetti sono rivolti all’Africa, continente flagellato da fame e malattie. Angola, Etiopia, Ghana: queste le rotte della solidarietà che troverete ampiamente descritte nella rivista. Mamme e bambini i principali destinatari. 
Di fronte alla proposta sopra indicata, vogliamo però anche motivarci in profondità, attingendo al magistero di Papa Benedetto XVI. Nella sua prima enciclica, Dio è amore, il Papa parla del senso più autentico della carità cristiana: «Il programma del cristiano – il programma del buon Samaritano, il programma di Gesù – è “un cuore che vede”. Questo cuore vede dove c’è bisogno di amore e agisce in modo conseguente» (n. 31). Di fronte alla smisuratezza delle necessità, prossime o lontane, di cui siamo spettatori, dobbiamo però stare molto attenti a evitare due tentazioni: la prima, forse la più diffusa, è quella che ci spinge all’inerzia, sulla base della sfiducia nella possibilità di contribuire a cambiare davvero le cose; la seconda è invece quella di un attivismo irrequieto, magari nutrito da qualche ideologia. Come antidoto contro queste tentazioni e stimolo a esercitare una carità matura, limpida e cristianamente motivata, Benedetto XVI indica l’unione con Dio attraverso la preghiera. Chi prega serve rettamente Dio e sa prendersi cura del fratello bisognoso.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017