Il cappellano e i macellai
Da più di un secolo sono tra le componenti più caratteristiche della multiforme vita della Basilica. Avvolti nei loro inconfondibili mantelli azzurri, i macellai padovani si sono associati in Pia Unione, non in difesa dei loro commerci, bensì di valori spirituali più alti.
Dal presbiterio i macellai partecipano alle celebrazioni liturgiche del Santuario. Nelle processioni all’interno della chiesa sfilano, preceduti dal «mazziere», portando sulle spalle la statua dell’Immacolata o di altri santi. Durante la tradizionale processione per le vie della città, il 13 giugno, se i capricci del tempo lo consentono, sono loro a portare a spalla il prezioso reliquiario con il mento del Santo.
Che cosa lega i macellai padovani al Santo della loro città? A rigor di storia, nulla. Sant’Antonio, per quel che si sa, non ha compiuto a favore di uno di loro un prodigio tale che giustifichi tanta devozione. La stessa associazione ha origine altrove trovando in seguito, sotto le cupole della Basilica antoniana, il luogo giusto in cui manifestarsi e crescere. Da allora questo avviene grazie a un frate che li guida e li accompagna. Al momento l’incarico è svolto da padre Enzo Piovesan, «officiatore» del Santuario con delega a cappellano della Pia Unione. «Tanta vicinanza al Santo e alla Basilica – dice padre Enzo – ha reso i macellai padovani grandi amici della famiglia antoniana e, in alcune occasioni, preziosi collaboratori».
A contatto con la sofferenza
Padre Enzo, 48 anni, trevigiano di Caselle di Altivole, è entrato in convento dopo il servizio militare. Novizio a Padova, ha completato la formazione nel convento-parrocchia di San Francesco, a Trieste, dov’è stato ordinato sacerdote e ha svolto il suo primo ministero come cappellano. È stato superiore della comunità religiosa di San Pietro di Barbozza, sulle colline di Valdobbiadene (Treviso). In questo luogo si trova una casa di accoglienza e cura per frati anziani o malati.
Qui padre Enzo ha trascorso undici anni, nel quotidiano contatto con la sofferenza e la fragilità, ma anche con la ricca esperienza di confratelli che hanno vissuto con impegno, pur tra difficoltà e debolezze, la loro consacrazione a Dio.
Tra i tanti ricordi di confratelli accompagnati all’incontro definitivo con il Signore, racconta quello di padre Tarcisio Ballan, colpito ancor giovane da un male incurabile, dopo aver svolto parte del suo ministero tra gli operai di Marghera (Venezia). «Dopo essersi ammalato, padre Tarcisio domandò di essere accolto nella casa di Barbozza. Quando arrivò, gli chiesi di guidarmi un po’ nel mio lavoro. Schivo e riservato, padre Tarcisio non si sbilanciò più di tanto. Però, negli ultimi giorni, mentre lo assistevo, mi disse: “Non ti ho aiutato granché, ma ho osservato quello che facevi e ho visto che lo facevi bene”».
Il successivo incarico è tra i malati dell’ospedale di Camposampiero (Padova), dove rimane per quattro anni. Da lì, nel settembre 2009, approda in un diverso ospedale, la «Clinica spirituale» (così la definì Paolo VI) della Basilica del Santo.
«Qui si affrontano le malattie dell’anima e dello spirito, più difficili da guarire di quelle del corpo. Spesso ti chiedono aiuto persone intrappolate dentro fallimenti spirituali e umani che non sai da che parte prendere. Non resta che affidarsi a Dio e a sant’Antonio, più esperti di noi in queste faccende. Il loro aiuto fa trovare sempre le parole giuste di conforto e speranza».
Un intreccio di esperienze
Oggi il suo impegno si svolge in Basilica. «Per amare le persone e i luoghi bisogna conoscerli e io, in questo, ho bisogno di tempo per capire. L’importante è voler bene al posto dove si vive, sentirsi in sintonia, in famiglia. Credo di aver cominciato, proprio in questo luogo, a distinguere le cose essenziali da quelle marginali. La Basilica è una realtà grande, viva, che si nutre di molti aspetti; è un intreccio di esperienze. Per molti, travolti da drammi senza rimedio, sant’Antonio rappresenta l’ultima spiaggia, con esiti a volte prodigiosamente positivi. Per me, la Basilica è una palestra, in cui mi alleno a stare al mondo come frate, come uomo e come cristiano. E il confronto con persone ed esperienze diverse mi fa ogni volta capire quanto devo ancora camminare e sudare per sentirmi a posto». L’esperienza con i macellai? «Il mio compito è quello di essere segno della presenza dei frati tra loro, di accompagnarli nelle scelte, di indicare degli orientamenti, in un rapporto di fraterna amicizia, attento alla loro storia e ammirato per il loro impegno».
