In Gesù un destino di pace
«Chi chiude gli occhi sul passato, è cieco al presente». Parole di Carl von Weizsaecker, primo presidente della Germania, Paese dal passato particolarmente ingombrante nel secolo che si sta chiudendo. È un secolo che ci invita alla speranza o alla disperazione? Di sicuro, è un secolo dalle dissonanze stridenti. Fare i conti con esso, ad esempio, significa mettersi a fare la conta. Dei morti ammazzati. Di quelli che potevano esserci e non ci sono, perché la loro vita, che avevano diritto di vivere pienamente e fino in fondo, è stata interrotta con la violenza da altri uomini.
I calcoli sono approssimativi, comunque eccoli. Nel nostro secolo, i morti a causa della guerra sono stati 160 milioni. A questi, vanno aggiunte le vittime per motivi politici, 170 milioni. E fanno 330 milioni di massacrati. Ma solo di recente si comincia a scrutare là dove nessuno, finora, aveva potuto, o voluto, guardare. Mao avrebbe ucciso - ma è una stima minima - 80 milioni di cinesi suoi connazionali, 60 per motivi politici, 20 a causa della ristrutturazione del lavoro interno. E siamo a 410 milioni.
I morti a causa della guerra e della politica nel solo nostro secolo superano i morti di tutti i secoli precedenti. Il Novecento è dunque stato il secolo più barbaro e sanguinario della storia, con pochi margini apparenti per la speranza. Eppure...
Eppure i segnali di pace li abbiamo visti, tanti, mai così forti. Il Novecento è il secolo della nascita dell Onu: per la prima volta, le nazioni hanno cercato di dialogare e trovare un accordo, prima di scannarsi. È stata definitivamente abolita la schiavitù e moltissimi passi sono stati compiuti per eliminare ogni forma di discriminazione razziale. È il secolo dell'emancipazione della donna e della sconfitta di malattie che per millenni avevano mietuto innumrevoli vittime. Oggi, nessuno più si sogna, legalmente, di usare i bambini nelle fabbriche per dodici ore al giorno, come accadeva ancora nell'Ottocento. E se lo fa è perseguibile.
Il Novecento è il secolo della «Dichiarazione dei diritti dell'uomo» e dell«invenzione» dell'ecumenismo e del dialogo interreligioso: nessuno più può farsi schermo della fede per giustificare le proprie follie omicide.
È il secolo in cui abbiamo subìto e sconfitto l'idolatria totalitaria, salvo poi accorgerci che un'altra «idolatria», quella del mercato e dei consumi, rischia di prenderne il posto, in modo più subdolo, nelle nostre vite. In ogni caso, è un secolo che ci lascia innumerevoli segnali di speranza.
Per chi li sa e li vuol cogliere, naturalmente. Questa, però, dovrebbe essere una virtù tipicamente cristiana. Accanto a un'altra. In questo secolo, abbiamo anche imparato che la violenza, la morte e la disperazione sono figlie della povertà , dell'ignoranza e dell'ingiustizia. Le prove sono innumerevoli. La seconda «virtù» dei cristiani è dunque la capacità , la voglia, la determinazione di lottare e combattere senza tregua povertà , ignoranza e ingiustizia, vicine e lontane da noi, senza differenza. La speranza si coltiva nel cuore e nella mente, e si costruisce nella storia. Gli uomini che sperano, operano.
La parola di Dio
di Rinaldo Fabris
La lettera circolare inviata a nome di Paolo alle Chiese dell'Asia - «lettera agli Efesini» - si apre con una grande «benedizione» rivolta a Dio «Padre del Signore nostro Gesù Cristo». In questa formula, si esprime la fede della prima Chiesa che riconosce Dio come fonte di ogni bene e, soprattutto, della salvezza che viene donata a tutti i credenti per mezzo di Gesù Cristo, suo Figlio. Infatti, il tema della preghiera viene annunziato in questi termini: «Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo».
La benedizione spirituale, che risale all'iniziativa gratuita ed efficace di Dio Padre, culmina nel dono dello Spirito Santo, il sigillo del cammino di salvezza e la caparra del suo compimento futuro. Uniti a Gesù Cristo mediante il battesimo, i credenti sono già insediati nei cieli, cioè nel mondo di Dio dove egli è entrato con la sua risurrezione.
