Dopo le elezioni la nuova Costituzione?
Se la Costituzione europea (o, meglio, il Trattato costituzionale, che è qualcosa di meno) verrà finalmente approvata questo mese, sarà merito delle imminenti elezioni. Mentre le elezioni si svolgono il 13 giugno, si indica il 17 come la possibile data, in occasione del Consiglio europeo di Bruxelles, l'ultimo, prima che la presidenza irlandese passi la mano agli olandesi.
Sembrerebbe infatti strano che l'allargamento da 15 a 25 stati (cfr. il Messaggero di sant'Antonio del mese scorso) e l'ingresso in scena di un nuovo corpo elettorale, avvenga senza le nuove regole previste dal testo costituzionale. Anche perché il rinvio era stato fortemente voluto da due governi, quello spagnolo e quello polacco, che sono stati, nel frattempo, cambiati. In particolare, il socialista spagnolo Zapatero appare assai più disposto a rinunciare a un ruolo di grandeur per il suo Paese del predecessore di centro-destra Aznar. I vantaggi del nuovo testo costituzionale, quali che siano le variazioni che verranno introdotte all'ultimo momento, appaiono sin da ora consistenti rispetto alle vecchie regole. È evidente che l'Europa a 25 non può funzionare con vecchie regole, che già mostravano la corda con un'Europa a 15.
A 25 non si può decidere ma solo votare, è stato da più parti detto, ed ecco l'esigenza di rafforzare gli organi decisionali (un tempo più lungo per la carica di presidente del Consiglio europeo, un minor numero di commissari europei), di dare risalto a nuove figure istituzionali come il ministro degli Esteri europeo e quello dell'Economia e, soprattutto, di passare dall'unanimità a decisioni a maggioranza qualificata su molte questioni, perché uno o pochi non possano esercitare una specie di diritto di veto che sappiamo dannoso sia per l'efficacia che per una reale democrazia.
C'è di più: ormai si parla da più parti della possibilità che su specifici temi vadano avanti Paesi che se la sentono, esercitando una specie di funzione d'avanguardia: è la tesi dei gruppi pionieri che si muovono più speditamente, tesi diversa da quella dell'Europa a due velocità , perché qui non si tratta di stabilire una sorta di gerarchia ma di creare raggruppamenti volontari senza discriminazioni fra grandi e piccoli. E questo è previsto e codificato nella costituzione sotto il nome, invero un po' burocratico,dicooperazione strutturata.
La strage di Madrid ricompatta l'Europa
L'11 marzo, con la strage della stazione madrilena di Atocha, la coscienza degli europei - se mai ve ne fosse bisogno - è stata risvegliata alla sfida drammatica di questo inizio di nuovo secolo e millennio, la sfida del terrorismo. Viva la muerte gridavano i militari golpisti spagnoli del 1936 e negli anni di piombo le Brigate Rosse hanno ripristinato e inferto la pena di morte nel nostro Paese, mentre oggi i fondamentalisti islamici si richiamano continuamente alla morte nei loro proclami. Contro queste ideologie di morte, la nostra Europa, non senza profondi travagli, si è costruita e si definisce sempre più come area di pace, di tolleranza, di dialogo. Ma alla sfida si deve rispondere, come nel secolo passato si è risposto vittoriosamente alle sfide dei fascismi e dei comunismi. Da qui la necessità di mettere in comune informazioni e indagini e di creare un coordinatore anti-terrorismo con l'olandese Gijs De Vrijes.
L'Europa parli con una voce più chiara e più forte, non si stanca di ripetere il nostro presidente Ciampi. E Romano Prodi, per l'Iraq, chiede una forte iniziativa europea che porti al ripristino dell'autorità dell'Onu. Eravamo stati in molti, anche su questa rivista, a prevedere i danni che avrebbe provocato un conflitto in Iraq. Purtroppo la realtà si è rivelata peggiore dei timori della vigilia: solo con una svolta radicale, che sostituisca l'Onu al comando anglo-americano, si può sperare di sfuggire a una guerriglia generalizzata, che metterebbe contro l'Occidente le opinioni pubbliche arabe e alimenterebbe non le ragioni - inesistenti - ma le suggestioni emotive del terrorismo fondamentalista islamico.
