Germania. Il fascino di Garrett, nuovo Paganini
Se ancora non conosceste David Garrett e vi capitasse di guardare il film Il violinista del diavolo da lui interpretato un paio di anni fa su Niccolò Paganini, vi domandereste come questo attore abbia potuto raggiungere la padronanza assoluta del violino che dimostra in alcune scene. La risposta è che David Garrett non è un attore bensì un violinista, ex enfant prodige, e che con Paganini, il più grande violinista di tutti i tempi, ha non pochi punti in comune.
Noto in tutto il mondo, questo virtuoso tedesco di origine americana, si è imposto non solo per la bravura con archetto e violino ma anche per la sua eccentricità sul palcoscenico mutuata dal grande artista genovese, che egli considera una «rockstar dell’Ottocento». Paganini, al suo tempo, come artista e come uomo, era talmente fuori dagli schemi che molti ritenevano che avesse venduto l’anima al diavolo. David Garrett, che certamente non condivide questa sinistra nomea, gode comunque di un’aura di mistero, che aumenta il suo fascino di sperimentatore musicale, di equilibrista tra generi finora percepiti come diametralmente opposti: musica classica d’alto livello e contaminazioni pop, rock e metal. Il connubio musica classica-musica moderna, per la verità, è ormai abbastanza di moda, però non tutti riescono a convincere gli appassionati dell’una o dell’altra che il risultato è un genere nuovo e di tutto rispetto. Garrett passa con disinvoltura e naturalezza da un capriccio di Paganini a un brano di Michael Jackson. Grazie ai suoi arrangiamenti, batterie e bassi fanno il loro ingresso sul palcoscenico di teatri tradizionalmente «seri», attirando anche tanti giovani.
In un recente tour in Italia lo scorso marzo, con tappa a Torino presso l’Auditorium della Rai e al San Carlo di Napoli in cui si è esibito con l’opera 77 per violino e orchestra di Brahms, ha convinto anche i raffinati ascoltatori di Radio Rai che, al di là di un’esteriorità un po’ trasgressiva, c’è il talento di un eccezionale musicista. Incontrato subito dopo le prove, Garrett è cordiale e disponibile a raccontarsi. Il trentaquattrenne, nativo di Aquisgrana, che suona da quando aveva 4 anni e che a 13 firmava già un contratto con la Deutsche Grammophon Gesellschaft, per molti mesi all’anno è in tournée oppure è in sala di registrazione.
La sua stella ha iniziato a brillare molto presto ma, tiene a precisare, il talento, come già diceva Thomas Edison, va integrato con lo studio. Gli domandiamo se ciò abbia condizionato la sua infanzia. «Non troppo – risponde – perché suonare è sempre stato un divertimento». Tuttavia, pensare che tutto sia stato facile per David Garrett sarebbe un errore. A 17 anni si trasferisce, senza l’approvazione dei genitori, a New York per studiare alla Juillard School. Per mantenersi fa l’indossatore. Ha dalla sua anche un fisico di grande effetto scenico. Se Niccolò Paganini vestiva di nero, la scelta di Garrett ricade su jeans strappati e stivali militari, lontani dai normali frac di rito. A proposito del film che ha coprodotto e di cui ha scritto la colonna sonora, commenta senza esitazioni: «Non penso che reciterò ancora anche se è stata un’esperienza interessante».
Il presente di David Garrett è dedicato alla diffusione della musica classica tra i giovani. «L’educazione musicale – aggiunge – deve essere incentivata perché, insieme allo sport, alla filosofia e ad altre discipline, permette di rendere la mente più ricettiva». Garrett ha ricevuto un enorme dono di natura che ha saputo trasformare in linguaggio musicale ed emotivo, trasversale a tutte le età, gusti e livelli culturali. I suoi concerti sono un’esperienza sonora e visiva: si sposta sul palco come un attore, interagisce con il direttore e gli altri orchestrali, si rivolge al pubblico anche durante i tempi di un’opera, rendendo l’atmosfera festosa e intima.
Alla domanda su cosa farà da grande, Garrett risponde in modo non del tutto scontato: «Non so se suonerò sempre il violino. Per adesso quello che faccio mi entusiasma».
E non ci pensa neppure, questo sì a differenza di Paganini, di rifiutare un bis.