Enzo Biagi

In questa bella intervista uno dei più bravi giornalisti italiani confessa di non essere un buon cattolico, un praticante, ma di credere che in ogni uomo ci sia una scintilla di eternità.
03 Aprile 2002 | di

Una vita, una storia. Tante storie. Perché Enzo Biagi, tuttora uno dei più bravi e «liberi» (con buona pace di Sgarbi) giornalisti italiani, di storie ne ha raccontate davvero tante. A 81 anni parla con la passione di un giovane unita alla saggezza dell`€™età  e della lunga esperienza umana e professionale. Un`€™esperienza che l`€™ha temprato sin da giovanissimo. Diciottenne, cronista del quotidiano «Il Resto del Carlino», fu lui ad annunciare per radio la fine della guerra, e via via fino a diventare uno dei volti più noti del piccolo schermo.
A chi gli chiede il perché di tanto successo, risponde: «La gente mi legge innanzitutto perché scrivo chiaro: se fossi complicato, potrei scrivere le cose più belle e sagge del mondo, ma nessuno mi filerebbe». Cita Giulio De Benedetti, mitico direttore de «La Stampa», il quale diceva che il più grave peccato di un giornalista non è raccontare bugie ma annoiare il lettore. E con lo stile lapidario che l`€™ha reso celebre afferma: «Giosuè Carducci diceva che chi usa quindici parole quando ne basterebbero dieci, è capace di qualsiasi misfatto».
Biagi lavora sodo, nel suo studio di corso Sempione presso la Rai di Milano, dove c`€™è la redazione de Il fatto, il suo quotidiano spazio televisivo su Raiuno. Ma volto e parola non hanno sostituito la penna, con la quale continua a raccontare la vita di tutti i giorni.
Lo abbiamo intervistato per questa rubrica di «testimoni»: un confronto tra presente e passato per cogliere il meglio dell`€™uno e dell`€™altro; un far memoria che non sia solo nostalgia.

