Da Coimbra con «saudade»
Padre Adriano Zorzi ci tiene a svelare subito l’origine «antoniana» della sua vocazione: «Mia nonna era abbonata al “Messaggero di sant’Antonio”. Nulla di strano, se non fosse stata analfabeta, per cui, quando voleva sapere che cosa vi era scritto, mi chiamava: “Bocia, vien qua, lesi”, leggi, e mi indicava con il dito dove. Io leggevo e lei era contenta». E così, leggi oggi e leggi domani, il piccolo Adriano (aveva allora 10 anni) finì con l’innamorarsi di sant’Antonio e con il desiderare di far parte della sua famiglia. Insomma, nel suo cuore aveva fatto capolino il germe della vocazione.
Di lì a poco, Adriano lasciava Roncaglia (PD), dove era nato nel 1946, diretto al Collegio antoniano di Camposampiero (PD) per iniziare il cammino di formazione culturale e religiosa, che si sarebbe concluso nel 1972 con l’ordinazione sacerdotale. A quel punto, non per mettersi alle spalle il marasma creato dalla contestazione, ma per inseguire un interiore richiamo, chiese di essere mandato in Argentina, missionario. I superiori presero tempo: «Intanto va’ in Spagna e impara la lingua». Lo mandarono a Elizondo, una cittadina della provincia basca di Navarra, a ridosso dei Pirenei. Avrebbe dovuto restare nel Paese iberico pochi mesi, ci sarebbe rimasto ventitré anni: dieci come rettore del seminario di Elizondo e, alla chiusura di questo per mancanza di vocazioni, tredici come cappellano di una parrocchia di Pamplona. I motivi per restare in terra basca vennero poi meno, mentre anche il sogno argentino si infrangeva contro gli scogli dell’anagrafe. Scelse allora un Paese più vicino, dove proseguire la sua esperienza francescana, il Portogallo, e fu assegnato al convento di Santo Antònio dos Olivais a Coimbra.
A Coimbra, antica capitale del Paese lusitano e capitolo fondamentale della biografia di sant’Antonio, padre Adriano è rimasto dal 1995 all’ottobre scorso, quando i superiori lo hanno richiamato in patria, destinandolo alla comunità del Santo, addetto all’accoglienza e alle confessioni dei pellegrini di lingua spagnola, portoghese e italiana. «Mi sono inserito benissimo – confessa – nella nuova comunità e nell’attività al servizio di sant’Antonio, il quale ogni giorno mi stupisce non con i fuochi d’artificio del miracolo da prima pagina, ma con tante silenziose storie di conversione, di ritorno a Dio di persone lontane, da lui condotte teneramente per mano».
Un po’ di nostalgia, di saudade, per Coimbra e dintorni padre Adriano non la nasconde. Il Portogallo è la patria di sant’Antonio (vi è nato, a Lisbona, nel 1195) e i portoghesi lo rivendicano con orgoglio: «Sant’Antonio è nosso, nostro». A Coimbra, poi, il giovane canonico agostiniano Fernando de Bulhões ha studiato ed è stato ordinato sacerdote, prima di farsi francescano, affascinato dalla vicenda dei seguaci di Francesco martirizzati in Marocco. E proprio nel conventino dos Olivais, quattro capanne alla periferia della città, ha indossato il saio francescano, assumendo il nome di frate Antonio. Le quattro capanne sono state nel tempo sostituite da un convento e da un santuario, nel 1700 distrutti e ricostruiti. Qui, da dove Filippo II nel 1577 li aveva cacciati, i frati minori conventuali, negli anni Sessanta del secolo passato, sono ritornati, giusto per riallacciare un legame concreto tra la patria di sant’Antonio e la Basilica nella quale riposano le sue spoglie mortali. Oggi i santuari di Coimbra e di Lisbona, quest’ultimo innalzato sul posto dove sorgeva la casa natale di Antonio, sono i luoghi privilegiati della devozione antoniana.
