Italia, la nuova patria degli inglesi

Grazie alle politiche economiche che hanno fatto della capitale inglese il cuore della finanza mondiale, i sudditi di sua maestà hanno intrapreso un nuovo «colonialismo» diretto verso lo Stivale.
12 Ottobre 2010 | di

Londra
Dagli anni Sessanta in poi, gli emigrati che volevano tornare a casa, si trovavano di fronte a due scelte alquanto ardue: prendere un volo della nostra compagnia di bandiera o di quella della nazione dove risiedevano, sacrificando il guadagno di molti mesi di lavoro; oppure scegliere la via di terra o di mare che però avrebbe comportato un viaggio, talvolta, lungo ed estenuante. Più spesso bisognava mettere da parte questo desiderio, e continuare a sognare l’agognato momento del riabbraccio con i propri cari. Ma non erano solo i milioni di connazionali a sperare di visitare il Belpaese. Tante altre persone in tutto il mondo, superato il drammatico dopoguerra, scoperto un nuovo benessere e con esso anche il lusso del viaggio, stavano per dare inizio al fenomeno del turismo di massa che ha arricchito a dismisura il settore, e ha cambiato per sempre la mentalità dell’uomo, non più cittadino legato tutta la vita al suo paese natale ma ad un novello Colombo, alla ricerca di culture lontane nello spazio.
Una rivoluzione simile che ha coinvolto milioni di viaggiatori soprattutto in Europa è avvenuta grazie anche alle compagnie low cost alla metà degli anni Novanta. E l’Inghilterra, che pure un debole per l’Italia lo aveva sempre avuto, specie ai tempi del Grand Tour nel Settecento, ne ha saputo approfittare. A parlarcene è il dottor Valerio Scoyni, direttore dell’Enit, l’Agenzia Nazionale del Turismo di Londra, che ha sede nella centralissima Oxford Circus.
«Dal 2002 al 2007 – dice Scoyni – l’Inghilterra e l’Irlanda hanno vissuto un periodo di crescita ininterrotta, facendo incrementare in modo stabile i viaggi verso l’Italia e, infatti, da 2,5 milioni di turisti (compresi anche i viaggi di lavoro) si passò a 3,5 milioni del periodo pre-recessione che, in questo Paese, basato sull’industria della finanza, è iniziato prima che nel resto del mondo». Come conseguenza della più grave crisi economica degli ultimi sessant’anni, l’estate del 2009 ha registrato un notevole calo di presenze di inglesi e irlandesi, con circa 2,8 milioni di turisti.
Una flessione provocata in minima parte anche dalla paura degli attentati terroristici e dalla conseguenza di nuove e più rigide misure di sicurezza adottate dagli aeroporti di tutto il mondo. In entrambi i casi, comunque, la propensione a viaggiare all’estero dei cittadini del Regno Unito e della Repubblica d’Irlanda è rimasta immutata e, appena le circostanze lo permettono torna a fiorire. Il dottor Scoyni, infatti, spera in un futuro roseo.
«I cittadini britannici non solo amano l’Italia delle grandi città d’arte e delle riviere. Grazie anche alle compagnie aeree a basso prezzo che operano su scali più piccoli creando nuove rotte verso le nostre province, essi hanno scoperto zone meno battute dal turismo di massa della nostra Penisola». L’Italia che non ha fama di destinazione economica, viene scelta soprattutto per la cultura, per lo stile di vita, per la gastronomia nonché per l’ottimo livello di strutture turistiche e qualità dei servizi offerti dagli operatori del settore. Il direttore, in carica dal 2005 con un mandato che scadrà il prossimo anno, ha lavorato con grinta anche quando la crisi ha portato a una rigidità della domanda turistica con la consapevolezza della rilevanza economica per il nostro bilancio: «Il compito dell’Enit è di far conoscere il nostro Paese all’estero – continua Scoyni –. A tale scopo utilizziamo vari canali d’informazione, tra cui i workshop, l’assistenza ai tour operators e gli articoli sulla stampa. Di concerto con il Governo e le Regioni, attiviamo sul territorio britannico un link con il nostro Paese a partire dalle esigenze più basilari al supporto delle imprese all’educazione nelle scuole, spesso in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura».
Le compagnie low cost hanno incrementato i viaggi a breve durata, e quindi i turisti vogliono organizzare nei minimi dettagli il proprio viaggio. Ad essi l’Enit, a Londra, come nel resto del Paese, offre ogni supporto, smistando le richieste soprattutto tramite posta elettronica. «In cima agli interessi dei britannici – continua il direttore – c’è ancora l’interesse culturale. Da nord a sud, l’Italia offre storia, tradizione, paesaggi mozzafiato, architetture di varie epoche e bellissime mostre. Ma, ultimamente, i viaggi gastronomici hanno registrato un sensibile aumento. La cucina italiana a Londra, anche per merito dei nostri connazionali, ha suscitato l’interesse per la dieta mediterranea con le sue specialità legate al territorio».
In generale, il turista inglese la prima volta punta sulle mete tradizionali: Roma, Firenze, Napoli, Milano, Venezia. Poi, nei viaggi successivi cerca città che soddisfino i suoi gusti personali, riuscendo sempre a combinare arte cultura e tradizione grazie alla varietà dell’offerta del nostro Paese. Spesso, trovato il posto ideale, ci ritorna anche gli anni successivi. In tal senso, esiste una ricca letteratura inglese di storie ambientate in Italia – si pensi solo al Romeo e Giulietta di Shakespeare – da cui talvolta sono stati tratti film di successo, e che conferma la tendenza di voler vivere l’Italian dream. Inizialmente gli inglesi puntavano alla Toscana come luogo di residenza. Lì hanno acquistato molte case estive e, grazie alla loro massiccia presenza, soprattutto nell’area dove si produce il rinomato vino Chianti, oggi gli inglesi la chiamano affettuosamente Chiantishire. Grazie al cambio favorevole per la sterlina all’inizio del Duemila, molti anglosassoni hanno però iniziato a investire in Sicilia, in Puglia, in Veneto. Famiglie con bambini piccoli, pensionati ancora in gamba hanno voluto cambiare vita avviando, per esempio, una piccola attività di agriturismo o di Bed & Breakfast. E, nonostante le difficoltà linguistiche e, spesso, burocratiche, la maggior parte di loro, come testimonia un programma della BBC di qualche anno fa, non rinuncia a qualche sacrificio in cambio della Dolce Vita.
Anche Scoyni è d’accordo con questa scelta: «Non potrei non esserlo – ci confida –, e vivendo all’estero ho rafforzato ulteriormente il legame con il Paese che rappresento all’estero». E, infatti, a furia di essere invidiati dagli amici inglesi, non foss’altro che per il clima e la buona cucina, anche quegli italiani che nutrono verso il proprio Paese una certa acrimonia, magari per aver dovuto emigrare alla ricerca di un lavoro, con il tempo, le perdonano i difetti, e tornano a sentirsi dei privilegiati per essere suoi figli.

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017