Germania. Dalla Val Camonica a Berlino
«I colleghi tedeschi? È difficile stringerci amicizia, ma quando arrivi la mattina ti porgono tutti la mano, ti chiedono come stai e sono attenti alla tua risposta. Ci tengono a creare un bel clima. Ne guadagna la produttività e il piacere di recarsi al lavoro». Cesare Fontana, 34 anni, vive in Germania dal 2011, a Brandenburg an der Havel, 60 chilometri a ovest di Berlino. È capo cantiere presso due differenti siti, entrambi intorno alla capitale tedesca.
Msa. Quale percorso lavorativo l’ha portata a valicare le Alpi?
Fontana. Sono di Pian Comuno, un piccolo paese della Val Camonica, provincia di Brescia. Dopo il diploma da geometra e due anni di tirocinio presso uno studio di architetti, cominciai a lavorare come assistente cantiere per la Semat costruzioni. Giravo per il Nord Italia facendo preventivi, registrando orari e presenze degli operai e svolgendo altre mansioni amministrative. A febbraio 2011 la ditta mi comunicò di avere bisogno di un capo cantiere in Germania per una sostituzione di due mesi. Accettai il trasferimento. Il mio contratto passò a una consociata tedesca, la Btb. Nel frattempo i due mesi si allungarono. In Italia, a causa della crisi del gruppo Riva, con cui la Semat aveva molte collaborazioni, era diminuito il lavoro, e così decisi di rimanere.
Nostalgia dell’Italia?
L’esperienza qui mi sta dando molto, ma da un anno mi sono sposato con una donna che ancora vive nel mio paesino natale. Eravamo amici prima che partissi e, nonostante la distanza, durante le mie regolari visite in Italia è scattato l’amore. Lavora come segretaria presso una ditta e non se la sente di lasciare tutto per raggiungermi. La lingua, le abitudini, la famiglia: è difficile pretendere un trasferimento in Germania, mentre per me in Italia al momento non ci sono opportunità.
Vivere all’estero non è facile.
Mi manca una vita sociale appagante. Nei due cantieri che dirigo al momento vi sono quaranta dipendenti. Sono tutti tedeschi, tranne due portoghesi e cinque italiani, ma anche loro, con cui dovrei avere più confidenza, hanno moglie e figli in Germania, e così, finito il turno, non li vedi quasi più.
Gli aspetti positivi.
Vivere qui mi sta insegnando un altro stile, a essere autonomo e a crescere professionalmente. Vivere con i tedeschi significa abituarsi a puntualità, affidabilità e meticolosità. Rispettano le regole in una maniera a cui noi italiani non siamo abituati.
Gli amici?
Nel 1981 a Pian Comuno sono nati cinquantadue ragazzi. Nessuno, escluso io, vive altrove. Non hanno mai voluto allargare i propri orizzonti. Ogni volta che torno per le vacanze mi chiedono perché io non rientri. Anche per i miei genitori non è semplice. Mio padre ha un passato da agricoltore e muratore, mia madre da casalinga. Non hanno mai viaggiato. Io lo farei di continuo. Forse è anche per questo che vivo in Germania.