Cinquant’anni di «Mera»
«Cari ragazzi, fra le novità del 1963 c’è anche il nostro Messaggero. […] Potremmo considerarlo quasi un piccolo Telstar (satellite artificiale utilizzato a partire dal ’62 nelle telecomunicazioni, ndr). Anche esso infatti ha la sua orbita intorno al mondo e, se tiene d’occhio soprattutto la nostra Italia, non manca di dare occhiate qua e là nelle altre nazioni, dove ci sono ragazzi come voi, anche se di colore e costumi diversi. E gira gira, trasmettendo notizie e messaggi a tutti i ragazzi, in Italia e all’estero, regolarmente ogni quindici giorni. Troppo poco? Vorrebbe far di più lui, girare più in fretta, passare sulle vostre case più spesso; ma è ancora un… piccolo Telstar».
Era il primo gennaio di cinquant’anni fa quando un entusiasta fra Simplicio presentava ai suoi giovani lettori il nuovo volto del giornalino «S.Antonio e i fanciulli», nato nel ’22 per opera dei frati minori conventuali della Basilica del Santo. Col nome «Messaggero dei ragazzi», la testata puntava a ricevere e trasmettere informazioni – come precisa il frate nel primo editoriale – «solo per ragazzi e per chi “sta” coi ragazzi». Mezzo secolo dopo, il «Mera» – così è stata affettuosamente ribattezzata la testata – prosegue la sua missione in bilico tra attualità e intrattenimento. Forte di una tradizione che ha visto passare per la redazione padovana una sfilza di noti scrittori per ragazzi (da Antonio Lugli a Lucilla Antonelli) e vignettisti (tra gli altri Dino Battaglia, Sergio Toppi e Jacovitti), il periodico – come si legge sul sito www.meraweb.it – vuole «stare a fianco delle giovani generazioni, ascoltare i loro problemi, aiutarle a diventare protagoniste della propria vita».
In principio fu un inserto
C’era una volta un giornalino intitolato «S.Antonio e i fanciulli». Era nato nel 1922, come supplemento mensile al «Messaggiero di sant’Antonio di Padova», e si rivolgeva ai giovani in età scolare, con l’intento di aiutarli a mantenersi – per dirla con le parole di padre Giorgio Spangaro, primo direttore dell’inserto – «puri e buoni, franchi e forti». In appena sei pagine stampate a caratteri fitti fitti e animate da rare illustrazioni in bianco e nero, si alternavano raccontini morali, preghiere, testi di catechismo, storie a puntate sulla vita del Santo, nonché lettere di gratitudine all’Antonio autore di miracoli. Tra le mamme che intervenivano nella rubrica «Il Santo e i piccoli» c’era chi aveva visto il figlioletto fare un volo di otto metri giù dalla finestra, senza riportare neppure un graffio, e chi aveva fatto fioretto di vestire da fratino il proprio piccolo, sopravvissuto alla broncopolmonite.
Col passare degli anni la connotazione devozionale di «S.Antonio e i fanciulli» lascia spazio anche all’intrattenimento. Quando, il 15 agosto – anniversario della nascita di Antonio – del 1963 la rivista curata dai frati padovani cambia nome in «Messaggero dei ragazzi», fumetti a colori e cruciverba sono già una realtà consolidata. Il «Mera» degli anni ’60 è un quindicinale di trentaquattro pagine che tiene un piede nell’attualità e l’altro ben legato alla tradizione. In primis quella che vede i frati successori di Antonio da sempre al fianco delle famiglie nell’educazione dei figli. Così, oltre all’immancabile posta di fra Simplicio, che da metà degli anni ’20 dispensa consigli, la rubrica «Ti sei mai domandato…» fa emergere dubbi e difficoltà dei giovani dell’epoca intorno a temi come la Chiesa, la famiglia e la scuola. Al suono del motto «Non è mai troppo presto», c’è posto anche per l’economia domestica: tra lezioni di cucito e lavoro a maglia, «L’angolo di zia Camilla» insegna alle giovani lettrici come ricavare un pupazzo da qualche panno vecchio o come costruire una scopa con pochi strofinacci consunti. Siamo sempre nel ’63 quando sulle pagine del «Mera» compaiono i primi racconti a puntate (apripista è Viaggio alla terra dei Tartari, di Antonio Lugli) e i fumetti a episodi (nel numero di gennaio esordisce La rivolta di Pugaciov, ambientato nella Russia del 1773). Un mezzo di comunicazione, quest’ultimo, particolarmente adatto alle nuove generazioni figlie della televisione.
