Il futuro è una croce

09 Febbraio 2000 | di
   
   
«E VOI CHI DITE CHE IO SIA ?» (MARCO 8,27-33)      

P oi Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo; e per via interrogava i suoi discepoli dicendo: «Chi dice la gente che io sia?». Essi gli risposero: «Giovanni il Battista, altri poi Elia e altri uno dei profeti». Ma egli replicò:«E voi chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Tu sei il Cristo». E impose loro severamente di non parlare di lui a nessuno.
 E cominciò a insegnar loro che il Figlio dell' uomo doveva molto soffrire, ed essere riprovato dagli anziani, sommi sacerdoti, e dagli scribi, poi venire ucciso e, dopo tre giorni, risuscitare. Gesù faceva questo discorso apertamente. Allora Pietro lo prese in disparte, e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i discepoli, rimproverò Pietro e gli disse: «Lungi da me, satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini»

 

Riconoscerlo come il Messia, come il Consacrato, inviato da Dio, vuol dire modellare la nostra vita non sulle sue idee, ma sulla sua persona; vuol dire assumerlo in noi stessi per diventare il prolungamento della sua umanità .

 Il dialogo tra Gesù e i suoi discepoli nei pressi di Cesarèa di Filippo segna una svolta nella trama che Marco ha ricostruito sulla base della tradizione. Questo dialogo e la successiva istruzione di Gesù sono ambientati nell estremo nord della Galilea. La città  che Erode Antipa ha ricostruito in onore di Cesare si trova ai piedi del monte Hermon, non lontano da una delle sorgenti del Giordano. La località  oggi si chiama Banias, una storpiatura del nome del dio Pan, protettore delle sorgenti e dei boschi.
In quest ambiente, lontano dalla folla, Gesù chiede ai discepoli: «Chi dice la gente che io sia?». Questo interrogativo riassume la prima parte del Vangelo marciano dedicata alla ricostruzione dell identità  di Gesù. I discepoli rispondono riportando alcuni pareri che circolano sul conto di Gesù nei villaggi della Galilea. Di fronte ai suoi miracoli, accompagnati da parole molto sicure e franche, la gente lo accosta alla figura del predicatore del Giordano, Giovanni Battista, o a Elia, il profeta che ha combattuto per l integrità  della fede in Dio. In ogni caso, Gesù agli occhi della gente ha i tratti di un profeta più che quelli di un maestro delle scuole giudaiche. Gesù allora chiede ai discepoli: «E voi, chi dite che io sia?». Questa volta Pietro prende la parola a nome di tutto il gruppo e risponde: «Tu sei il Cristo».
La reazione di Gesù a questa aperta dichiarazione di Pietro è sorprendente, ma solo per chi non ha seguito il percorso tracciato fino a questo punto dal secondo evangelista. Gesù, dice Marco, «impose loro severamente di non parlare di lui a nessuno». L ordine di tacere fa parte della metodologia di Gesù che vuole educare i discepoli alla comprensione della sua identità  nascosta. Egli non è un operatore di miracoli che riaccende la speranza popolare della venuta di un liberatore nazionale. Non è neppure un profeta che parla con forza in nome di Dio per cambiare il modo di pensare e di vivere della gente.
Chi è allora Gesù? La riposta è stata data dalla voce che si fa sentire dopo il battesimo di Gesù nel fiume Giordano e sul monte della Trasfigurazione: «Tu sei il mio Figlio amato, in te mi sono compiaciuto».
Ma dopo il dialogo di Cesarèa di Filippo Gesù stesso inizia a parlare ai discepoli del suo futuro destino di «Figlio dell uomo». Egli, infatti, dice loro apertamente che «il Figlio dell uomo doveva molto soffrire, ed essere riprovato dagli uomini, dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, poi venire ucciso e, dopo tre giorni, risuscitare».
Il protagonista di questo dramma di morte e risurrezione è indicato da Gesù con l espressione enigmatica «il Figlio dell uomo». Si capisce che egli sta parlando di se stesso, ma non dice «io», bensì «il Figlio dell uomo». Nella lingua ebraica e aramaica l espressione «figlio dell uomo» significa semplicemente «uomo». Ma in alcuni testi religiosi contemporanei di Gesù, posti sotto il nome di Enoch, si usa questa formula «figlio dell uomo» per designare un personaggio scelto da Dio come protagonista del giudizio finale. Egli è rappresentante di tutti gli altri uomini davanti a Dio e ne decide il destino.
L aspetto originale e sconvolgente nelle parole di Gesù sul figlio dell uomo è il riferimento alla sua sofferenza, umiliazione e morte. Questo è l aspetto che suscita la reazione scandalizzata di Pietro e gli altri discepoli. Essi non riescono a capire come possa essere il liberatore designato da Dio uno che finisce miseramente come condannato a morte. Gesù risponde: «Il Figlio dell uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita come pegno di liberazione per tutti». In altre parole, egli non solo è solidale con il destino mortale di tutti gli esseri umani, ma percorre la via della sofferenza e umiliazione fino alla morte con la fedeltà  di un figlio. Quello che cambia il destino umano non è la forza di eroe vittorioso né i gesti o le parole di un profeta, ma l amore fedele di un figlio di Dio solidale con tutti i suoi fratelli.

 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017