Il Museo antoniano
Realizzato perché rimanga uno dei segni più tangibili del centenario antoniano, il museo oltre a esporre opere di notevole valore storico e artistico, si propone di diventare centro di stimolo e proposta culturale. Vediamo come.
Il museo antoniano è stato voluto perché restasse come uno dei monumenti più significativi, sul versante culturale, delle celebrazioni dellàottavo centenario della nascita di santàAntonio. Anche perché con esso si dava finalmente corpo a un sogno che i frati della basilica avevano cullato per un secolo: quello di radunare in un unico sito opere dàarte create nel corso dei secoli per la basilica e poi, in seguito a ristrutturazioni, sparse in altri luoghi del vicino convento e sottratte quindi allàammirazione del pubblico. Il museo avrebbe dovuto già coronare il precedente centenario, quello del 1895. Vicende varie ne hanno tramandato sino ai nostri giorni la realizzazione.
Per quanto può valere il nostro giudizio, ci pare che làopera abbia risposto alle attese: splendido làallestimento (lo abbiamo altre volte sottolineato) ideato dallàarchitetto Stefano Gris, modernissimi ed efficaci gli accorgimenti adottati per la conservazione delle opere, che sono tutte di notevole valore artistico e storico. Basti pensare alla lunetta che un tempo sovrastava il portone dàingresso centrale della basilica (i santi Antonio e Bernardino con il monogramma di Cristo) che è di Andrea Mantegna (sec. XV); alle pale dàaltare firmate da Tiepolo, Piazzetta, Pellegrini, Ceruti, Pittoni, Rotari: artisti che hanno operato tra il Seicento e il Settecento; alle statue di Rinaldino di Francia (sec. XIV) e del Campagna (sec. XVI); agli oggetti in oro e argento (calici, pissidi, ostensori, candelieri, cibori...); ai paramenti usati nei riti liturgici (pianete, piviali...) tutti finissimamente lavorati.
Con la prima candelina, spenta lo scorso maggio, si sono fatti i primi bilanci, che sono lusinghieri (20 mila persone lo hanno visitato nel corso di un anno), in grado di collocarlo a pieno diritto tra i tanti e meritevoli musei dàItalia. Ora chi viene a Padova, accanto ai musei cittadini, alla basilica del Santo, al Giotto degli Scrovegni, ha una occasione culturale in più.
Ma il museo antoniano ha alcune caratteristiche sintetizzate nello slogan coniato dai creativi del marketing: museo «in progress», una brutta parola per dire che è una istituzione viva, destinata a rinnovarsi. Innanzitutto nel senso che le opere esposte potranno essere sostuite, nel tempo, «attingendo - come afferma padre Luciano Bertazzo, direttore del Centro studi antoniani, tra gli animatori del museo - a quella miniera costituita dalle raccolte dàarte della basilica e del convento del Santo». Ma anche per dire, poi, che il museo è in procinto di diventare centro di interessi e di stimoli culturali con alcune iniziative già in cantiere, come, ad esempio, il ciclo di mostre dedicate agli artefici della grande stagione di rinascita artistica della basilica del Santo tra l'Ottocento e il Novecento: Casanova, Boito e Pogliaghi. Ne parleremo a suo tempo.
Anche il criterio dalla «rotazione» ha cominciato a funzionare. Hanno fatto il loro ingresso in museo solo di recente, oltre alla lunetta del Mantegna, un gruppo di 37 statue che un tempo ornavano làaltare di Girolamo Campagna e situato, dopo diverse vicende, nella cappella del Santissimo, prima di venire demolito agli inizi di questo secolo; ma anche il «bastone del Gattamelata», capolavoro cinquecentesco di Andreas Hunyadi; una splendida navicella portaincenso e la sontuosa «coppa da pompa», uscita dalla celebre bottega dellàorafo Ludwig Krug (sec. XVI)...