Fumetti che passione
Dalle trentaquattro degli anni ‘60 le pagine del «Messaggero dei ragazzi» diventano cinquantadue nei mitici Seventies. Prima ruvida e monocromatica, la carta si fa lucida e colorata. Anche il lessico cambia: i testi si accorciano, le parole sono più semplici, perché ricalcano la quotidianità e, come tali, si prestano alla comunicazione formato vignetta. Non a caso, gli anni ’70 corrispondono a un periodo d’oro per il fumetto italiano. Insieme a testate come il «Corriere dei piccoli», «Linus» e «Il giornalino», anche il «Mera» contribuisce a decretare il trionfo della vignetta come nuova forma di comunicazione artistica.
A intuire questo potenziale è padre Giovanni Colasanti – direttore della rivista antoniana dal ’68 all’82 – cui spetta il merito di aver raccolto una «scuderia» di artisti di prim’ordine. Tra i disegnatori che gravitano attorno alla Basilica e che, di tanto in tanto, coi frati si fermano anche a pranzare, ci sono Sergio Toppi – suo Il giovane Antonio, pubblicato a puntate nel ’74 –, Dino Battaglia (autore dei disegni di Frate Francesco, di Antonio di Padova e di Massimiliano Kolbe, pubblicati a spezzoni sulla rivista tra il ’73 e il ’75). Non ultimo, Giorgio Trevisan, che ai temi religiosi preferisce quelli storici e nel ’74 firma la storia di Alcide De Gasperi. Anche la letteratura stringe la mano al fumetto. Se Don Rodrigo e Padre Cristoforo – testi di Stelio Martelli, disegni di Attilio Micheluzzi – ripropongono fedelmente i due personaggi narrati da Alessandro Manzoni ne I promessi sposi, la Jane Eyre di Monique Amiel e Noel Gloesener (1981) strizza l’occhio all’omonima opera di Charlotte Brontë. Dai libri alla danza il passo è breve. Negli anni ’80 al «Mera» c’è posto anche per la contaminazione musicale: L’uccello di fuoco, tratto dal balletto di Igor Stravinskij e pubblicato nel 1987 coi disegni di Dino Battaglia, ne è la prova.
Gli anni Novanta sono alle porte. Il Mera continua la sua missione a favore dei ragazzi puntando sull’umorismo intelligente e allargando la lente al campo del cinema, dello sport e dell’ambiente. Così, a fianco delle vignette di Fra Mignolo (disegnate da Luca Salvagno) che mirano a sdoganare l’aspetto in apparenza distaccato della vita in convento, nel ’96 capita di imbattersi in un servizio sullo sci acrobatico e in un’intervista alla cantante soul Tina Turner. Sfogliando le pagine del «Mera», si viaggia nel tempo e nella natura, alla scoperta di bruchi, minisauri e anfibi. Grazie a una visita all’azienda Trudi di Tarcento (Udine), il lettore può imparare come nascono gli orsetti di peluche, salvo poi tuffarsi nel cuore della foresta equatoriale, al seguito dell’avventuriero Rui Pinto, nell’omonimo fumetto.
Il nuovo millennio
Secolo nuovo, vita nuova. È il 2003 quando il «Messaggero dei ragazzi», sotto la guida dell’attuale direttore padre Riccardo Giacon, è sottoposto a un rinnovamento grafico-organizzativo. Lievitate a sessantotto, le pagine del mensile antoniano si vestono di colore, in risposta alle richieste delle nuove generazioni: «Da logico-lineare, ora l’apprendimento dei giovani si è fatto visivo-spaziale – spiega padre Giacon –. Per questo, da dieci anni il “Mera” privilegia una comunicazione fatta di fotografie e illustrazioni colorate». Che utilizzi il format del dossier, del focus o dell’inchiesta, che si lanci nella recensione di libri e film, o proponga test psicoattitudinali, il «Messaggero dei ragazzi» persegue sempre lo stesso obiettivo: «Informare i giovani rendendoli protagonisti – continua il direttore –. Utilizzare il loro linguaggio per parlare di ciò che amano e di ciò che li circonda». Chiamato a questa missione è tutto lo staff del «Mera»; una quindicina di collaboratori tra grafici, insegnanti, formatori e psicopedagogisti. Anche se il contributo più importante è quello dei lettori – i cosiddetti tween (dai 10 ai 14 anni) –, una fascia d’età in trasformazione, per questo molto difficile da avvicinare.
