Contro la fame a piccoli passi

Nel precedente incontro s’era previsto di dimezzare entro il 2015 il numero degli affamati nel mondo, ma quell’obiettivo deve essere spostato in avanti, nonostante qualche innegabile successo. Ma ecco tutti i termini del problema.
05 Novembre 2001 | di

È stato detto e scritto `€“ giustamente `€“ che se i problemi della fame e della povertà  nel mondo non giustificano il terrorismo, possono fornirgli un ottimo «terreno di coltura». È anche per agire su questo terreno di coltura che, dopo incertezze e dubbi, dovrebbe svolgersi dal 5 al 9 novembre a Rimini il Vertice mondiale sull`€™alimentazione organizzato dalla Fao. La Fao (Organizzazione per l`€™alimentazione e l`€™agricoltura) è una «agenzia specializzata» delle Nazioni Unite creata nell`€™ottobre 1945, l`€™unica che ha sede nel nostro paese, a Roma. Vi aderiscono e partecipano 180 stati membri, più l`€™Unione Europea. Il suo scopo: la lotta contro la fame nel mondo e per lo sviluppo dell`€™agricoltura. Da quando la Fao è nata, si sono compiuti indubbi progressi, perché se ancora negli anni `€™60 la fame colpiva il 50 per cento della popolazione dei Paesi in via di sviluppo, ora la percentuale è scesa al 15 per cento. Ma le cifre rimangono apocalittiche: i sotto-nutriti, quelli che soffrono la fame, sono 826 milioni di persone, 792 dei Paesi in via di sviluppo, 34 in quelli «sviluppati» (soprattutto alcuni stati dell`€™ex-Unione Sovietica come Armenia, Georgia, Tagikistan e lo stesso Azerbaigian, pur ricco di petrolio).

Ho partecipato come giornalista al precedente vertice Fao del 1996 e ricordo la rabbia del leader cubano Fidel Castro perché è terminato proponendo l`€™obiettivo di dimezzare entro il 2015 il numero degli affamati nel mondo, anziché di ridurlo a zero. Si capisce l`€™indignazione, ma una trasformazione che richiede ingenti investimenti, trasformazione di strutture e anche di mentalità , non può realizzarsi con un colpo di bacchetta magica, richiede tempo e impegno giorno dopo giorno. Però quest`€™obiettivo si sta allontanando nel tempo anziché, come sarebbe auspicabile, avvicinarsi. Infatti, a distanza di cinque anni, l`€™uscita dal cerchio della fame è di 8 milioni di persone all`€™anno, anziché 20 milioni, e con questo ritmo l`€™obiettivo indicato per il 2015 sarebbe ritardato sino al 2030, quando chi soffre la fame non ha certo tempo di aspettare, soprattutto i bambini in età  di crescita.

Qualche progresso. Certo, in alcune zone del mondo i progressi sono incoraggianti, soprattutto in Asia, per merito di Cina e India che conoscono una crescita economica e un rallentamento dell`€™incremento demografico (da soli i due colossi asiatici superano largamente i 2 milioni di popolazione). Ma in Africa, e soprattutto nell`€™Africa nera, cioè sotto il Sahara, la situazione non migliora, anzi precipita. Quel che è peggio, gli sforzi internazionali non aumentano ma si riducono, se i Paesi sviluppati `€“ a parte poche eccezioni come i paesi scandinavi `€“ sono lontani dal destinare lo 0,7 per cento del proprio Pil (prodotto interno lordo, che misura la ricchezza creata in un anno) indicato dall`€™Onu, agli aiuti, e il sostegno all`€™agricoltura si è ridotto di due terzi (nelle campagne abitano i tre quarti dei poveri del mondo). E diversi regimi dei Paesi più poveri continuano a investire le magre risorse in armi, per guerre interne ed esterne...

Non tutto il quadro è fosco, esistono esempi che indicano come si potrebbe procedere. Il Ghana e la Nigeria sono riusciti a far diminuire la sotto-alimentazione dei loro popoli sviluppando la coltura della manioca, un tubero dall`€™ottimo valore nutritivo, introducendo varietà  ad alto rendimento e resistenti ai parassiti.

Perché un nuovo vertice?. È per fare il punto, per rilanciare gli interventi e per l`€™opera di consulenza e coordinamento che si svolge il nuovo vertice della Fao, con la partecipazione non solo dei rappresentanti di governo ma di moltissime Ong (Organizzazioni non governative), che si riuniranno in un proprio forum per poi portare la loro sollecitazione ai delegati ufficiali (alcune sono associate anche alle sessioni del vertice).

Un nemico contro cui coordinare gli sforzi è l`€™Aids che, come sappiamo, si è diffusa a partire dall`€™Africa e soprattutto in Africa ha raggiunto dimensioni catastrofiche. Si parla di 36 milioni di ammalati, il 95 per cento nei Paesi in via di sviluppo. Solo nei paesi africani, 7 milioni di persone sono morte dal 1985 ad oggi e 16 rischiano di morire nei prossimi 20 anni. È una vera e propria epidemia, però non inarrestabile. In Uganda, il contagio dopo il picco raggiunto nel 1990 (15 per cento della popolazione sieropositiva) è sceso di metà  grazie a interventi congiunti di prevenzione e di cura. La lotta contro l`€™Aids non è solo questo, i risultati sono legati anche allo sviluppo e al raggiungimento di un livello soddisfacente di «sicurezza alimentare» per la maggioranza della popolazione, come non si stancano di ripetere gli esperti della Fao.

