Elezioni. A Strasburgo i rappresentanti di una patria delle genti. L’Europa che vorrei
Sono tantissime le angolazioni per tentare di spiegare il cammino di riavvicinamento di popoli e di culture che, per un tempo avevano saputo vivere come in una grande famiglia e dove i pellegrini si muovevano con una certa libertà , annunciando con i loro passi l' esistenza di una casa comune, e poi a motivo di crescenti nazionalismi e di aberranti ideologie avevano distrutto milioni di persone assieme ai loro sogni più nobili.
Sulle immani tragedie della Seconda Guerra Mondiale, eredità tragica di un' Europa di fine millennio, alcuni grandi uomini politici si impegnano non solo nella ricostruzione materiale, ma soprattutto nell' auspicare un' Europa rigenerata spiritualmente e politicamente, facendola diventare patria di popoli guidati da ideali di fraternità e solidarietà autentica per una pace vera e duratura.
Un cammino verso l' unità fatto di passi lenti, a volte di esasperazioni, altre di sconfitte come l' innalzamento del muro di Berlino e la guerra fratricida nei Balcani, molto spesso compromessi sui progetti iniziali con tutte le renitenze e gli errori di percorso e di malgoverno di alcuni politici. Ma il sogno si diffonde tra la gente, soprattutto i giovani, e i sondaggi insistono nell' affermare che il desiderio di un' Europa unita è davvero presente in tanti. Sembra ormai impossibile fermare questa dinamica unitaria e non si possono più distruggere tanti anni di politica europea. «A partire dal momento in cui l' euro circolerà , ognuno avrà l' Europa in tasca», sostiene Bernard Chevallier, direttore dell' Ufficio parigino del Parlamento europeo (intervista apparsa su Nuovi Orizzonti Europa nell' aprile del 1998).
È assai opportuno affiancare alla storia di questo pellegrinaggio verso l' unità , fatta di rispetto delle differenze e di accettazione di condivisione di politiche e di beni dentro e fuori i confini nazionali, una lettura in chiave migratoria, per cogliere meglio tutte le potenzialità che una tale unione può esprimere.
Oggi, quando qualche nostalgico pensa l' Unione in chiave di Europa fortezza, e insiste perché la Francia o l' Italia debbano appartenere ai soli francesi o italiani, si dimentica che l' Europa ha esportato nel giro di circa 100 anni oltre 55 milioni dei suoi abitanti verso altre parti del mondo, inviando assieme alle poche masserizie che ogni migrante portava con sé, un patrimonio di culture, tradizioni religiose, lingue e stili di vita che hanno reso grandi altre nazioni. Anche se non dobbiamo dimenticare che accanto ai viaggi della speranza, l' Europa ha esportato ideologie aberranti, il mito della conquista, la schiavitù e il colonialismo.
Emigrati costruttori d' Europa
Erano in pochi, negli anni Cinquanta, a considerare gli emigrati quali i veri «costruttori dell' Europa». Nell' immediato dopoguerra il cantiere Europa aveva attirato una presenza sempre crescente di manodopera immigrata impegnata nella ricostruzione materiale delle varie nazioni. Le tracce di questo passaggio, iniziato alla fine del secolo scorso, sono visibili a chi è attento al passaggio di uomini nuovi nella propria terra e sono contenute in mostre e libri di storia dell' emigrazione. Viene però spesso rimosso il dramma della loro sofferenza e della scarsa accettazione, almeno inizialmente, della loro cultura e del loro stile di vita. Pane e lavoro, e nulla più! Le campagne contro gli stranieri, il trattamento loro riservato, le baracche e i condizionamenti sono in netto contrasto con il sogno di un' Europa dei popoli che i primi grandi artefici incominciano a sognare e ad attuare, pur tra mille difficoltà , proprio in quegli anni.
Eppure si è trattato davvero di apripista, di persone che con la loro umile ma preziosa presenza - i messaggi più autentici provengono sempre dai «poveri» - hanno saputo lentamente ma inesorabilmente debellare le tentazioni di gretti nazionalismi, hanno invocato la difesa di ogni persona a prescindere dalla sua nazionalità e dalla sua cultura, hanno obbligato le istituzioni locali a chiarire il concetto di accettazione del culturalmente diverso e a puntare sulla convivenza armoniosa e sul dialogo. Accanto ai ponti e alle strade costruiti dai migranti, essi hanno saputo intrecciare dei legami spirituali e culturali che rimangono alla base della creazione della nuova Europa. La loro esperienza è divenuta paradigma di quanto tutti i cittadini europei sono chiamati a vivere nell' Unione. Una delle caratteristiche dell' Unione deve infatti essere quella del rispetto vicendevole delle lingue e delle culture che arricchiscono il volto composito dell Europa. «Pensare europeo», una necessità quanto mai sentita a livello scolastico e politico, è stato sperimentato da tanti emigrati nel laboratorio giornaliero della loro vita. Hanno anticipato i tempi.
L' individualismo eurocratico
Forse la rimozione della storia del movimento di popoli in Europa ha accelerato la diffusione dell' Europa intesa come fortezza. Il benessere raggiunto e l' uguaglianza dei diritti per tutti i residenti, almeno sulla carta ' messi in forse da costanti crisi economiche e da radicali trasformazioni geopolitiche ed economiche ' porta la popolazione locale, e non pochi emigrati che sono saliti su un gradino superiore della scala sociale, a rispolverare vecchi comportamenti razzisti ritenuti morti per sempre con la fine della seconda guerra mondiale. Le campagne di educazione contro il razzismo condotte dal Parlamento europeo denotano sbandamenti pericolosi nell' accettazione da parte della popolazione locale di chi è portatore di un' altra lingua e di un' altra cultura.
A fronte dell' emergere di un accentuato individualismo, il potere finanziario del neo-liberismo trova ampio spazio di manovra, per cui la mentalità mercantile sembra prendere il sopravvento. Aumentano i controlli alle frontiere esterne, non si presta la dovuta attenzione a chi richiede asilo, sorgono sempre nuove difficoltà per l' accettazione di uno stato sociale che difenda i meno abbienti, sono apportati tagli consistenti alla spesa pubblica senza preoccuparsi eccessivamente di una moralizzazione delle persone coinvolte nella loro gestione.
Alle soglie del terzo millennio, mentre l' ingranaggio procede a pieno ritmo nel rispetto delle mete che si sono date i capi delle 15 nazioni, mentre altri Paesi bussano alla porta dell' Ue, mentre assistiamo a movimenti di aggregazione europea da parte di organizzazioni e sindacati, rafforzando così il senso dell' unità profonda nella ricerca di soluzioni di problemi vitali, siamo anche testimoni della incapacità di risolvere conflitti alle porte di casa nostra, del calo di interesse per la solidarietà internazionale, di guerre interne sui prezzi di alcuni prodotti, della paura di confrontarsi di fatto con culture e religioni diverse.
I migranti, con le loro diversità e con la loro umanità , che intende essere riconosciuta nei suoi diritti fondamentali, sono lì a ricordarci un' Europa delle persone e della solidarietà , delle lingue, delle culture e della pacifica convivenza. Immettono «il lievito della fantasia» (L. Zanier) in un progetto che correrebbe altrimenti il rischio di fossilizzarsi anzitempo. La scadenza elettorale del giugno prossimo sarà un test per i politici nell' individuare programmi che non siano esclusivamente finanziari. Ma sarà anche una prova del desiderio reale per un' Europa dei popoli in cui tutti esprimono democraticamente le loro scelte. Altrimenti lasceremo tutto in mano agli eurocrati, appendendo alle nostre porte il segno «pregasi non disturbare».