«Riceviamo diverse e-mail al giorno da tutta Italia, alcune persino dalla Svizzera e dall’Australia – continua padre Giacon –. A scriverle spesso sono ragazzini in cerca di amici e punti di riferimento. Soffrono i conflitti familiari, non sanno come gestire le amicizie e le prime cotte. Per capirli sono indispensabili passione e sforzo costante». Una missione, quella del «Mera», che salta agli occhi leggendo la rubrica-blog Detto tra noi. L’interattività fatta di domande, risposte e commenti di terzi lettori prosegue poi sul sito www.meraweb.it, a detta di padre Giacon, «strumento integrativo e specchio della rivista, con circa quattrocento contatti al giorno». Ben venga dunque la versatilità della comunicazione, perché la crisi editoriale si vince solo incrociando i mezzi a disposizione. «Il panorama dell’editoria per ragazzi è desolante – constata padre Giacon –. Ormai ai periodici i giovani preferiscono i romanzi fantasy, perché tanto le informazioni le trovano già sul web». Che ne sarà, dunque, del giornalismo su carta stampata dedicato agli under 15? «Per quanto riguarda il “Mera” – risponde il direttore –, mio obiettivo è renderlo sempre più “manuale”, da toccare, scrivere e ritagliare».
Non si allarmino, però, gli amanti del giornalino vecchio stile e gli appassionati dei gloriosi fumetti anni ’70. «Accanto alle vignette legate all’attualità che vanno di moda oggi (tra tutte, Meg, che tratta la “questione integrazione”) – conclude padre Giacon –, ho intenzione di pubblicare storie esemplari di religiosi-eroi. Dopo le strisce anni ’90 dedicate a Madre Teresa di Calcutta e a Giovanni Paolo II, nei prossimi mesi sarà la volta di don Pino Puglisi». In attesa dei nuovi fumetti targati «Mera», intanto, l’appuntamento è con quelli storici, che a marzo rallegreranno i chiostri della Basilica del Santo di Padova, in una mostra per festeggiare i 50 anni della rivista. Una buona occasione per restituire dignità e smalto a una disciplina, quella del fumetto che, a differenza di altri Paesi come la Francia, in Italia è considerata ancora oggi «arte minore».
Caro fra Simplicio...
Indossa occhialetti rotondi e si morde il labbro per la concentrazione mentre articola a ritmo frenetico le dita sopra i tasti della macchina da scrivere. Così è raffigurato fra Simplicio nell’illustrazione che nel 1980 accompagna la rubrica di posta del «Messaggero dei ragazzi». Dall’autorevolezza con cui risponde ai dubbi dei lettori, questo personaggio potrebbe essere scambiato per il direttore di testata dell’epoca. Ma basta andare indietro di alcuni decenni per ravvedersi. Già nel ’26 tra le pagine del mensile «S. Antonio e i fanciulli» il fraticello dispensava pillole di saggezza, orientandosi tra questioni di fede, cultura generale e psicologia.
Dunque, chi sarà mai questo Simplicio? Forse un tuttologo ultracentenario con la passione per la scrittura? In realtà, dietro al nome inconsueto che evoca la semplicità, non si nasconde una persona sola bensì un’intera missione, quella dei frati minori conventuali della Basilica del Santo, da sempre attenti alla formazione dei giovani. Un’unica firma per tutti, dunque: un frate che nei suoi interventi si fa supportare da psicologi, insegnanti o esperti di teologia. «Fra Simplicio rappresenta un punto di riferimento per i lettori del “Mera” – chiarisce padre Riccardo Giacon, direttore della testata antoniana per i più piccoli dal 2003 –. La sua figura alimenta curiosità, offre continuità e induce ad aprire il cuore». Non è un caso che il giorno del suo onomastico, il 3 marzo, la redazione del «Mera» riceva ancora oggi lettere di auguri. Giovani, adulti e anziani: un po’ come a Babbo Natale, anche a fra Simplicio tutti restano affezionati. «Poco tempo fa – ricorda il direttore – una mamma ha indirizzato una mail a fra Simplicio chiedendogli di trattare alcuni temi che lei faticava a spiegare al figlioletto». Come a dire: i genitori scrivono, i figli leggono, fra Simplicio traduce. Tra il dire e il fare c’è di mezzo un frate.