Il disincanto degli intellettuali
In altri continenti, l'Unione europea è spesso vista come un modello, per esempio dal presidente brasiliano Lula che vorrebbe un analogo processo per l'America Latina. Qui da noi, invece, si sta diffondendo un certo disincanto, specie fra gli intellettuali. Lo scrittore - ed ex presidente ceco - Vaclav Havel afferma che manca un mito trainante per l'Europa. Ma Umberto Eco, in un dibattito con il tedesco Hans Magnus Enzensberger, che rimane scettico, ribatte che l'homo europeus già esiste, sulla base di sentimenti, di una cultura analoga, e che lui si sente tale. Quanto a Claudio Magris, risponde ad Havel dicendo che forse si tratta di buttarsi nel futuro senza pensarci troppo, operando nel concreto. Che è appunto il processo col quale si è formata la comunità europea.
Si approverà la Costituzione?
Romano Prodi spera che, prima della scadenza del suo mandato di presidente della Commissione europea, si realizzi il sogno di veder approvata la Costituzione. Chi lo sostituirà dopo il primo novembre? Sovente c'è stata un'alternanza, per cui a un esponente del centro-sinistra è succeduto uno del centro-destra.
Questa volta i risultati delle elezioni di giugno influenzeranno sicuramente la scelta, secondo lo schieramento che prevarrà . In lizza, per il centro-destra, c'è l'ex premier spagnolo Aznar, il democratico-cristiano lussemburghese Jean-Claude Juncker (quello dei colpi di dita battuti come saluto sulla testa di Berlusconi in diretta televisiva), il liberale belga Guy Verhofstadt e quello danese Rasmussen. Per il centro-sinistra, con minori speranze, si affacciano il socialista greco Silitis, il portoghese Guterres, il socialdemocratico finlandese Lipponen.
Ma l'Unione europea già si pone nuovi obiettivi, perché come ogni organismo vivente non può fermarsi, pena l'involuzione e la decadenza. Alle sue porte già battono, per il 2007, due candidati sicuri, Bulgaria e Romania, e uno probabile, la Turchia. Contemporaneamente, c'è da allargare la sua azione pacificatrice nei Balcani e verso un nuovo Mediterraneo, dove trovino convivenza non più conflittuale israeliani e palestinesi. Il più difficile dei compiti.
L'Europa: un continente cristiano, aperto alle altre religioni
Il volume Europa. Allargamento a Est e immigrazione voluto dalla Caritas italiana e presentato alla vigilia del I° maggio, è dedicato ai diversi aspetti della realtà religiosa dei Paesi entrati nell'Unione, nelle sue componenti cattoliche, protestanti, ortodosse e musulmane. Diversi apporti sottolineano le linee di sviluppo positivo che ne possono derivare nell'ambito dell'Europa allargata e di quella che potrà ampliarsi nel futuro.
Settant'anni di ateismo di stato, hanno messo a dura prova l'Europa orientale.
I popoli che confluiscono da Est nel processo di integrazione comunitaria e che hanno conservato l'ispirazione religiosa, proprio per il peso di questi ricordi drammatici, portano con sé una fede più vivace e comprensibilmente vorrebbero che nel dibattito sull'Europa allargata essa non rimanesse inattiva, cedendo il passo al dio mercato, uno schema, questo, utile per lo scambio dei beni materiali ma non una forza ispiratrice della convivenza.
Molto resta poi da fare per l'avvicinamento da parte dei cristiani dell'Europa occidentale agli ortodossi, un obiettivo la cui importanza non può essere sottovalutata.
I grandi valori, dei quali l'Europa si è fatta promotrice nella storia, sono quelli dei diritti umani e sociali e della loro tutela, con i quali è intrinsecamente legata la storia delle chiese cristiane in Europa. Ponendo fine alla confusione tra organizzazione statale e organizzazione ecclesiale e a guerre religiose vere e proprie, si è pervenuti al concetto di società laica che separa le due sfere e le raccorda in un quadro che consente di recepire le impostazioni su una base paritetica e rispettosa di diritti e di doveri.