Elisabetta Gardini in corsia
Elisabetta Gardini, delicata bellezza che il tempo sta ammantando di fascino. Non la vedevo da anni, da quando la Rai aveva cancellato dal palinsesto un suo programma, affrettatamente giudicato «stucchevole teatrino dei buoni sentimenti»: era il tempo in cui i vari Sgarbi, Ferrara, Barbareschi, rovesciavano dal piccolo schermo tonnellate di spazzatura su un pubblico prima attonito e poi supinamente appiattito su quella fiera dell'insolenza e della volgarità .
Via il programma, via il personaggio. La Rai perdeva una presentatrice di bell'aspetto, intelligente, grintosa al punto giusto, senza vezzi e vizi da, «prima donna», da intervallare con i soliti quattro nomi noti. Ma non tutti i mali vengono per nuocere. La disavventura ha fatto ritornare Elisabetta al suo primo amore, il teatro, che aveva imparato a fare alla scuola di Vittorio Gassman. Dove si è tolta qualche soddisfazione e dove è maturata professionalmente.
Ora sta lavorando con il Teatro di Sicilia, regista Fernando Balestra, in un'originale edizione di Sogno di una notte di mezz'estate di Shakespeare. La regista Rossella Izzo, sorella gemella di Simona, l'ha voluta protagonista femminile di una fiction di otto puntate dal titolo, provvisorio, Una donna per amico, che vedremo in tv (quest'autunno) su Rai1.
«Sono un medico - racconta Elisabetta - alle prese con la carriera, con i casi di questa professione, che si intrecciano poi con le vicende personali e familiari: c'è un marito (Enzo De Caro), un suocero (Arnoldo Foà ), una suocera (Carmen Scarpitta), una tata (Marisa Merlini, una popolana di Roma tutta cuore e di grande carattere) i figli e poi cani, cuccioli...». Insomma tutti gli ingredienti di un ménage familiare abbastanza normale, ben condotto dalla regista Rossella Izzo, che ha al suo attivo altre fiction di successo come Caro maestro, Leo e Teo... «Sono contenta di ritornare in televisione in veste di attrice», commenta soddisfatta. Una specie di rivincita. Ma non lo dice.
Medico ospedaliero, dunque. Un ruolo che in televisione affascina da qualche tempo. Un po' meno nella realtà : irretito nel caos della Sanità , il medico ospedaliero non sfugge alla sfiducia sul servizio sociale meno amato dagli italiani: la Sanità , appunto. Anche se molti medici il mestiere loro lo fanno bene.
«Prima di affrontare questa parte - racconta Elisabetta - , ho frequentato le corsie degli ospedali scoprendo una dimensione affascinante della professione del medico. D'accordo con i pazienti, ho fatto il 'giro' con i medici: vi ho scoperto uno spaccato di un'umanità incredibile, con tutte le sofferenze, ricchezze umane e spirituali. Il rapporto del paziente con il medico mi è sembrato aperto, fiducioso».
Finzione e realtà : un divario che brucia. Afferma Elisabetta: «Se la Sanità funzionasse come nella finzione televisiva, sarebbe straordinaria. Il primario è una persona stupenda, ha lo sguardo buono di un papà ; i medici sono tutti bravi, solo uno è un po' burbero. Tutto funziona a puntino e i pazienti sono soddisfatti. La realtà è diversa. Non ho esperienze dirette, per fortuna, ma quello che sento da altri, non è entusiasmante. Lo stato sociale, tanto sbandierato e per il quale ci sono chiesti notevoli sacrifici, lo vedo poco realizzato. Una mia amica ha una bambina con intolleranza alimentare e spende 500 mila lire al mese per nutrirla. Dovrà farlo per diverso tempo e in casa c'è solo lo stipendio del marito. C'è una specie di indifferenza di fronte a questi problemi. Chiunque va a occupare certe poltrone viene colpito dal virus della cecità , si scollega dalla realtà , dai problemi della gente».
Donna la protagonista, donna la regista, molte altre le donne nello sceneggiato: chissà che rivalità , che caos!
«È un luogo comune che tra donne ci sia rivalità , soprattutto nel mondo dello spettacolo - controbatte Elisabetta - . Se i ruoli sono diversi, non c'è competizione; c'è, se due attrici hanno ruoli della stessa importanza. Gli uomini in situazioni analoghe non sono da meno. Anzi: le 'prime donne' sono loro, i più viziati, i più vanitosi, i più pretenziosi, quelli che arrivano in ritardo sul set, che fanno i divi».
