IMMIGRAZIONE
Arzignano, Vicenza. A mezzogiorno di un giorno qualsiasi la cittadina appare quasi deserta, se si escludono gli anziani pensionati rilassati sulle panchine dei giardini, un orecchio ai discorsi e un occhio ai nipotini appesi alle altalene. Eppure ad Arzignano vivono circa ventimila persone, di cui duemila immigrati extracomunitari; molti di loro compaiono sulla scena del centro cittadino di solito verso le sei-sette di sera, dopo il lavoro. È quello il momento in cui i colori della pelle e gli idiomi si mescolano, in cui si comprende il significato della parola «multietnicità ». Uomini e donne del Senegal, del Pakistan, dell'India, del Marocco e di molti altri paesi, insieme in questo piccolo cuore del mondo.
«Noi spesso diciamo extracomunitari senza sottolineare la loro importanza. Io li chiamo concittadini perché lo sono, perché sono forza-lavoro, impiegati soprattutto nelle concerie o nella lavorazione del marmo. L'offerta di lavoro c'è stata, per questo siamo qui in tanti».
Parla Je Empossa, 39 anni, nato in Guinea Bissau, Africa, cittadino italiano dalla fine degli anni Ottanta. Je Empossa, dal 26 giugno di quest'anno, siede in veste di consigliere di maggioranza intorno al tavolo del consiglio comunale di Arzignano.
«Non ho lasciato la Guinea perché la situazione politica era drammatica. Terminato il liceo, volevo continuare a studiare in un altro paese e sono andato prima a Lisbona e poi, nel 1983, in Italia dove, grazie a degli amici, sono riuscito ad avere una borsa di studio e a diplomarmi disegnatore tecnico in un istituto di Schio (Vicenza, ndr). Ho lasciato il mio paese da studente. È stata una scelta».
Je Empossa arriva ad Arzignano nel 1987, incontra e sposa una simpatica ragazza italiana, Carla. I suoi primi lavori li svolge nelle concerie che caratterizzano fortemente la locale economia e soprattutto l'odore che si respira, poi è stato impiegato come disegnatore tecnico.
«Adesso svolgo un lavoro autonomo, ho una piccola impresa di pulizie dove faccio un po' di tutto a seconda della richiesta. Ho sempre lavorato per quello che valgo. Nessuno mi ha mai assunto per farmi la carità ».
Quella di Empossa, di Carla e dei loro quattro figli può sembrare una bella favola, forse lo è.
Ma razzismo, intolleranza, ghettizzazione non sono solo parole; sono espressioni della società in cui viviamo, come lo sono, per contro, solidarietà , convivenza, tolleranza. È da Je Empossa, libero cittadino del mondo, che ci viene una importante lezione.
«Non ho mai avuto problemi di integrazione; credo si tratti molto di questione di carattere, della capacità di convivere con gli altri. Per trovare spazio nella società dipende molto da quanto uno ha da offrire alla società stessa. L'integrazione spesso avviene meccanicamente, trovando lavoro, una casa. Ma integrarsi vuol dire spesso accettare gli altri. Se non si ha un atteggiamento di apertura, si rischia di rimanere emarginati, di autoemarginarsi».
Al di là delle buone intenzioni, questo giovane africano ha perfetta coscienza dei problemi e delle emergenze che toccano molti altri immigrati e immigrate con un passato e un presente diverso e più difficile del suo: quelli che vagano per le città coi borsoni stracolmi di merci senza trovare un angolo dove trafficare; quelli che scompaiono in un attimo all'avvicinarsi dei pubblici ufficiali; quelli che, nell'illegalità della loro condizione, non trovano occupazioni «oneste» finendo nelle maglie di organizzazioni criminali; quelle che non hanno alternativa se non il marciapiede.
«Agli inizi degli anni Novanta nel vicentino c'è stato un forte flusso migratorio e c'era bisogno di un interlocutore tra i nuovi arrivati e le istituzioni. Ho deciso così di dedicare parte delle mie energie e del mio tempo a questa causa, diventando rappresentante regionale alla consulta per l'immigrazione. Io provengo da quel mondo e ancora vi appartengo, nonostante la cittadinanza italiana. Ho accettato la proposta di alcuni amici alla candidatura per le amministrative di Arzignano, perché mi interessa continuare a occuparmi di problematiche sociali».
Già membro della commissione per le politiche sociali nella precedente amministrazione, primo non eletto nella lista civica cittadina, Je Empossa viene integrato tra i membri consiliari appunto alla fine di giugno di quest'anno.
«L'accoglienza in consiglio è stata una bella sorpresa, senza differenze tra maggioranza e minoranza, differenze che si verificano sul piano politico, non sul piano umano. Dai leghisti a Forza Italia alla sinistra, tutti mi hanno applaudito dandomi il benvenuto. Ero molto emozionato.
«Penso a questo incarico come a un impegno di grande responsabilità . Per me significa moltissimo. Per darti questa possibilità , significa soprattutto che la gente ti vuole bene».
Ovviamente, ci sono anche le voci fuori coro. «Arzignano, prima era una piccola Svizzera, oggi è invivibile con tutta questa delinquenza, droga, prostituzione». Qualcuno, soprattutto tra i più anziani, li caccerebbe tutti. Ma chiedendo a due ragazzi, sui venticinque anni, cosa ne pensano di un consigliere nero nel loro paese, è quasi un sollievo sentirsi rispondere: «Qual è il problema?».
Ora Je Empossa sta cercando di organizzare una comunità interetnica «per avere un dialogo migliore con la gente». Non è un compito facile, all'interno come all'esterno.
«In queste aree, la provenienza è variatissima, quindi diverse culture e diversi comportamenti. Un progetto ad hoc per i lavoratori stranieri è un dovere non solo mio, per essere uno di loro, ma dell'amministrazione, se vuole essere onesta con se stessa».
Il volto di Je Empossa è sereno dietro al tavolo da lavoro, nella casa spaziosa animata dal vociare dei suoi figli.
Ha nostalgia della sua terra?
«Moltissima, anche se qui ho costruito la mia famiglia. Sono cittadino italiano orgoglioso di esserlo, ma sono anche africano con altrettanto orgoglio, soprattutto per il ruolo politico che ora ricopro. Non potrò mai rinunciare a quello che sono per natura, per nascita, alle tradizioni del mio popolo. Sarebbe una follia».