In uno sguardo di contemplazione si passano, quindi, in rassegna le tappe in cui si dispiega l'azione benefica di Dio. Questa è la «gloria» di Dio Padre che viene riconosciuta e proclamata nella preghiera di lode, come lascia intuire il ritornello che scandisce le strofe di questa composizione poetica: «A lode e gloria della sua grazia».
La prima tappa del processo di salvezza, che risale all'amore benigno e donante di Dio Padre, è l'elezione in Cristo, il Figlio diletto: «In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità , predestinandoci a essere suoi figli adottivi». La radicale gratuità dell'iniziativa di Dio a favore dei credenti è rimarcata dall'espressione: «Prima della creazione del mondo». L'amore di Dio che sceglie i suoi figli precede l'intera realtà creata. Anzi, si può dire che l'opera della creazione è subordinata al progetto della salvezza. La gratuita elezione di Dio sta all'origine dello statuto di consacrazione e santità dei credenti, chiamati a essere «santi, immacolati nella carità » davanti a lui. In altre parole, l'amore che rende santi e immacolati gli eletti è un dono di Dio Padre. L'iniziativa di Dio ha lo scopo di costituire i credenti «suoi figli adottivi». Essi sono resi partecipi della condizione filiale di Gesù Cristo, il Figlio diletto o unico.
La seconda tappa del processo salvifico che parte da Dio Padre è la redenzione. Questa si realizza in Gesù Cristo, il Figlio amato «nel quale abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, la remissione dei peccati». Nella morte di Gesù, viene tolto l'ostacolo all'incontro degli esseri umani con Dio Padre. Il sangue di Gesù Cristo, come simbolo della vita, sigilla l'alleanza con Dio. Ma esso richiama anche la morte violenta, che Gesù ha affrontato per restare fedele a Dio. Infatti, nella morte in croce, Gesù ha disinnescato e tolto l'ostilità che divideva gli uomini. Egli è diventato la nostra pace perché ha fatto dei due popoli divisi - ebrei e greci - un solo popolo, «abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l'inimicizia» (Ef 2,14). Per mezzo della croce, egli «ha riconciliato tutti e due con Dio in un solo corpo distruggendo in se stesso l'inimicizia». Tolto così l'ostacolo del peccato che divideva gli uomini tra loro e con Dio, Gesù Cristo rende pensabile l'incontro di tutti gli esseri umani con Dio Padre in un solo Spirito (Ef 2,18).
La terza tappa del cammino di salvezza è la rivelazione del «mistero» di Dio. Anche questa iniziativa gratuita corrisponde alla «ricchezza della sua grazia», che «egli ha abbondantemente riversata su di noi con ogni sapienza e intelligenza». Il «mistero della sua volontà » non è altro che il disegno di salvezza che dipende dalla decisione libera ed efficace di Dio. Egli, infatti, ha predisposto di realizzarlo «nella pienezza dei tempi» cioè in Gesù Cristo che porta a compimento la storia di salvezza a favore di tutti gli uomini. Questo disegno di salvezza, un tempo nascosto e inaccessibile, ma ora manifestato e fatto conoscere, consiste in questo: «Ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra». Il disegno di Dio Padre che vuole dare unità e coesione a tutta la realtà creata, a partire dagli esseri umani riconciliati, ora ha un volto e un nome. Si chiama Gesù Cristo. Egli, infatti, è stato costituito su tutte le cose Capo della Chiesa, la quale è il suo corpo, «la pienezza di colui che si realizza interamente in tutte le cose» (Ef 1,23). In altre parole, Dio, che ha risuscitato Gesù Cristo dai morti, lo ha costituito Capo della Chiesa. Egli, perciò, è la fonte di unità di tutti i credenti. Attraverso questo centro di unificazione degli esseri umani, l'azione benefica di Dio Padre si riversa sull'intera creazione. Perciò, i cristiani battezzati che fanno esperienza dell'azione unificante dell'unico Signore e dell unico Spirito, sono in grado di riconoscere e proclamare che c'è «un solo Padre di tutti, che è al di sopra di tutti e agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti» (Ef 4,6).
