I naziskin, codardi che si credono eroi
Adesso non si fanno più tanto vedere in giro per Roma. Escono di notte, come i ratti, corrono nella squallida periferia postlittoria a bordo di scassate motociclette cui han sfondato la marmitta affinché rimbombi come quella delle potenti Guzzi della Polstrada. Vanno in cerca di muri da imbrattare. Non sono i graffitari bensì i naziskin. Io non credo che dietro le bombe «strane» delle ultime settimane, messe per esplodere rovinosamente un po` dappertutto, segnatamente nel Veneto, ci siano i naziskin. Può darsi che ci siano ANCHE loro ma è certo che le scritte antisemite si debbano solamente ad essi, ai naziskin, dico. Somigliano sinistramente a quelle che hanno infangato, a suo tempo, il settore ebraico del cimitero di Prima Porta ovvero l`edificio di Via Tasso (sempre a Roma) dove le SS torturavano, sino alla morte, i patrioti romani della Resistenza. Ma perché lordano la Stella di David? Perché scrivono con le bombolette spray «Arbeit macht frei», il lavoro rende liberi, riproponendo l`infame scritta derisoria, dettata da Himmler, che campeggiava all`ingresso dei campi di sterminio? Perché?
Figli di brava gente, i naziskin, quando la polizia li ferma o li arresta piangono. Non riescono a motivare le loro imprese sciagurate. E se li interrogano sul ciarpame ideologico che riempie i loro «covi», spesso non sanno rispondere giacché non sanno. Nell`inverno del 1996, dopo lo sfregio al cimitero di Prima Porta, un vice commissario di Polizia scoprì, interrogando un «gerarchetto» dei naziskin, che quel ragazzo alto, muscoloso, tatuato, i capelli metà rasati, metà a criniera, aveva letto Nietzsche ed Evola «più volte» ma confessava di non aver capito «quello che veramente volevano dire». Testuale.
Al pari di quegli idioti che gettavano massi dal cavalcavia (ricordate?) ammazzando innocenti, colpevoli soltanto di possedere «qualcosa» (un`automobile) che loro, quelli del cavalcavia, oscuramente invidiavano, i naziskin praticano quello che i sociologi definiscono «l`eroismo dei codardi», sicché cercano nell`Altro il capro espiatorio del loro malessere urbano. Verosimilmente sono vittime di una duplice incapacità : quella di vivere con gli altri, quella di vivere soli. Paradossalmente i naziskin si vogliono «romani-doc» rivendicando una sorta di diritto a castigare, a mortificare i «non romani», vale a dire gli immigrati, gli ebrei. Non sanno, gli ignoranti, che proprio gli ebrei sono i romani veraci insieme con gli abitanti della Città del Vaticano. Quella romana è la comunità ebraica più antica del mondo, gli ebrei giunsero a Roma prima della nascita di Gesù.
Un lettore mi ha scritto: «Caro Igor, speriamo che questa guerra non ci renda cattivi». Temo che questa nobile speranza sia destinata a sfarinarsi. Ogni guerra è funesta, è una orrenda stella cometa la cui coda venefica cerca di oscurare quella che illuminò il primo vagito di Gesù Bambino. Rischia davvero di incattivirci. Il suo lezzo infernale ha spaccato l`Europa, a nulla sono valsi gli appelli del Papa. Incattivirci: non osando attaccarlo direttamente, nuovi farisei ostentano «compatimento» per il Profeta postmoderno venuto dal freddo, lui, Karol Wojtyla.
E si rifanno accusando coloro che rifiutano la guerra di essere complici di Saddam, antiamericani, antisemiti. E qui va detto che l`82 per cento di italiani contrari alla guerra, gridano NO non certo per (presunto) antiamericanismo ma perché sanno che «la guerra è un`avventura senza ritorno». Di più: gli italiani temono che questa non sia l`ultima guerra e si ribellano all`idea di una sorta di ergastolo bellico fitto di guerre senza fine mai.