Msa. Dottor Biagi, cosa le dà  più fastidio del tempo presente? E cosa, invece, apprezza maggiormente?
Biagi.
È l`€™indifferenza, il non pensare anche agli altri. Apprezzavo i giovani americani che dicevano, al tempo dei figli dei fiori, «I care», che significa «mi preoccupa», è anche un fatto mio, partecipo alla tua solitudine o alla tua disperazione. Il buon samaritano scendeva dalla giumenta per dare una mano a quello che era ferito. Ogni giorno la cronaca parla di gente che travolge con l`€™automobile qualcuno e tira dritto.
Oggi si lamenta la mancanza di maestri, di modelli di riferimento. Un tempo c`€™erano? Lei, in particolare, ne ha trovati sulla sua strada?
Io ho trovato tanta gente che è stata generosissima con me. Sono uno di quelli che devono molto a tanti, perché ero figlio di un operaio. Ho fatto il mestiere che sognavo di fare da ragazzino fin dai tempi scolastici e devo dire che ho motivi di gratitudine per molte persone.
Quali dei valori di un tempo sono sopravvissuti e quali di quelli scomparsi sarebbero da riproporre con forza e da vivere con coerenza?
Credo che basterebbe applicare gli insegnamenti che davano le madri quando dicevano: «Non prendere mai la marmellata senza chiedere il permesso. E ricordati di lasciare sempre anche la parte di tuo fratello».
Biagi, chi loda il passato fa solo un`€™operazione di nostalgia o c`€™era davvero qualcosa un tempo, mi riferisco a ideali e valori che aiutavano a vivere e a sopportare momenti forse più difficili del nostro?
Sta scritto nell`€™Ecclesiaste: una generazione va e un`€™altra viene. Ognuno vive la sua stagione, il suo tempo, con bisogni diversi. Ma la distinzione tra il bene e il male resta sempre la stessa. Cambiano le forme, magari del peccato, ma in realtà  la mancanza di carità  mi sembra sempre la colpa più grave.
La storia sembra ripetersi. Gli uomini continuano a commettere gli stessi errori del passato, smentendo chi sosteneva che la storia è magistra vitae. Lei che ne pensa?
Io non credo che la storia abbia insegnato granché alla gente. Ci sono errori che si ripetono, vecchi vizi che ritornano. Penso, per esempio, a un certo antisemitismo che serpeggia anche nella società  italiana.
Secondo lei, sono più felici e più liberi gli uomini di oggi o quelli di un tempo?
Non loderei tanto il tempo che fu. Non so i celti, di cui si occupa tanto il leader della Lega Umberto Bossi, ma credo che l`€™uomo delle caverne, per il quale si faceva buio presto, che era circondato dai miasmi delle paludi, che doveva cercare di sopravvivere, avesse delle giornate difficili da affrontare. Anche all`€™inizio del secolo i nostri «vicini» antenati vivevano quaranta, quarantacinque anni. Abbiamo allungato la vita, ma non si tratta solo di aggiungergli del tempo, quanto di aggiungere veramente la possibilità  di partecipare, di esserci. Il rispetto per i vecchi vuol dire considerarli un piccolo patrimonio per l`€™umanità . L`€™esperienza è una moneta: chi ce l`€™ha riesce a spendere. Chi ha vissuto qualcosa di positivo dovrebbe, comunque, ricordare e magari cercare di trasmetterlo agli altri.
Biagi, si sente a suo agio in questo nostro tempo?
Io sono un superstite del diluvio. Sono uno di quelli che nel 1940 avevano vent`€™anni. Molti della mia generazione non ci sono più. Se faccio degli appelli mentali di una mia classe scolastica, o di una mia redazione, tanti miei compagni di strada ormai mancano.
Quali errori non avrebbe voluto fare nella sua vita?
Mia madre diceva: «Fai l`€™esame di coscienza ogni sera e chiedi perdono, perché con un atto di dolore al massimo finiresti in purgatorio». Ogni giorno c`€™è qualcosa che non avrei voluto fare. Non so, forse dovrei stare sempre più attento all`€™uso delle parole. Perché si può ferire molto la gente con il nostro mestiere. Magari togliere la reputazione a una persona, e privarla di qualcosa di importante.
Che cosa può rendere la vecchiaia un`€™età  degna di essere vissuta?
Noi siamo come quel nobile, superstite della rivoluzione francese (abbiamo vissuto tre ideologie in questo secolo: il fascismo, il nazismo e il comunismo) al quale chiesero: «E lei che cosa ha fatto?». Rispose: «Ho vissuto». Anche noi «abbiamo vissuto»: certamente con una minore o maggiore partecipazione, compromettendoci magari con cose sbagliate o anche con cose giuste per le quali valeva la pena di farlo.
Nei suoi libri lei, spesso, va indietro nel tempo, si riferisce al passato`€¦ Perché?
Diceva una maà®tresse americana: «Il passato ha sempre il sedere più rosa» mentre Stalin affermava: «Taglierei la testa a quelli che l`€™hanno rivolta all`€™indietro». Per me il passato è una delle poche certezze che abbiamo.
A proposito di passato, lei ritiene di aver raccolto quanto ha seminato?
Non lo so che cosa ho seminato. Non mi sono mai considerato come uno da proporsi come esempio agli altri. Ho cercato, per i miei errori, di avere almeno l`€™attenuante della buona fede.
Vista la sua bella e invidiabile età , dove trova la forza per lavorare così tanto e sempre con entusiasmo? Ha qualche segreto da suggerire ai nostri lettori?
Segreti no. Mi piace il mio mestiere; gran parte della mia vita è coincisa con il mio lavoro. Cerco di continuare così: con curiosità , con passione. Verrà  il momento di scendere dal ring. Spero di farlo con le mie gambe. E di capire il momento nel quale non ho più niente da dire. O magari non sono più capace di ascoltare.
Lei ha ancora molto da dire`€¦ Le chiedo: quale persona in particolare, tra tante persone incontrate, ha lasciato un segno nella sua vita?
Albert Bruce Sabin, lo scopritore del siero antipolio. Era un uomo che non aveva una fede religiosa precisa, ma credeva nel bene. Ha scoperto quelle gocce da mettere nelle zollette di zucchero e ha dato ai bambini la sicurezza di poter correre nel vento. Non ha preso un dollaro. Una grande persona.
Che consigli darebbe a un giovane che volesse intraprendere il mestiere del giornalista?
Cercare di diventare dignitosamente vecchio.
Qual è la virtù che apprezza di più in un politico?
La lealtà .
E il vizio che non sopporta proprio?
L`€™ipocrisia
Dottor Biagi, da esperto del mestiere, che voto darebbe ai giornalisti di oggi?
Non sono in condizione di dare voti. Credo che da un punto di vista tecnico siano molto progrediti`€¦ Questa generazione ha avuto occasioni straordinarie. Ha visto l`€™uomo passeggiare sulla luna. Ha visto cadere il muro di Berlino. La nostra esistenza si è allungata. Si va da Parigi a New York in due ore e quaranta minuti: un`€™emozione che ho provato personalmente`€¦ di consumare il pranzo e di essere arrivati dall`€™altra parte del mondo`€¦ Pensi a Colombo che vede delle alghe e dice: «Terra! terra!`€¦». Tutto è cambiato. Rimangono ancora i principi della morale: «Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te».
Come si pone di fronte alla sofferenza e alla morte?
Probabilmente con paura. Forse con qualche viltà `€¦ Il dolore mi incute soggezione, oltre che rispetto. Anche il dolore degli altri mi colpisce molto.
Se lei dovesse fare un appello ai politici italiani, cosa direbbe in questo momento?
Non promettete quello che non potete ragionevolmente pensare di mantenere. E tenete la vostra contabilità  morale in ordine.
La fede ha avuto un ruolo decisivo nella sua vita? E il dubbio?
Il dubbio l`€™avevano anche i santi. Così pure le tentazioni. Io non sono un buon cattolico, un praticante`€¦ Ma credo che il mio destino sia diverso da quello del lombrico. Magari la società  dei lombrichi è migliore della nostra`€¦ Credo che in ogni uomo ci sia una scintilla di eternità .

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017