Catechismo degli adulti di Il mondo creato, l'evolversi della storia, l'origine e il destino del mondo non cessano di essere fonte di domande anche per l'uomo d'oggi. La storia ha un senso? Ha una direzione e una meta? Oppure siamo in balìa del caso? Nell'avvenimento della Pasqua, gli apostoli e la Chiesa dei primi tempi, illuminati dallo Spirito Santo, hanno intravisto... il progetto di Dio sull'uomo e sul mondo. «La storia obbedisce a un disegno di amore, nascosto da secoli nella mente di Dio& attuato in Cristo Gesù» (Ef 3,9. 11). Dio ha voluto condividere con altri la sua vita. Ha creato gli uomini per introdurli nella comunione trinitaria: «In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità , predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà » (Ef 1,4-6) (Catechismo degli adulti. [CdA] 353). Secondo la rivelazione cristiana, Dio dirige tutte le cose alla loro perfezione definitiva. «Il Padre veglia con premurosa sollecitudine su tutti e su ciascuno. Dal principio alla fine, la Bibbia attesta la coerente attuazione del suo mirabile disegno di salvezza& Il credente sa di poter andare avanti con fiducia: «Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla& » (Sal 23,1) (CdA 369).
Lo scandalo del male Ma se siamo nelle mani di Dio Padre, da dove viene tutto il male che c'è nel mondo: guerre, violenze, divisioni? Perché i giusti e gli innocenti soffrono, mentre i malvagi trionfano? Siamo così in forza della nostra stessa natura o lo siamo diventati (CdA 370)? A queste domande la tradizione biblica dà una risposta precisa: il male trova la sua origine nei limiti naturali del creato e dell'uomo, ma soprattutto nel peccato che coinvolge tutta l'umanità in una misteriosa solidarietà (cf. CdA 372-375). Il male che c'è dentro di noi e attorno a noi trae origine dalla presunzione del-l'uomo di bastare a se stesso, di essere l'unico giudice del bene e del male, di contare unicamente sulle proprie forze e di potersi sbarazzare di Dio. Ma, una volta separato da Dio, l'uomo resta in balìa di se stesso e, nel tentativo di prendere il posto di Dio, cerca di sopraffare gli altri e di asservirli alla propria autoesaltazione. Paolo VI ha riassunto così il mistero del male che c'è nel mondo: «Senza dubbio l'uomo può organizzare il pianeta Terra senza Dio, ma senza Dio egli non può alla fine che organizzarlo contro l'uomo» (Populorum Progressio 42). Ma Dio non ci ha lasciati soli: si è affiancato a noi, intessendo con noi una storia di salvezza e manifestando nella persona di Gesù Cristo la sua volontà di riconciliazione e di comunione. «Dio non impedisce il male, ma ne trae il bene. Il suo atteggiamento si rivela definitivamente nella croce di Gesù Cristo. Egli ama appassionatamente gli uomini, fino a prendere su di sé il peso della loro miseria, come fosse la propria» (CdA 376). Con Gesù Cristo, Dio Padre si presenta come il «Riconciliatore» universale. Perciò, secondo la concezione cristiana, la storia si articola in tre momenti: - Dio crea nel bene l'universo e l'uomo (fase dell'unità e della pace iniziale); - l'uomo rifiuta Dio e si costituisce principio autonomo della propria vita; così il peccato entra nel mondo e contamina la storia (fase della rottura, della divisione, della guerra); - Dio Padre, per mezzo di Cristo, riconduce l'umanità all'armonia e alla pace primordiali (fase finale chiamata «riconciliazione»).
