La grande notizia: Cristo è risorto!

Padre Davide Turoldo collaborò per anni alla nostra rivista. Riproponiamo alcune sue pagine, che parlano di Pasqua, ancora vive e attuali.
28 Febbraio 2005 | di

Padre Davide Turoldo, religioso dei Servi di Maria, è considerato il maggior poeta religioso della seconda metà  del Novecento. Fu anche l'animatore di un'intensa attività  culturale di confronto e di dialogo, che ebbe nella Corsia dei Servi, a Milano, il suo centro propulsore. I dibattiti ebbero grande risonanza perché incentrati sull'uomo concreto nel suo cammino quotidiano, al di là  di schemi culturali e ideologici, impegnato a vivere la propria fede e a lottare con gli altri per la libertà  e la dignità  di tutti. Turoldo fu anche scrittore fecondo e mordace, collaborò a molti giornali e riviste. E, per una decina d'anni, anche alla nostra, fino alla morte, avvenuta il 6 febbraio 1992, per un tumore che si era arrampicato nel suo corpo come il Serpente sull'albero della vita. Prosa e poesia insieme per aiutarci a capire e vivere il tempo liturgico che ha nel mistero della Pasqua il suo momento più intenso. Abbiamo voluto riproporre, per la Pasqua di quest'anno, alcune di quelle pagine, straordinariamente vive e attuali. Per padre Turoldo la Pasqua non è possibile senza il venerdì santo, i due momenti del perenne mistero di Dio contro il Nulla e del Nulla contro Dio, alla fine vincente.

Crediamo davvero che Cristo è risorto?

Se ci credessimo pienamente, la mia, la tua vita, la storia  del mondo cambierebbe...

E parliamo della Pasqua. Prima cosa: a crederci sul serio, qui dovrebbe cambiare ogni cosa: la mia e la tua vita, la storia del mondo. Io non credo che ci crediamo sul serio. O almeno, io ho molti dubbi circa la mia fede. Credere è vivere, è testimoniare,è cercare di renderci sempre più conformi con ciò che si crede.
Credere che Cristo è risorto, vorrebbe dire vivere una vita da risorti; vorrebbe dire non avere più paura della morte (O morte, dov'è la tua vittoria? dov'è il tuo pungiglione?: ICor 15,55).
Anche se può sopravvivere la ferita dello strappo violento, del distacco inatteso, e quel silenzio infinito che è proprio della morte. Certo, l'ultima nemica è la morte; ma altrettanto certo è che l'ultima parola non è della morte. Non cercate tra i morti Colui che vive (Lc 24,5): già  ora Egli vi precede su tutte le vie.
Pensiamo: una Chiesa che crede davvero alla risurrezione! Sarebbe una realtà  inaudita, sarebbe veramente una rivoluzione e sarebbe una Chiesa libera, incondizionatamente libera, con nulla da perdere mai.
Pensiamo: una Chiesa che vive la vita del Risorto! Che appunto annuncia al mondo la verità  in cui nessuno riesce veramente e totalmente a credere. Perché questo è il dubbio generale, onde ricorriamo tutti ai ripari. Difficile credere che la vita vinca sulla morte, specialmente in una civiltà  di morte come la nostra. Abbiamo tutti la morte in faccia. Anche i bambini sono segnati dalla morte. Difficile credere che il bene vinca sul male: che non sono queste le cose che contano! Credere non tanto nell'avvenire quanto nel futuro dell'uomo.
La distinzione tra avvenire e futuro è data dalla morte di Cristo.
Ecco l'avvenire. Avevano accuratamente previsto ogni cosa, bisognava assolutamente farlo morire: Non in giorno di festa, perché non ci fosse tumulto del popolo (Mt 26,5); bisognava anche premunirsi, screditarlo bene, diffamarlo davanti a tutta la gente; e poi farlo crocifiggere fuori le mura in mezzo a due malfattori, come un infame, come un maledetto. Poi chiuderlo in un sepolcro sicuro, sotto una pietra pesante; e poi provvedere anche a montar la guardia. Questo è avvenire: tutto previsto, tutto assicurato. Ciò che non era previsto era proprio il futuro: questo dato misterioso della storia...
Così è dunque il futuro. Mentre le donne andavano di buon mattino al sepolcro portando aromi per ungere il suo corpo (cose ancora proprie dell'avvenire), ecco che udirono un rombo come di gran terremoto: Un angelo del Signore scese dal cielo, si accostò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa (Mt 28,2). Questo il futuro: l'imprevedibile, il momento non pianificato...
Sembrava tutto perduto, irrimediabilmente perduto. Sembrava che solo la potenza e la violenza e l'ingiustizia, e l'infamia e la morte avessero l'ultima parola. Invece...
Pasqua: festa del riscatto. Che vuol dire: di uno che paga per la vita di un altro. Festa della liberazione, festa del povero che vince. A proposito, sono i poveri la profezia di Dio, oscura e terribile: sempre incombente profezia di Dio.
I poveri li avrete sempre con voi (Mt 6,11): a rompere i vostri piani, le vostre sicurezze. Pensare che non ci sarà  mai pace sulla terra finché ci sarà  un solo povero che grida giustizia.
E i potenti, più sono potenti più si sentono minacciati. Sono i poveri la paura dei ricchi, il loro incubo notturno, l'insopprimibile inquietudine del mondo; essi, gli anonimi strumenti di Dio contro i ricchi per cui i loro piani non riescono mai, né saranno mai sicuri dei loro possessi.
Ci saranno sempre guerre finché ci saranno dei poveri e delle ingiustizie da rivendicare. E Cristo è la loro immagine, che nessuno potrà  mai cancellare dalla terra.
Pensate, ogni domenica è Pasqua: è come se l'asse della terra si fosse spostato. La terra non gira più sotto l'impero della morte. La risurrezione di Cristo è l'unica cosa nuova sotto il sole: la causa dell'uomo che continua...
(Aprile 1984)

SOTTO LA CROCE IN SILENZIO

Ritta, discosta appena dal legno,
stava la Madre assorta in silenzio,
pareva un'ombra vestita di nero,
neppure un gesto nel vento immobile.

