Dove il Natale sarà di fame
Il concetto di coltivare per vendere è sempre stato estraneo all`Africa. La commercializzazione richiede produzione su larga scala, capacità di stoccaggio e strategie di marketing, cose impensabili, un tempo, nel Continente nero. Coltivatori molto prima dell`arrivo degli europei, gli africani vivevano in piccole tribù cibandosi giorno per giorno di ciò che offriva la terra. Uno stile di vita che non dava alcuna garanzia in caso di raccolti scarsi e disastri imprevisti. I nativi invocavano gli dei per avere buoni raccolti. Succedeva prima del colonialismo. Oggi, però, una produzione di sussistenza conduce solo alla miseria.
Già nel primo trimestre di quest`anno i terreni si sono inariditi per una prolungata siccità che ha portato sei Paesi del Sud ` Zimbabwe, Zambia, Malawi, Angola, Swaziland e Lesotho ` alla peggiore crisi alimentare degli ultimi dieci anni. Nel suo ultimo rapporto, l`inviato speciale dell`Onu per le emergenze umanitarie, James Morris, ha rilevato che il numero di persone a rischio fame, prima del raccolto dell`anno prossimo, è salito a 14,4 milioni rispetto ai 12,8 di maggio. «Questo è oggi il più grave disastro umanitario regionale nel mondo ` ha detto al termine della sua visita alla regione James Morris ` e a esserne colpite sono le popolazioni più vulnerabili di questi sei Paesi». La crisi è aggravata ` ha aggiunto ` dall`aids che, avendo colpito tra il 12 e il 36 per cento degli adulti, ha fatto 4 milioni di orfani e stremato le risorse sanitarie». «Abbiamo incontrato una nonna che si prendeva cura di 19 bambini», ha detto Morris.
La siccità è un evento periodico nelle regioni meridionali dell`Africa, l`ultima consistente si è avuta nel 1992 e ha colpito più di 18 milioni di persone. Morris ha prospettato per il 2003 raccolti inesistenti, salvo intervenire subito con aiuti adeguati in sementi e fertilizzanti. La Wfp, la più grande agenzia per l`alimentazione, ha detto che gli aiuti sinora avevano coperto il 36 per cento dei 507 milioni di dollari necessari, e un altro 30 per cento stava per essere stanziato.
Alla siccità e all`ids bisogna aggiungere pessime politiche economiche, malgoverno e corruzione.
Zimbabwe: La politica di Mugabe
Nello Zimbabwe, il Paese più colpito, il numero di persone a rischio fame è passato dai 6 milioni di maggio a quasi 7 milioni: sotto accusa le caotiche riforme politiche del presidente Robert Mugabe, che hanno consentito ai suoi sostenitori di appropriarsi dei terreni dei bianchi per darli ai neri, spesso contadini inesperti ma suoi elettori. L`inesperienza ha fatto sì che la produzione agricola colasse a picco. L`indignazione internazionale non è servita a bloccare il suo piano, con il quale intende eliminare l`eredità del colonialismo.
E così da maggio, essendo state le importazioni di cibo da società commerciali e umanitarie inferiori alle previsioni, i prezzi sono aumentati mettendo i generi alimentari fuori dalla portata della gente. Per James Morris le politiche del governo nella regione sono state un fattore decisivo nel provocare il disastro in un Paese che era il «granaio» dei sei Paesi ora in crisi.
Si aggiunga che Mugabe usa gli aiuti alimentari delle Nazioni Unite come arma contro gli oppositori. Prima delle elezioni aveva promesso la terra, diventata arida e poco produttiva, ora gioca la carta degli aiuti alimentari delle Nazioni Unite, che dà solo ai suoi sostenitori, lasciando deliberatamente morire di fame gli altri.
La situazione a Binga, distretto nell`Ovest del Paese, ne è un esempio: qui 115 tonnellate di farina d`avena, a elevato contenuto proteico, destinate a sfamare i bambini delle scuole locali, restano inutilizzate e stanno marcendo in un magazzino da agosto. I soldati che sostengono il presidente ne impediscono la distribuzione perché l`85 per cento degli abitanti alle elezioni di maggio ha votato per il leader dell`opposizione Morgan Tsvangirai del «Movimento per il cambiamento democratico». La polizia, come al solito, sta a guardare. Così i bambini di Binga, in aula, svengono per la fame e nell`ospedale locale sono già morte 27 persone per malattie legate alla fame.
