Cuba accoglie il papa
La visita del papa a Cuba, prevista dal 21 al 25 di questo mese, ha avuto una gestazione molto complessa. Di essa si era parlato addirittura all'inizio del suo pontificato, nel 1978, in occasione del primo viaggio pastorale che aveva come meta due paesi dell'America centrale. Ma allora, probabilmente, fu considerata prematura dalla diplomazia vaticana. Poi ci fu un invito formale trasmesso da Fidel Castro al papa undici anni dopo, nel 1989. Questa volta, furono invece le autorità cubane a fare marcia indietro: era cominciata la crisi dei paesi comunisti, che doveva portare in pochi mesi allo sgretolamento di un blocco di regimi già ritenuti monolitici, e si temeva che le manifestazioni di massa, che avrebbero sicuramente accolto il papa, potessero dare uno scrollone fatale anche al regime castrista. Di rimando in rimando, di reticenza in reticenza, si è arrivati finalmente all incontro diretto in Vaticano di Fidel Castro con Giovanni Paolo II, il 19 novembre 1996, che ha aperto la via alla tanto desiderata visita. Cos'è cambiato, dunque, nel regime e nell'isola dal 1989 ad oggi, per giustificare il mutato atteggiamento? Dal 1990 al 1996 l'isola ha conosciuto uno dei periodi di peggior stretta economica nella storia di un regime che non ha mai propiziato momenti di particolare benessere. È stato il Periodo especial, con la caduta verticale di tutti gli indici economici, l'opcià³n cero, l'inaridirsi dei sostanziosi aiuti e dei favorevoli traffici che legavano Cuba al blocco comunista. Fidel, che del regime e dell'isola rimane comandante en jefe, come ama farsi chiamare, per un po' ha continuato a declinare gli slogan martellanti, tipo: 'Marxismo-leninismo o muerte', poi ha dovuto arrendersi al realismo, dopo che la stessa capitale, l'Avana, era stata scossa da moti popolari nell'estate 1994. Ed è stata l'apertura molto ampia ai finanziamenti dei capitali esteri e più limitata e controllata al mercato interno, con la creazione di 'mercati contadini', di ristoranti privati, l'autorizzazione al piccolo commercio e all'artigianato, a tutte quelle iniziative personali in cui il popolo cubano è molto ingegnoso e che gli erano state negate in osservanza al dogma ideologico collettivista. La gente ha ripreso a respirare, a consumare, a vivere. E il regime, indirettamente, si è consolidato, ha superato la crisi di rottura. Se negli anni Novanta fuori e dentro Cuba ci si chiedeva quando il regime sarebbe crollato, a somiglianza di quanto stava avvenendo nell'Europa dell'Est e in Urss, ora quasi tutti concordano nel ritenere che, finché Castro vive, il regime terrà . E, a questo punto, non si tratta tanto di prefigurare una caduta verticale, quanto di porre le premesse per una evoluzione progressiva che prepari, con calma, il dopo-Fidel. I limiti dell'attuale apertura sono evidenti. Il V Congresso del Partito comunista cubano (Pcc) svoltosi appena tre mesi fa, nell'ottobre dello scorso anno, ha ribadito il dirigismo dello stato in economia rispetto le nascenti forze del mercato interno. Marciando in senso opposto al quasi contemporaneo congresso dei comunisti cinesi, che invece ha deciso di smantellare l'industria di stato. Quanto alle libertà politiche, come le concepiamo e pratichiamo noi, non ne ha neppure parlato, confermando che a Cuba esiste solo il partito unico e una nebulosa e inorganica 'consultazione di base'. La società cubana appare, invece, più avanzata del regime, meno fossilizzata, più pluralista. In essa la chiesa cattolica svolge un ruolo se non determinante - come in altre parti e momenti storici, tipo Polonia o anche Nicaragua - , di un certo rilievo. Il cattolicesimo cubano storicamente non ha la consistenza di altri luoghi dell'America latina; è rimasto sovente una fede superficiale, che si manifesta nelle medagliette al collo e nelle processioni ai santuari. Talvolta, queste assemblee di massa si colorano anche di dissenso politico: bisogna sentire come la gente canta il refrain di Santa Maria del cammino, che invoca la libertà , durante le processioni alla Virgen de la caridad del cobre; o scandisce Libertad, Libertad durante la veglia notturna di San Lazzaro, in santuari-simbolo di sofferenza e di riscatto. Ci sono anche gruppi di apostolato e di intellettuali che si esercitano nelle povere e smilze paginette dei fogli diocesani, come 'Vida cristiana dominical'. Le rivistine cattoliche hanno ottenuto il permesso di riunirsi in una 'Unione cattolica della stampa