«Una devozione tardiva – sottolinea padre Adriano –. Non ci sono, infatti, testimonianze riferibili ai secoli compresi tra il Duecento e il Quattrocento. Tardiva e differente dalla nostra: qui a Padova, la devozione è orientata verso l’essenziale che è il ritorno a Dio guidati da sant’Antonio, vissuta in un contorno di forte spiritualità, pur non disdegnando momenti di festa; in Portogallo, invece, il contorno di festa esteriore, che sconfina con il folclore, è più marcato». Vie diverse, entrambe però usate da Dio per richiamare a sé i suoi figli. Comunque, anche lì è il 13 giugno il giorno privilegiato della devozione antoniana.
Lisbona la regina
Lisbona ruba a tutti la scena. Si comincia alla vigilia, con la sfilata di gruppi folcloristici e la premiazione del complesso più pittoresco, mentre ai banchetti posti in ogni dove si gustano succulente sardine, accompagnate da vinho verde, un bianco giovane ed effervescente, tra balli, musica e grande allegria.
Momento forte, il giorno seguente, è la processione lungo le vie del centro storico, con bande musicali, gruppi d’ogni tipo e un mare di gente. La conclusione è nel piazzale della cattedrale, dove il patriarca congeda tutti con la benedizione nel nome del Santo. «In Portogallo sant’Antonio è invocato – informa padre Adriano – per ritrovare oggetti smarriti e, dalle giovani, per il casamento (matrimonio). Una tradizione invita i devoti ad affidare le loro richieste a “pensierini” in rima, poi deposti su altarini adornati con vasi di basilico, considerato la pianta di sant’Antonio». La tradizione del casamento legato ad Antonio, ha dato origine di recente nel comune di Lisbona a una singolare iniziativa, detta delle novias de santo Antònio: ogni anno l’amministrazione paga le spese – celebrazione, pranzo, viaggio di nozze… – a una quindicina di coppie di fidanzati, che celebrano il loro matrimonio il 13 giugno.
Coimbra, indimenticabile
Anche Coimbra ha i suoi spettacolari momenti di una devozione… ritrovata, come racconta padre Adriano: «Abbiamo dovuto aiutare i devoti a riscoprirla, riprendendo, tra l’altro, la tradizione della processione del 13 giugno. A essa abbiamo agganciato l’annuale conclusione delle attività parrocchiali, che si svolge in un clima di festa e di partecipazione, con la Messa celebrata all’aperto, sotto un grande tendone, cui seguono canti e danze». Il 13 giugno si distribuisce il «pane di sant’Antonio», minuscoli panini benedetti che la gente porta a casa, dopo aver lasciato un’offerta per i poveri della comunità. «I pani, custoditi fino all’anno successivo – dice padre Adriano – diventano sì duri, ma non ammuffiscono, tanto che vengono mangiati e sostituiti con i nuovi e così via».
Altra iniziativa avviata per rinfocolare la devozione è costituta dalle «lettere a sant’Antonio»: su di esse la gente sfoga le proprie ansie e chiede aiuto. «L’ultimo martedì di ogni mese vengono deposte sull’altare e durante la Messa affidate al Signore. Sono poi inviate a Padova perché siano poste sulla tomba del Santo». All’ombra della devozione prospera anche un vivace artigianato, che produce immagini del Santo, ispirate alla tradizione popolare. «Sono opere belle – assicura padre Adriano –, ricercate da devoti e collezionisti, vendute nelle tradizionali feiras (mercati) locali. Ne conservo con cura e orgoglio più di una». Tra le più care, quella regalatagli dal Centro tumori di Coimbra, del quale padre Adriano è stato per una decina d’anni cappellano. «Dover lasciare il Centro tumori mi è costato più di ogni altro distacco, ed è ancora fonte di saudade. La vicinanza con le persone in momenti così delicati e difficili della loro vita, collaborando, a mio modo, con quanti cercavano di alleviare e dare significato a quelle sofferenze e regalare motivi di speranza, è stata un’esperienza pastorale forte, intensa, difficilmente dimenticabile».
NOTIZIE
In Basilica
Dal mezzogiorno del 1° agosto a tutto il 2 agosto
Festa di Santa Maria degli Angeli alla Porziuncola; è possibile ottenere l’indulgenza plenaria, accostandosi alla confessione, alla comunione e recitando alcune preghiere.
15 agosto
Solennità dell’Assunta: santa Messa solenne cantata (animata dalla cappella Antoniana), alle ore 11.00.