Deborah, ragazza d’oro
L'hanno definita «ragazza d'oro». Deborah Compagnoni, nata a Bormio il 4 giugno del 1970, si è portata a casa sei medaglie del metallo più prezioso, divise tra Olimpiadi e Mondiali. Si sta ora preparando ai Mondiali di Vail, negli Stati Uniti, del 1999, con la consueta grinta e determinazione. La campionessa di Santa Caterina Valfurva di carattere ne ha dimostrato: nelle gare senza dubbio, ma anche nella tenacia con cui ha saputo superare gravi incidenti alle ginocchia, problemi renali e diversi interventi chirurgici.
Deborah è venuta alla ribalta anche della «cronaca rosa» da quando fa coppia fissa con Alessandro Benetton, scapolo altrettanto «d'oro» di una delle famiglie di industriali più note del Nord-est, che, dopo aver studiato negli Stati Uniti, ha seguito per anni la scuderia automobilistica ed è ora amministratore della «21 Investimenti».
Ma torniamo a Deborah, che colpisce e conquista subito per la sua semplicità , il suo fare schietto e autentico; dimostra grande sensibilità e afferma di credere nella solidarietà . È testimonial di numerose associazioni di volontariato ed è nata in un paesino che si chiama Sant'Antonio. È cresciuta a Santa Caterina Valfurva, in provincia di Sondrio, in mezzo a montagne innevate anche a Pasqua. Le piace andare a camminare tra le baite nel Parco nazionale dello Stelvio, in un ambiente naturale straordinario. «Penso che in giro ci siano posti stupendi; ma la casa - afferma - è sempre la casa e, alla fine, mi piace tornarci».Msa. Lei ha vinto moltissimo. Ha posato per una campagna pubblicitaria di un «indumento di uso quotidiano» e ora è il nuovo volto di un noto marchio di tortellini. È diversa la Deborah di oggi rispetto a quella di dieci anni fa?
Compagnoni. Rispetto a dieci anni fa mi sento più matura, più attenta a tante cose e alle persone. Forse le capisco di più. Mi piace molto ascoltare le persone. È vero, sono cambiata, però fondamentalmente, dentro di me sono ancora la stessa.A Jesolo, nel 1997, lei ha incontrato Alessandro Benetton: questo incontro le ha cambiato la vita?
Non l'ha cambiata. Io e Alessandro abbiamo tante passioni in comune: lo sport in particolare. E questo è molto bello.Pensate di sposarvi presto?
Il pensiero c'è sicuramente. Non posso fare l'atleta per tutta la vita. Ma il matrimonio lo vedo ancora abbastanza lontano. Non è nel mio stile fare programmi a lungo termine. In questo momento, penso ancora allo sci. Anche perché nel momento in cui deciderò di smettere non potrò più tornare indietro. E avrò tempo di pensare al resto.Come trascorre una giornata di allenamento sugli sci?
Una giornata di allenamento sugli sci inizia con la sveglia alle sette. Comincio a sciare alle otto: prima sci libero e poi nei tracciati. Faccio circa sei, sette prove suddivise in due momenti, con una pausa in mezzo. Sembra poco, ma le prove che faccio sono sempre al massimo della concentrazione, con un'attenzione particolare ai materiali e a tutto quello che c'è da sperimentare quando si fa un allenamento, cercando di migliorarsi ad ogni prova. Poi, rientro in albergo o a casa. Mangio. Faccio una pausa fino alle quattro o alle quattro e mezzo. Dopo, vado in palestra o all'aperto a fare una parte di ginnastica di mantenimento o di allenamento a secco fino alle sei e mezza, sette. Segue un trattamento di fisioterapia. Quindi, guardo il video delle prove fatte durante la mattina o le gare di sci. Non tutti i giorni, ma quasi sempre c'è questa parte teorica. Infine, la cena e a letto abbastanza presto.Quali sono le vittorie che ricorda più volentieri?
Sono tutte belle, le vittorie. È ovvio che se l'evento, l'appuntamento era importante come le Olimpiadi o i Mondiali, lo ricordo di più perché la gente me lo fa ricordare di più. La gente se ne ricorda particolarmente.Dove ha trovato la forza per superare infortuni e difficoltà ?
È una forza interiore che mi è servita per essere così. Alla fine servono anche le sconfitte, i momenti negativi.