cubana', ed è questo uno dei non moltissimi segni di disgelo da parte del regime. Un altro è l'arrivo di una quarantina di preti e suore dall'estero, perché le vocazioni interne non sono sufficienti a far fronte alle esigenze pastorali: fra essi l'italiano Giulio Battistella, già coordinatore di 'Beati i costruttori di pace'. A più riprese l'episcopato cubano si è dichiarato contro l'embargo nordamericano rafforzato dalla legge Helms-Burton, che pretende di impedire anche alle imprese europee di commerciare con l'isola; tale condanna è stata ribadita da Giovanni Paolo II del 1994. I vescovi cubani hanno anche lanciato, nel 1966, un Appello alla riconciliazione e alla pace rivolto a tutti i cubani, dentro e fuori l'isola. Fidel si attende certamente dalla visita papale un 'ritorno di immagine' da tutto il mondo; e la chiesa di ottenere più ampi margini alla sua azione evangelizzatrice e, con ciò stesso, di sostenere il pluralismo delle culture e dei valori all'interno della società cubana, che esprime la richiesta di una vita materialmente e moralmente più sicura. Paradiso per il turista, limbo per il cubano Nei manifesti, l'isola è dipinta come la perla dei Caraibi, un nuovo paradiso terrestre per il turista. Non si tratta solo di iperbole: i chilometri di arena finissima delle spiagge, le barriere coralline, le lagune ricche di ogni genere di fauna, i bagni possibili tutto l'anno, ne fanno un'attrattiva esotica. E a prezzi bassi, inferiori a quelli della concorrenza di altre isole grandi e piccole delle Antille. Cuba offre anche città deliziose: Avana vecchia e moderna, con i luoghi di Hemingway e Santiago 'città coloniale', più nera che bianca. Così il turismo è diventato la prima fonte di valuta, superando il prodotto tradizionale: lo zucchero (accanto a Rhum e caffè). Ma il discorso cambia se si guarda come vive ogni giorno il cubano. In preda ad almeno tre affanni: la libreta, la guagua, gli apagones. La libreta è la tessera di razionamento, con la quale può acquistare a basso costo i generi essenziali, che però sovente mancano o sono di cattiva qualità . La guagua è l'autobus pubblico, che non si sa mai quando e se arriverà , causa la penuria di carburante. Gli apagones sono i tagli di energia elettrica, pressoché quotidiani, e di acqua, sempre per mancanza di energia. Solo quando la centrale nucleare di Jaragua, di cui si è ripresa la costruzione, sarà terminata, forse il cubano potrà contare su erogazioni meno a singhiozzo. Gli stipendi bastano appena per i primi dieci giorni del mese, poi ci si deve arrangiare, aggiungendo al lavoro ufficiale un'attività informale che procuri qualche dollaro, definito con termine popolaresco fula, la 'polvere che viaggia alla velocità del vento'. Ecco, quindi, i paladares, i ristorantini aperti da una famiglia soprattutto per i turisti, così chiamati dal ristorante di una famosa telenovela brasiliana; o l'affitto di stanze, o i tanti piccoli commerci e lavori artigianali. Il cubano non è in genere invidioso del turista straniero, anche se gli capita di assistere a mangiate di aragoste e di frutti esotici che per lui hanno prezzi esorbitanti. Vorrebbe soltanto poter avere gli stessi diritti e possibilità . Invece, mentre i cubani emigrati, un tempo definiti dal regime gusanos, vermi, e gli stranieri oggi sono i benvenuti se investono nel paese, lui deve limitarsi ad attività marginali; non può, ad esempio, diventare piccolo o medio imprenditore, impiegare dei salariati fuori dal nucleo familiare. Soprattutto, il cubano, vorrebbe vedere a portata di mano qualcosa di quel benessere che il regime gli ha da tempo promesso e mai dato. Se dunque Cuba è davvero un 'piccolo Eden per il turista', il cubano vorrebbe poter uscire da quel limbo di cui si sente confinato da quarant'anni. L'isola caimano Cuba è grande quanto un terzo dell'Italia e ha una forma allungata, tra l'Atlantico e il Mar dei Caraibi, che le è valsa il paragone con un caiman, un coccodrillo. Ha quasi undici milioni di abitanti, mentre altri tre milioni di cubani vivono negli Usa. Metà e più della popolazione si dichiara cattolica, anche se i praticanti sono molto meno. Assai diffusi i riti sincretisti afrocubani, portati dagli schiavi neri, raccolti sotto il nome significativo di Santeria, prima proibiti poi riammessi dal regime. Il regime nega che esistono prigionieri politici: ma il dissidente Elizardo Sanchez ha compilato nel 1996 una lista di 1190 nomi, dicendosi pronto a consegnarla a Fidel.