Gli schiavi bambini
L'orrore quotidiano chiamato Guerra non deve farci perder di vista la galassia dei nostri peccati: i peccati del cosiddetto mondo postindustriale, orgoglioso delle sue conquiste tecnologiche, traviato da un vero e proprio complesso di Prometeo.
Sinanco i cuori di pietra si mortificheranno (qualcuno proverà anche sincero dolore) apprendendo che, secondo l'Istat, in Italia i bambini tra i sette e i quattordici anni che lavorano assommano a 144 mila 285. Codesti dati riguardano il 2002 e vengono loro di rincalzo i dati (tremendi) d'una ricerca Ires-Cgil secondo la quale il numero dei bimbi sfruttati oscillerebbe fra i 360 mila e i 400 mila. Che fare?
Qualcuno si sta muovendo, ad esempio l'Associazione (International Confectionery Association) - forte, diffusa-mondiale -, che raduna quattromila aziende produttrici di cacao, fra cui la nostra benemerita Ferrero. Il presidente dell'associazione, il danese Hans Rysgaard, fa sapere come a partire dal primo luglio del 2005 una certificazione garantirà che il cioccolato che mangiamo non sarà prodotto in piantagioni che sfruttano il lavoro minorile.
Codesta impegnativa dichiarazione è stata resa durante i lavori drammatici del Congresso mondiale sul lavoro dei minori: Children's World Congress on Child Labour. Congresso ideato, organizzato e svolto grazie all'impegno della Regione toscana col supporto di Mani Tese, e dei nostri Sindacati confederali. Il Congresso s'è svolto a Firenze e ad aprirlo è stato un drappello, invero multicolore, di giovanissimi percussori di drums.
In tutto il mondo, pensate, i minori costretti al lavoro - un lavoro da schiavi, diciamolo -, sono 246 milioni, pari al 18,5 per cento di tutta la popolazione minorile; insomma ne lavora uno su sei. Di più: 10,8 milioni lavorano a rischio e tra gli 8 e i 20 milioni sono preda della piovra prostituzione-stupefacenti.
Tra i bambini presenti a Firenze, quell'attenta cronista ch'è Sonia Ronzini ha raccolto tutta una serie di testimonianze, incredibili nella loro terribilità , rivelandoci che persino nei ricchi e boriosi Stati Uniti del presidente Dabliù Bush c'è chi sfrutta il lavoro dei piccoli. Ecco la testimonianza di Dora, 16 anni, (Texas): Lavoro insieme con la mia famiglia nei campi, da quando ero piccolissima. Continuerò anche dopo questo Congresso: è necessario perché i miei genitori non ce la farebbero a pagare le rate della casa e a mantenermi anche agli studi. Io lavoro durante le vacanze scolastiche e due settimane prima del loro inizio. È un lavoro duro: comincia alle 5 del mattino e va avanti fino a sera tardi. Camminiamo molto e nella giornata siamo esposti a diversi pericoli. Pesticidi, serpenti, scorpioni e in più il machete; infatti, una volta mi sono ferita con quella lama in modo profondo a un piede. Per fortuna il lavoro mi ha fatto avere una istruzione sicché posso dire ai miei figli questo: ragazzi, bambini miei, voi non lavorerete mai sino a quando non avrete l'età giusta per farlo.
Davanti a parole così si rimane umiliati. E ammirati nello stesso tempo: non vi sembra veramente cristiano il linguaggio di questa giovine mamma texana che sfianca la sua povera vita affinché i suoi figli non diventino schiavi come lei? E che accetta semplicemente, castamente vorrei dire, la sua infame condizione umana: così, senza retorica, né invettive.
Se mi è consentito, vorrei dire, con umiltà , che nella testimonianza di Dora, il Vecchio Cronista legge in filigrana il messaggio di Gesù. Egli, il Cristo, ci esorta al dialogo, che non è solo fatto di parole bensì di sentimenti, di opere. Il dialogo è innanzitutto condivisione.