Cristo nostra pace Gesù Cristo è un segno e strumento di riconciliazione. Egli promuove la pace con i gesti e le parole, rapporti di fraternità . Abbatte gli steccati, le separazioni, le divisioni presenti tra la sua gente; fa esplodere le contraddizioni e le situazioni di ingiustizia e di violenza attraverso la solidarietà totale verso i poveri, gli esclusi, gli emarginati. La sua vita, donata fino a morire per noi, realizza la «nuova alleanza» e offre all'umanità la possibilità di ricostruire una vita di comunione. Egli entra come salvezza e liberazione fino nelle nostre relazioni interpersonali e si fa solidale con noi perché noi siamo capaci di solidarietà con i nostri fratelli. «Il Verbo fatto carne manifesta pienamente nella storia l'amore gratuito e misericordioso del Padre. Compie l'attesa delle passate generazioni... Attua sulla terra l'opera della riconciliazione attraverso la mediazione della Chiesa, costituita segno efficace e pubblico della salvezza& Fa crescere ovunque, anche fuori dei confini visibili della Chiesa i valori di autentica umanità » (CdA 403). Secondo una nota espressione di san Paolo, Cristo è colui che «ricapitola» in sé tutte le cose e tutte le persone (cf. Ef 1,10), perché le rigenera, le perfeziona, dà loro senso e le congiunge in unità . In Cristo tutta l'umanità trova il suo centro di unità : «Piacque a Dio di far abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose» (Col 1,15) (cf. CdA 356).
Un mondo riconciliato nell'amore Quali sono gli ambiti in cui Dio, per mezzo di Cristo, realizza la riconciliazione? - Anzitutto, Dio riconcilia l'uomo con se stesso: la grazia di Cristo riconcilia l'uomo a se stesso, lo fa camminare verso l'armonia di tutte le sue parti, superando le sofferte lacerazioni tra volere e fare, tra spirito e carne, tra istinti e ideali. - In secondo luogo, Dio promuove la riconciliazione fra gli uomini: la pace tra fratelli è l'impegno che qualifica il cristiano, per il superamento di tutti gli steccati, fino a far sì che si amino tra loro perfino i «nemici», il lupo e l'agnello. - In terzo luogo, Dio promuove la riconciliazione tra uomo e cosmo: l'universo non deve apparire più un nascondiglio di aggressori o un luogo da devastare, ma deve apparire «solidale» con la nostra sorte, riconciliato con noi e noi rispettosi e riconciliati con lui. - Infine, ed è l'aspetto più importante, la riconciliazione mette pace tra l'uomo e Dio: l'uomo può vivere finalmente da «amico», da «figlio», da «familiare» di Dio. Dio Padre riconduce tutto a unità , senza annullare o livellare i valori e tanto meno i soggetti umani. Anzi, solo Dio può portare pace, perché solo lui può vincere veramente il peccato e perdonarlo; e solo lui può unificare e riconciliare fra loro realtà tanto diverse che spesso sembrano opposte e inconciliabili.
La Chiesa strumento di riconciliazione Dio Padre conduce oggi quest'umanità riconciliata verso una progressiva comunione di vita mediante il Corpo di Cristo, che è la Chiesa animata dal dono del suo Spirito. La comunità dei credenti è presentata, fin dalle origini, come un segno di comunione e di riconciliazione (2 Cor 5,19-20). «Lo Spirito Santo chiama la comunità dei nuovi credenti ad aprirsi a tutti i popoli, a farsi tutta a tutti, a diventare segno e strumento dell'unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano» (LG, 1), a essere luogo di unità , a prefigurare l'«umanità ricapitolata in Cristo» (cf. CdA 403). La Chiesa adempie questa missione di riconciliazione, convertendo innanzitutto se stessa dalle sue fratture interne, dalla compromissione con le potenze del mondo, dall'integrismo, dalle sue chiusure, dall'attaccamento fanatico alle tradizioni e istituzioni umane. La adempie mediante la sua missione profetica: lo Spirito Santo la chiama ad alzare la voce con coraggio contro le ipocrisie, i compromessi, le varie forme di divisione e di violenza, a prendere posizione sempre più decisamente contro la guerra, la tortura, il terrorismo, la mafia, le discriminazioni razziali, sociali, religiose, ideologiche. La Chiesa adempie la sua missione di riconciliazione, valorizzando e sostenendo attivamente quell'esigenza di pace, sentita oggi più che mai come «ultima occasione di civiltà » e impegnandosi in tutti i modi in questa tensione per la comunione. Collabora a edificare un'umanità riconciliata quando, celebrando il sacramento della riconciliazione, annuncia e comunica l'amore misericordioso di Dio: un amore creativo, che cambia il cuore dell'uomo e salva nel peccatore perfino quanto della sua esperienza di peccato può essere volto in crescita personale e in dilatazione del bene. Inserito in questa corrente di riconciliazione, ogni cristiano è chiamato a diventare fermento di comunione e lievito nel mondo in vista dell'unità . Per rispondere a questa vocazione, egli è chiamato a salvaguardare il primato delle persone sulle cose, dell'essere sull'avere, della condivisione sul possesso; è chiamato a comporre le divisioni, pagandone il prezzo inevitabile, che non è quello facile dell'odio o della vendetta, ma quello dell'amore e del perdono cristiano.
