Gran Bretagna. La «Commedia» più attuale
Ha oltre settecento anni ma non li dimostra. Parliamo della Divina Commedia, l’opera più letta al mondo dopo la Bibbia, secondo uno studio dell’Online computer library center. Un primato geografico oltre che storico, considerato che il capolavoro di Dante Alighieri, da quando fu composto agli inizi del XIV secolo, ha impegnato fior fior di studiosi, ed è stato tradotto nelle più disparate lingue, comprese il gaelico irlandese e l’esperanto.
L’ultimo che al «poema eterno» – e alla sua traduzione in inglese moderno – ha dedicato addirittura dieci anni di lavoro è John Gordon Nichols, studioso di letteratura italiana. Lo scorso novembre, questo cultore delle lingue romanze ha presentato all’Istituto italiano di cultura di Londra una nuova traduzione della Divina Commedia (edita da Alma classics) nella lingua anglosassone. Lungi dal proporre l’ennesima rilettura aulica dell’opera, lo studioso ha tentato di renderla più comprensibile. Prima di lui, anche alcuni noti personaggi italiani si erano posti lo stesso obiettivo: uno su tutti, il comico Roberto Benigni, la cui interpretazione della Divina Commedia ha ottenuto, negli ultimi anni, enorme successo. «Per riprodurre l’opera dantesca – spiega John Gordon Nichols – serve un’ottima base teologica, oltre che linguistica, filologica e storica. Ora vorrei che quest’ultima traduzione uscisse dalle biblioteche e dalle aule universitarie, per raggiungere una vasta gamma di lettori». Un proposito ambizioso, ma non irrealizzabile. A maggior ragione se si considera l’abbondanza di scandali e la scarsità di valori della realtà in cui viviamo, non troppo dissimile da quella che già l’Alighieri nel Trecento tentò di affrescare. Basta leggere qualche verso dell’Inferno, del Purgatorio o del Paradiso per rendersene conto: le perle di saggezza che s’incontrano sembrano rivolgersi anche al lettore moderno, intrappolato in una selva di messaggi contorti e contraddittori.
Il lavoro di Nichols, dunque, è stato quello di riattualizzare un’opera già di per sé attuale nei contenuti. «Ho utilizzato un inglese fruibile dal grande pubblico, che conosce l’arte, l’architettura e la moda italiana ma ha poca dimestichezza con l’enorme patrimonio letterario del Belpaese – continua lo studioso –. Il risultato è un’opera meno rigorosa nelle rime, ma ricca della stessa vigorosità originale». Se è vero che il mestiere del traduttore implica la nascita di forti legami col testo da tradurre, Nichols non fa eccezione: «L’importante è essere sulla stessa lunghezza d’onda dello scrittore – osserva lo studioso –, anche se non è necessario condividerne ogni idea». Perché in fin dei conti, quando Dante, nel XIV secolo, compose la Divina Commedia, non pensò solo ai lettori eruditi del suo tempo, ma anche a tutti i posteri che avrebbero definito il suo tempo «antico».