Venendo al Santo, dunque, non perdete làoccasione di fare una visita al museo antoniano, magari sfogliando làagile e ben curata guida di Luca Baggio, uscita in questi giorni.
Amici del museo
Innovativa è anche la formula scelta per la gestione del museo, affidata a un'associazione alla quale aderiscono la provincia padovana dei frati minori conventuali - da cui dipende il Centro studi antoniani, che ha la direzione scientifica dellàistituzione - la Santa Sede attraverso il Delegato pontificio, la Veneranda Arca del Santo e la Fondazione Cassa di risparmio di Padova e Rovigo, che ne ha finanziato la nascita e ne assicura con il suo apporto decisivo la crescita.
Accanto all'associazione, è sorto il gruppo «Amici del museo», al quale possono aderire singoli (iscrizione annuale 50 mila lire), famiglie (80 mila lire), soci sostenitori (250 mila lire) e aziende (2 milioni). Naturalmente la generosità viene ripagata con alcuni vantaggi: la tessera (dieci per le aziende) per làaccesso gratuito al museo e ai monumenti del santo; làabbonamento annuale al «Messaggero di sant'Antonio» o al «Mera» per chi non fosse ancora abbonato, e làinvio di tre numeri di «Ciao Amici»: il «Messaggero dei bambini» dai cinque ai nove anni; lo sconto del 15 per cento sugli acquisti al banco vendita del museo; inviti a mostre, conferenze, concerti...; facilitazioni per i viaggi Opa (Opera pellegrinaggi antoniani). Per informazioni, tel. 049/82225203.
Il museo, dàestate è aperto dalle 9 alle 13 e dalle 14,30 alle 19; dàinverno, dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 17. Resta chiuso il lunedì.
Oltre al museo è possibile visitare le mostre antoniane, dove sono raccolti oggetti e testimonianze, di varia provenienza, della devozione al Santo o seguire, in multivisione, la vita di santàAntonio e la varie realtà che nel suo nome sono sorte allàombra della basilica. La sede delle mostre e del museo sono indicate da una puntuale segnaletica.
Lo stemma antoniano: significato del simboli
Il classico stemma antoniano (una croce che ha innestate ai quattro bracci tre ghiande), secondo il Consiglio araldico italiano, apparteneva alla nobile famiglia dei Buglioni («che ha riempito della sua fama il mondo intero»), dalla quale santàAntonio discendeva. In uno stemma ogni elemento è simbolo di qualcosa. Gli elementi di quello dei Buglioni sono: lo scudo dàargento, una croce rossa e le ghiande verdi. Làargento (o bianco) à± spiegano gli esperti à± è con làoro uno dei metalli più usati in araldica, esso «rappresenta la luce e làaria tra gli elementi, la Luna tra gli astri, la perla tra le gemme, ed è simbolo della concordia, della purezza, della clemenza, della gentilizza e della tranquillità dàanimo». Il bianco, che in araldica equivale allàargento, «ha significato di castità , di fede, di integrità di costumi».
La croce (richiamo alle crociate che il più celebre dei Buglioni, Goffredo, visse da eroe) è rossa, e «il rosso rappresenta il fuoco tra gli elementi, il rubino tra le pietre preziose e simboleggia làamore di Dio e del prossimo, verecondia, spargimento di sangue in battaglia, audacia, valore, nobiltà cospicua, generosità , grandezza e dominio...». Le ghiande, in araldica, hanno lo stesso significato e simbolismo della quercia, cioè di «cospicua nobiltà , di merito riconosciuto, di animo forte e guerriero e di antico dominio».
La ricerca araldica, ben curata, fa discendere santàAntonio, senza ombra di dubbio, dallàeroico conquistatore del Santo Sepolcro, Goffredo di Buglione, e dà quarti di nobiltà anche alla madre del Santo. In realtà , la cosa per gli storici è alquanto dubbia. Non vi fanno cenno, almeno, le più antiche vite del Santo.