L'annuncio del Padre in una società senza padre La Chiesa ci invita quest'anno ad approfondire il nostro rapporto con il Padre celeste. Non possiamo, però, ignorare una difficoltà «culturale» che ci sollecita a una previa purificazione del concetto di padre. La psicoanalisi da molto tempo va denunciando le ambiguità della figura paterna nella nostra millenaria cultura, figura che veicola simboli, sentimenti e atteggiamenti contrastanti: da una parte, avvertita come simbolo positivo di aiuto, orientamento, protezione, sicurezza; dall'altra, come evocazione negativa di dominio, costrizione, come una presenza ingombrante per la libera espansione della personalità del figlio. Nella cultura del nostro secolo, l'accento è comunque caduto prevalentemente sui fattori negativi, così che si è operata una vera detronizzazione del «padre» (vi ha contribuito anche un certo femminismo) nella famiglia e nella società . Certo, non mancano giustificazioni alla critica di un certo «principio paterno», quello che ha generato e sostenuto per secoli una società paternalista, maschilista, patriarcale, autoritaria. Per reazione, con il rigetto del padre-padrone, si è giunti al rifiuto indiscriminato del padre, aspetti positivi compresi. Siamo così giunti ad una «società senza padre», che sta pagando (a caro prezzo) questa liberazione con il disorientamento. Si tratta ora di ricuperare il significato autentico del simbolo paterno, per noi cristiani fondato non tanto sull'esperienza psicologica e storica della paternità , piena di differenze e contraddizioni (si pensi al celebre caso di Francesco d'Assisi che rifiuta il padre terreno per il Padre celeste, conquistando così la sua libertà ), quanto sull'esperienza unica, ma di valore universale, che è l'esperienza di Cristo nel suo rapporto personale con il Padre. Questo rapporto è al centro della vita e della missione di Gesù dalla fanciullezza: «Non sapevate - risponde ai genitori che lo ritrovano al tempio - che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (Luca 2,49). Perdura in tutta la sua opera: «Il mio cibo è fare la volontà del Padre mio» (Giovanni 4,34), anche nei momenti più difficili, nell'orto degli ulivi quando, dopo aver pregato il Padre di allontanare il calice della croce, conclude «Sia fatta la tua, non la mia volontà » (Marco 14,36). Adesione alla volontà del Padre che culmina sul Golgota: «Padre, nelle tue mani mi affido» (Luca 23,46). Per Gesù, il rapporto con il Padre è stato fonte di vita e di azione. Non ha mortificato ma esaltato l'originalità di Gesù, dilatando all'infinito la sua coscienza e la sua capacità di amore e di dedizione a tutti i fratelli. Dall'intimo del suo rapporto unico con il Padre scaturisce la preghiera che Gesù insegna ai suoi discepoli, il Padre nostro, una preghiera piena di amore fiducioso, di adesione alla sua volontà di salvezza, di apertura agli altri e di disponibilità al perdono e alla riconciliazione, condizioni indispensabili per la ricostruzione della fraternità infranta. Riconoscere Dio come Padre non è, così, impedimento al nostro essere uomini liberi, ma ne è la garanzia più solida, perché ci fa sentire tutti fratelli, spingendoci a uscire dalle gabbie dell'egoismo, delle separazioni, delle conflittualità che hanno finora avvelenato e insanguinato la storia dell'umanità . Un esempio luminoso della forza liberante del riconoscimento della paternità di Dio ci viene da Francesco d'Assisi, che su questa esperienza che dilata il suo cuore, vissuta come adesione a Gesù Cristo, che ci consente di vivere come «figli nel Figlio», fonda la sua apertura a tutto il creato, abbracciato con sentimento fraterno universale
Nonostante il male
di Giacomo