Il tema appassiona la Gardini: donna di teatro e di spettacolo, ha i piedi ben radicati nella realtà . La lunga militanza nell'Azione cattolica e nel volontariato la fa essere presente ai problemi della gente. La parità tra uomo e donna, ad esempio, che a un certo punto sembrava una conquista irreversibile, è ancora lungi dall'essere raggiunta, batte il passo e, in molti casi, retrocede. Elisabetta è reduce da un'iniziativa della commissione delle Pari opportunità in un paese vicentino. Mi snocciola una serie di dati sull'inserimento delle donne in politica in Europa lì ascoltati. Sono desolanti, soprattutto per l'Italia, dove non si sono raggiunte mai le cifre ottenute da altri Paesi europei. In questi, le percentuali avevano superato il 30 per cento, poi c'è stata una sensibile diminuzione. Sembra sia in atto un tentativo di rimandare le donne a casa. Ci sono situazioni che indicano un aumento del peso delle donne nella società : le ragazze, ad esempio, studiano e si laureano più dei ragazzi, ma non ci sono donne rettori di università ! Anche il piccolo schermo pullula di donne, ma poi i direttori, i capi struttura, gli amministratori, quelli che contano, sono tutti uoministar. ando sono entrata in Rai, sembrava che la donna avesse raggiunto una parità consistente nei confronti dell'uomo: poteva condurre una trasmissione come Pippo Baudo, come Mike Bongiorno... Adesso, quasi tutti i programmi importanti sono affidati a uomini, le donne hanno un ruolo di spalla, coreografico, utilizzate perché belle, ma spesso la loro bellezza viene maltrattata, svilita dal cattivo gusto».
L'impegno nel sociale ha portato la Gardini a tentare la strada della politica, per poter aiutare la gente in modo più incisivo a vivere la propria normalità . Ventimila voti non sono stati sufficienti a farla eleggere.
«Ero sicura che non ce l'avrei fatta, anche perché qualcuno ha cercato subito di mettermi i bastoni tra le ruote, ma mi sono buttata ugualmente con un entusiasmo e una passione che hanno sorpreso chi mi conosce come una signora tranquilla. Ho scelto un partito di centro in un momento in cui tutti dicevano che il centro non esisteva più, mentre io sono convinta che il centro, per i valori che rappresenta, sia quello che meglio corrisponde al nostro modo di sentire, alla nostra cultura, alle nostre radici. Per la passione che ci ho messo, mi hanno chiamata 'estremista di centro', e non mi è dispiaciuto. Un limite del centro è che si presenta con una faccia troppo molle: siamo moderati, ma questo non ci deve impedire di difendere i nostri valori con forza. Continuo a sentire il bisogno di ribadire la nostra identità perché noto un'esagerata apertura a tutto ciò che non è cattolico, che non è cristiano, che rischia di snaturarci. Io non dico che non dobbiamo essere ecumenici, ma lo siamo nel momento in cui manteniamo forte e viva la nostra identità . Mi inquieto se vedo in prima serata su Rai1 un programma pilotato per dimostrare che il mondo islamico non è estremista, non fa del male alle donne, mentre sappiamo che ogni giorno nel mondo migliaia di bambine subiscono l'infibulazione. Bisogna e attenti ai messaggi che si lanciano. Questo ci svilisce molto, facendoci perdere le nostre radici, la nostra identità nazionale, dando motivi alle contestazioni, ad esempio, della Lega».
Elisabetta, donna impegnata nello spettacolo, nel sociale, ma anche mamma di un bambino ai primi anni delle elementari: difficile combinare questi ruoli?
Dice Elisabetta: «L'essere mamma mi investe di responsabilità , ma combinare lavoro e maternità è più facile nel nostro mestiere, rispetto a chi lavora in banca, ad esempio, che ha orari che non può mancare, che, se ha un'urgenza, non può portare in ufficio il bambino. Quando lavoro, io, invece, il bambino lo porto con me. Come per tante donne dello spettacolo, i figli invadono il nostro lavoro, non si sentono tagliati fuori. Quando ho fatto l'Amleto di Besson - ero Gertrude - , mio figlio veniva alle prove, gli piaceva. Incuriosito dal figlio che avevo nella finzione, della sua stessa età , ne imparava le battute a memoria. Poi è venuto allo spettacolo e si è divertito. Quando ho finito, mi ha chiesto: 'Adesso non fai più la regina?'. Crescendo, ha le sue esigenze e devo cercare dei compromessi con le mie. L'anno scorso, ad esempio, ho interrotto il lavoro, perché affrontava la prima elementare».