La prima battaglia dell`€™India contro la fame è stata vinta, negli anni `€™60, con la «rivoluzione verde», con la diffusione di semi di grano e riso selezionati, più produttivi e resistenti. Con l`€™introduzione degli Ogm (organismi geneticamente modificati) a partire dal 1983, si è aperta la strada alla creazione di specie totalmente nuove, capaci di trasformazioni sorprendenti, come nutrirsi di acqua salata, resistere ai parassiti e agli insetticidi che questi parassiti combattono.

Ma gli Ogm hanno sollevato grandi interrogativi sugli effetti indesiderabili che potrebbero causare ai consumatori e sull`€™inquinamento genetico che potrebbero generare alle specie naturali. Una multinazionale specializzata in Ogm, la Monsanto, è arrivata a produrre sementi, chiamate Terminator, incapaci di creare specie riproducibili, in maniera che dopo ogni raccolto i contadini dovessero di nuovo riacquistarli. La «curiosa» nuova specie ha fatto scandalo, e la Monsanto è stata costretta a ritirare i suoi Terminator, dal nome e dalle caratteristiche fantascientifiche.

Da molte parti si chiede cautela nell`€™introduzione di Ogm, e l`€™Unione europea ha decretato una moratoria sulla loro messa a coltura, in attesa di ulteriori sperimentazioni. Tuttavia la scienza va avanti, e apre strade nuove, che tocca all`€™uomo controllare e utilizzare al suo servizio, per vincere la lotta alla fame. Di questo si parlerà  anche nel prossimo vertice, ma intanto la Fao propone alcune esperienze-pilota avviate anche con la sua supervisione: progetto di agricoltura ecologica a Santa Catarina, in Brasile; in Burkina Faso un piano di irrigazione attraverso una rete di piccole trivellazioni, ad opera dei contadini locali. Cooperative per il latte nel Bangladesh. Produzione di funghi in Thailandia affidata a handicappati. Un sistema comunitario di produzione e distribuzione delle sementi in Zambia. Come è stato detto, anche il «piccolo» può essere, più che «bello», efficace. E dove si vogliono interventi più vasti, si può coniugare scienza e tecniche fra le più ardite (previa sicura sperimentazione) a un progetto di agricoltura compatibile con i costumi locali, non pianificata unicamente da qualche studio occidentale, a migliaia di chilometri di distanza.

Diritto all`€™alimentazione. Fra le varie proposte delle Ong al vertice della Fao si segnala, per approfondimento e importanza, quella dell`€™Istituto Jacques Maritain: l`€™approvazione, e la successiva adozione da parte degli stati, di un Codice di condotta internazionale sul diritto all`€™alimentazione. Il codice intende tutelare soprattutto le persone vulnerabili ed elenca una serie di impegni.

Il divieto di embarghi che mettano in pericolo l`€™alimentazione di un popolo, la regolamentazione delle imprese commerciali e in particolare di quelle transnazionali perché non interferiscano negativamente sull`€™accesso a una alimentazione adeguata, le riforme, come quella agraria, che favoriscano l`€™accesso alla terra, il rispetto delle proprietà  tradizionali delle popolazioni indigene, la garanzia di modelli di produzione che assicurino uno sviluppo sostenibile, prevenendo l`€™inquinamento.

Questi vari principi sono già  stati illustrati, a Roma, in un convegno di esperti internazionali realizzato nel settembre scorso. Sulla linea del filosofo teologo francese, che fu uno dei padri della Dichiarazione universale dei diritti dell`€™Onu nel 1948, si collega strettamente il diritto all`€™alimentazione ai diritti fondamentali dell`€™uomo e del cittadino.

 

Manifestarmania.

Il vertice della Fao è stato spostato da Roma a Rimini per evitare rischi da manifestazione, anche se il Global Social Forum aveva annunciato di considerare l`€™agenzia dell`€™Onu un interlocutore, non un avversario, come è successo a Genova. Altre scadenze sono all`€™orizzonte, dal 9 al 13 novembre l`€™Organizzazione mondiale del Commercio dell`€™emirato del Qatar, subito dopo a Trieste l`€™Iniziativa centro-europea (22-23 novembre), il 3-4 dicembre a Bucarest l`€™Organizzazione di cooperazione e sviluppo economico, alla fine dell`€™anno a Laeken il vertice europeo a conclusione del semestre di presidenza belga. Come si vede, appuntamenti molto diversi e non omogenei ma tant`€™è: per i no global ogni occasione è buona per scendere in piazza. Profittando del benessere che c`€™è in Europa, molti giovani hanno a disposizione i mezzi economici per praticare questa forma inedita di turismo della manifestazione. Dovrebbero meditare che, così facendo, si confondono le idee alla gente, e si crea una reazione da rigetto (come per la contestazione giovanile del `€™68, quando degenerò). A Genova, i movimenti di ispirazione cattolica hanno dimostrato come si può essere critici e propositivi nello stesso tempo senza dover evocare a ogni piè sospinto la piazza.

Manifestare è un diritto fondamentale in democrazia, ma richiede un uso assennato, altrimenti si «banalizza» e si rischia di indebolirlo per i casi in cui, manifestare in piazza, diventa invece sacrosanto.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017