Zambia: Il Paese del rame
Nonostante lo Zambia abbia circa la metà delle risorse idriche dell`Africa meridionale, carestia e crisi alimentare stanno producendo anche qui i loro effetti nefasti. Infatti, da agosto il numero di persone a rischio fame ha raggiunto i 2,9 milioni rispetto ai 2,3 di maggio. L`economia dello Zambia si reggeva sulle ricche miniere di rame, ma la caduta, a livello mondiale, del prezzo del metallo e la privatizzazione della più grande miniera del Paese, unite a gravi errori politici, hanno messo in ginocchio l`economia.
Con questa crisi alimentare devastante, il governo ha rifiutato aiuti in alimenti geneticamente modificati, finché la scienza non li avrà dichiarati sicuri. Gli altri cinque Paesi in crisi ne hanno, invece, accettato alcuni tipi, nonostante le perplessità di molti sull`ingegneria genetica applicata all`agricoltura.
In molti villaggi zambesi, ad esempio nel distretto di Siavonga, nel Sud del Paese, il beneficio degli aiuti alimentari è quasi nullo: questi sono distribuiti una volta al mese e consistono in un secchio di mais, che per una famiglia di sei persone basta appena per tre giorni; ad essere serviti per primi sono vecchi e malati, e può succedere che non resti nulla per famiglie anche con diciotto figli da sfamare. Le mamme, allora, mandano i figli nella foresta a raccogliere bacche che poi fanno bollire per giorni. La bollitura toglie il veleno dalle bacche, che diventano povero cibo per la famiglia. Per molti sarà questo il pranzo di Natale. Anche qui molti bambini sono orfani a causa dell`aids.
Angola: Crisi alimentare
Nell`Angola fare agricoltura è un`impresa, anche senza la siccità . In ventisette anni di guerra civile, che ha costretto milioni di persone ad abbandonare le loro terre, le infrastrutture sono state completamente distrutte. L`Angola, poi, è uno dei Paesi più pesantemente «perforati» del mondo e le profonde depressioni provocate dalle miniere non si prestano a essere coltivate. Ora la guerra civile è alla fine e, forse, il governo non è preparato a gestire il «dopo»; la gente guarda con apprensione i soldati ribelli, che nella vita non hanno fatto altro che la guerra, e il loro reinserimento nella vita civile non è né semplice né rapido.
Poiché la trasformazione del gruppo ribelle «Unita» in un partito politico è una delle condizioni per il «cessate il fuoco», la crisi alimentare, e dell`agricoltura in genere, potrebbe non essere uno dei problemi prioritari per il governo.
Nell`Angola la scarsità di cibo è endemica. Durante la guerra civile, il Paese esisteva come stato indipendente, ma la gente dipendeva dagli aiuti stranieri per sopravvivere. La guerra ha impedito alla gente di coltivare, perché i ribelli dell`Unita vivevano derubando gli abitanti dei villaggi e costringendoli a combattere e a lavorare per loro invece che per le famiglie.
Malawi: Politiche dissennate
La crisi in questione, sembra quasi che il Malawi sia andato a cercarsela. Essa è il risultato di una politica economica dissennata: il governo ha, infatti, venduto le riserve strategiche di grano, costituite due anni prima per casi di siccità . Il governo l`ha definito «errore in buona fede», attribuendone, a torto, la colpa alle informazioni ricevute dal Fondo monetario internazionale e dall`Unione europea.
Oltre a essere lontano dai porti oceanici, il Paese ha anche poca superficie coltivabile, di fatto troppo sfruttata e, quindi, impoverita. I fertilizzanti potrebbero rendere nuovamente produttivi questi piccoli appezzamenti, ma il guaio è che la maggior parte dei contadini non ha soldi per comperarli e, di recente, il Dipartimento inglese per lo sviluppo internazionale, seguito da altri, ha tagliato le forniture gratuite ai coltivatori del Malawi. Questo non solo ha portato a uno scarso raccolto, ma ha messo in evidenza come la riduzione degli aiuti sia stata più influente nella crisi di due anni di cattivo tempo.
A soccorrere Gesù nella grotta di Betlemme sono accorsi in pastori. E non con le mani in mano. I pastori d`oggi sembrano aver perso la via delle grotte, dove vivono i Gesù del nostro tempo. Solo Erode sembra non averla dimenticata.