La Madonnina oltraggiata
L’origine della Pia Unione, come si diceva, non è strettamente antoniana. All’inizio della storia troviamo, infatti, una Madonnina oltraggiata. L’immagine sacra si trovava su un altarino eretto sotto le volte del Salone (il Palazzo della Ragione di Padova), dove molti macellai hanno i loro negozi, quasi a invitare i passanti a fare i bravi figlioli e i macellai a essere onesti. Nel 1866, durante gli ultimi giorni della dominazione austriaca sul Veneto, alcuni soldati di Francesco Giuseppe I, forse alterati da smodate libagioni, profanarono l’immagine. I macellai, al colmo dell’indignazione, decisero di associarsi per riparare l’ingiuria e impedire che simili oltraggi si ripetessero.
Racconta padre Enzo: «Approdata in Basilica, la Pia Unione ha aggiunto all’affetto per la Madonna Immacolata la devozione a sant’Antonio e il conseguente spirito di carità. Più avanti, ha accentuato l’afflato mariano, aderendo alla Milizia dell’Immacolata, fondata da padre Massimiliano Kolbe – il santo martire di Auschwitz – con la quale condivide percorsi di formazione e iniziative, tanto da essere diventata Pia Unione macellai Militi dell’Immacolata». L’associazione conta un centinaio di aderenti. Ha un consiglio direttivo, presieduto da Angelo Canton. Tra i compiti, la redazione di un’agenda che contiene le attività da farsi nel corso dell’anno.
Si tratta per lo più di partecipazioni ai solenni riti liturgici, ma figurano anche momenti di formazione, come ritiri in preparazione del Natale e della Pasqua, assieme ai Militi dell’Immacolata. Immancabile l’incontro annuale di tutta la compagnia, familiari e amici compresi, a Camposampiero, prima attorno all’altare e poi davanti a tavole imbandite. Chiude il simposio una lotteria, che serve a raccogliere fondi per iniziative culturali e di solidarietà.
La Pia Unione non è una nota di colore nelle feste antoniane, ma un’occasione per testimoniare la fede nei luoghi di lavoro e una palestra di solidarietà, in sintonia con lo spirito antoniano. Così, mettendo mano al proprio portafoglio e sollecitando la generosità di altri, i macellai sono riusciti a recuperare oggetti cari alla loro devozione e a contribuire al restauro dell’altare della Madonna del Pilastro, in Basilica. In particolare, dell’affresco trecentesco di Stefano da Ferrara, raffigurante la Madonna con Bambino, molto venerata dai padovani. Hanno poi realizzato un pozzo nello Zimbabwe e contribuito all’acquisto di due fuoristrada attrezzati da ambulanze per il progetto Save Guinea e altro ancora.
Attualmente sono alle prese con i contorni di un altarino, emerso dai restauri dei portici del Salone. Potrebbe essere quello su cui un tempo si trovava la Madonnina oltraggiata. Se così fosse, varrebbe la pena di ricomporlo. Sotto lo sguardo della Madonna, sarebbe più facile vivere le fatiche della giornata da buoni cristiani.
Nel nome di Francesco
Oltre alla novena in preparazione alle celebrazioni per il 4 ottobre, festa di san Francesco, questi gli appuntamenti più importanti del mese:
- il 3 ottobre, alle ore 17.00, Santa Messa con omelia presieduta da padre Andrea Massarin. In serata, alle ore 21.00, celebrazione solenne del Transito di san Francesco, presieduta da padre Enzo Poiana, rettore della Basilica. Il Transito ha inizio in Basilica e si conclude nella vicina chiesa di San Francesco.
- il 4 ottobre, solennità di san Francesco, la giornata inizia alle ore 7.00 con le lodi mattutine; alle ore 10.00, la celebrazione eucaristica presieduta da padre Gianni Cappelletto, ministro provinciale. Nel corso della Santa Messa sono previste le professioni solenni di fra Fabio Turrisendo e fra Michele De Pieri. Le celebrazioni si chiudono alle ore 19.00 con i vespri solenni.
- Domenica 21 ottobre, presso lo Studio teologico, si svolge la Festa missionaria francescana, con la celebrazione della Santa Messa, alle ore 12.15, in Basilica.