E poi, questa passione che mi ha dato la forza di non mollare. Ho avuto una serie di infortuni, però c'era sempre la voglia di vincere ancora.
Per forza interiore intende anche la fede... Lei è religiosa?
Sì. Ho fede e credo. Per me è giusto credere in qualcuno, in qualcosa, perché nei momenti difficili ti puoi appoggiare, sentirti, in qualche modo, aiutata da questo. Non è tanto la messa (ultimamente non ho molto tempo e non ci vado spesso), quanto la sensazione di poter aiutare delle persone, dei bambini, delle persone malate. Ci tengo moltissimo e lo faccio con il cuore, perché sono stata fortunata e mi sento in dovere di aiutare quelli che hanno bisogno.
Ci può fare qualche esempio?
Sono testimonial di varie associazioni. La scelta è stata fatta perché ci credo veramente. Faccio parte dell'«Admo» e sono anch'io donatrice di midollo osseo, dell'«Airc», l'Associazione per la ricerca sul cancro, di «Amnesty International» e di altre piccole associazioni, che scelgo di anno in anno: dopo la «Fondazione Carlotta», ho pensato all'«Aidos», un'associazione per lo sviluppo delle donne, in particolare delle donne afghane. Poi, mi impegno anche per l'«Unicef» e i bambini del terzo mondo. Ci credo e mi piace farlo veramente con passione.
C'è qualche storia che ci vuol raccontare?
Ho incontrato parecchi bambini quando, nel 1996, sono stata ospite all'ospedale «Giannina Gaslini» di Genova, dove ci sono tanti piccoli malati. Ero stata nella sezione dove c'erano i bambini leucemici e altri con problemi renali. Tutti i malati fanno tenerezza. Verrebbe voglia di aiutarli subito, prima possibile, ma vedere un bambino che soffre - e la sofferenza si vede negli occhi - colpisce ancora di più.
Quali sono, per lei, i valori nella vita?
Penso sempre che sono stata fortunata, a prescindere dai risultati sugli sci e da quello che ho fatto, per avere avuto una famiglia felice, che abita in un posto stupendo, in montagna. Sono stata fortunata perché ho giocato e ho fatto quello che ho sempre voluto, fin da bambina: ho avuto l'infanzia che penso tutti i bambini possano desiderare, in mezzo ai boschi, ai prati, agli animali. Ho corso in mezzo a loro, ho giocato fino adesso e, praticamente, continuo a farlo. Vedere i bambini malati che hanno delle difficoltà economiche o ambientali mi ha fatto pensare. Mi sento chiamata in prima persona per far capire alla gente che chi è più fortunato, che ha avuto qualcosa in più, ma che, magari, l'ha ottenuto con la forza interiore, può aiutare quelli che, invece, sono più deboli, che hanno delle difficoltà .
Cosa desidera adesso dalla vita?
Continuare a stare bene come adesso. Se ho avuto infortuni è perché pratico uno sport rischioso. Bisogna mettere in preventivo anche questo. I problemi che ho avuto, in confronto alle persone che stanno male, non sono niente. Per cui desidero stare bene, vivere semplicemente e felicemente come ho sempre fatto.
Non c'è bisogno di andare a cercare a tutti i costi qualcosa in più.Per un giovane è importante lo sport?
Credo di sì perché occupa, comunque, un tempo e un periodo della vita: può contribuire a far sì che non ci si perda, non si frequentino delle compagnie sbagliate. Lo sport insegna a fare dei sacrifici, anche piccoli, ma che poi, nella vita, servono sempre. Il fatto di fare fatica e poi, quando si raggiunge un risultato che può essere la gara vinta o anche soltanto la fine della seduta d'allenamento, provare un senso di rilassamento, fa star bene. Inoltre, lo sport fa stare assieme a delle persone vive ed è molto positivo anche per questo.
Sant'Antonio, personalmente, le suggerisce qualcosa?
È il paese dove io abito, dove ho la residenza. La mia è una valle di santi perché c'è Sant'Antonio, Santa Caterina, San Nicolò, San Gottardo, paesi che fanno parte della Valfurva che sale da Bormio. Da piccola abitavo sia a Santa Caterina che a Sant'Antonio, che è un paese un po' più grande di Santa Caterina. A scuola sono andata a Sant'Antonio dove c'è anche una chiesa molto bella dedicata al Santo.