Dalla testa ai piedi: un viaggio dentro se stessi
Sono pronto per un immaginario viaggio dentro di me. Si paga il biglietto, si entra dalla testa, si scende piano piano, per uscire, infine, dai piedi.
Vi immaginate che spettacolo?! Uno può vedersi con calma, conoscersi un po' meglio, «da dentro» (quando invece tutti, «da fuori», mi dicono quello che devo fare, come devo essere, a chi devo assomigliare, come devo comportarmi, a chi devo credere, chi devo votare, che cosa devo comprare): ma guarda te, che bel tipo sono! Quanti aspetti belli della mia persona su cui posso contare: gli amici mi vogliono bene, me la cavo egregiamente a calcio, danza, ho tutto ciò che voglio, qualche squintinzio/a mi corre dietro... Oddio, non sarà proprio tutto oro quello che luccica...
Quante cose, allora, mi piacerebbe buttar fuori dalla barca: un lato del mio carattere, un difetto fisico, una certa esperienza vissuta...
Perché non ho gli occhi di Tom Cruise o i piedi di Luca Toni o la voce di Anastacia o le curve della Marcuzzi? Perché non sono nato in un altro posto con un'altra famiglia in un'altra storia e con un altro corpo?
Cose che mi terrei strette strette e altre di cui mi disferei molto volentieri e subito. Cose che non so bene che cosa ci stiano a fare nella mia vita o a che cosa mai mi servano, e altre di cui sento maledettamente e invidiosamente la mancanza. Cose che ho raggiunto e altre (tante) che non riesco ad avere o che mi sembrano irraggiungibili.
Eh, sì: quanti mondi interessanti si potrebbero scoprire facendo un viaggio così! Mi sa, però, che una macchina del genere non l'abbiano ancora inventata, se non al cinema. Allora, che cosa facciamo ragazzi?! Ci accontentiamo della fantascienza o della magia, dei sogni a occhi aperti o delle dolorose recriminazioni davanti allo specchio? Ce la caviamo con i sospiri e le chiacchiere con gli amici, e poi via a cavallo dei nostri motorini truccati, con la musica sparata nelle orecchie e un bel paio di occhialini calati sugli occhi? Neanche per sogno!
Il periodo di Quaresima, per chi lo vuole e gli interessa, è proprio questo lungo viaggio (quaranta, dico quaranta giorni!) dalla testa ai piedi, che inizia quando il sacerdote ci mette un po' di cenere sulla testa e finisce il giovedì santo, con il ricordo di Gesù che lava i piedi ai suoi amici.
È un'occasione d'oro per mettersi in gioco, per fare una revisione completa, ma di tutto se stessi, senza lasciare fuori niente: è come prendere la tintarella ma... integrale! È, letteralmente, una «lavata di capo», o meglio «da capo a piedi», con un bagnodoccia alla cenere, perché non ci si può sempre raccontare bugie: non ce la facciamo, se siamo onesti fino in fondo con noi stessi, a far sempre finta di essere er mejo , senza bisogno di niente e di nessuno e perfino di Dio. Perché non accettiamo di essere anche deboli, bisognosi di qualcuno che ci dica: «Io ti voglio bene, ho stima di te, ma lascia che ti aiuti a crescere, a essere ancora migliore di quanto tu già non sia?». Perché volare bassi, quando c'è qualcuno che vuole diventare nostro compagno di strada, voglio dire in quel pezzetto di strada reale e concreto che sto percorrendo in questo momento?
Perché io sono tutto ciò che sono: e a Gesù non interessa un pezzetto di me, fosse anche quello a mio avviso più presentabile o digeribile. Perché lui vuol diventare mio amico... dalla testa ai piedi!