Lo sguardo aveva perduto, lontano:
cosa vedevi dall'alta collina?
Forse una sola foresta di croci?
0 anche tu non vedevi più nulla?

Madre, tu sei ogni donna che ama,
Madre, tu sei ogni madre che piange
un figlio ucciso, un figlio tradito:
madri a migliaia, voi madri in gramaglie!

E figli mai finiti di uccidere;
figli venduti e traditi a miriadi,
torturati appesi ai patiboli,
empi vessilli dell'empio potere.
Dalla città  già  salivan le tenebre,
e ancor più impallidiva il suo volto,
e lui era tutto una crosta di sangue,
perfino il cielo era nero di sangue.

Nero lenzuolo di sangue pareva
steso ad avvolger la grande Assenza
che infittiva lo stesso silenzio
e si addensava e spandeva nell'aria.

O Madre, nulla pur noi ti chiediamo:
quanto è possibile appena di credere,
e star con te sotto il legno in silenzio:
sola risposta al mistero del mondo.


Voglio raccontarvi una Pasqua tutta mia

Pasqua è Dio che erompe dalle gemme, e fa della polvere del deserto una nuvola d'oro nel sole.

Una Pasqua mia? Tutta mia? Impossibile. La Pasqua appartiene al mondo, all'universo. Sono le costellazioni a determinare la Pasqua. È Dio che passa sulla terra, che ti attraversa la strada. Dio che veglia l'intera notte per liberare l'uomo dalla sua schiavitù. Dio che ti fa mulinello intorno alla vita; e tu dici che è il vento: invece è Lui. Egli passa di giorno, di notte, al mattino, in quell'attimo in cui trattiene il respiro tutto il creato; e passa la sera. Cammina sul mare, appare un attimo al limitare del monte, e poi dispare.
Pasqua è Dio che erompe dalle gemme, e fa della polvere del deserto una nuvola d'oro nel sole. A Pasqua Dio esce dal tunnel della morte. Infatti non muore nessuno:
Niente e nessuno muore / definitivamente, /e perciò tu sei, /  perché sei tu la Vita. / Tu sei, e tutto vive /  tutto è in te che vive.
È altro modo di vivere: / per questo noi pure saremo / per sempre: perché tu sei. / Dio della vita / sei tu stesso che muori e rinasci, / che continui a nascere in ogni vita.
Vita che vince sulla morte; causa dell'uomo che continua. Perciò è sempre Pasqua.
Tuttavia il mistero esige una precisa memoria. Il mistero è nascosto in una tomba, in un segreto ciborio, vero santo Graal. E tu hai bisogno di un giorno, e un tempo preciso, fissato, per capire, per essere introdotto nelle segrete stanze; per uscire dalla tua prigione e trovarti nello spazio di Dio. È il tempo che si chiama della Grande Settimana, che s'inarca dal venerdì santo all'alba del primo giorno dopo il sabato avanti che spunti il sole. Infatti, già  da quel tragico meriggio in cui si è fatto buio su tutta la terra, appena che Lui aveva emesso l'alto grido e il soldato con la lancia gli aveva appena squarciato il cuore (donde uscì sangue ed acqua): già  da allora, se tu guardi attraverso quella ferita, vedi tutta la distesa di Dio, l'infinito mistero, vedi la misteriosa scaturigine, il mare dell'amore e le onde irrompere oltre l'ultimo gemito, oltre il profondo pulsare del sangue. Cose tutte che si compiono precisamente a Pasqua con lo scoperchiarsi delle tombe, con la grande pietra che si rovescia, e i soldati, i soldati e le potenze della terra in fuga nella notte. E lui che ci precede su tutte le strade, e cammina nella luce sul mare.
Parliamo pure di una Pasqua tutta personale. Ci sono dei momenti particolari di grazia per tutti, delle soste di Dio nella vita di tutti. Lui è libero di fare quello che vuole. E spesso si diverte a darti un fiore, a parte, a lasciarti un ricordo. Sì, anch'io ricordo una Pasqua particolare. Era già  da più di un anno, da quasi due, che vivevo nell'Abbazia di Sant'Egidio, dove mi trovo tuttora. Abitavo nella torre, e dalle tre finestrelle che disegnavano un perfetto triangolo di luce, contemplavo giù tutta la pianura. Durava ancora il Concilio. Erano i tempi di papa Giovanni e del Concilio. Dio che tempi!  (...) Già  quasi da un anno il vescovo mi aveva affidato una chiesa: una chiesa a me, tutta per me! Prenda quella chiesa là  che nessuno vuole, mi disse. Ed era, ed è un prodigio di chiesa. Costruita da monaci, nel 1000. Una chiesa fatta al tempo della contemplazione, secondo il gusto di Dio, secondo la divina fantasia. E dentro a quell'onda di speranze, nella completa liberazione della coscienza (altro aspetto della Pasqua), dentro la soave pace, di cui godeva la chiesa secondo la parola di papa Giovanni, ecco che mi era toccato di vivere una mia indimenticabile Pa-squa. E allora niente di meglio - mi dissi -, che mettermi a cantare:
Io vorrei donare una cosa al Signore, / ma non so cosa. / Andrò in giro per le strade / zufolando, così, / fino a che gli altri diranno: è pazzo! / e mi fermerò soprattutto coi bambini / a giocare in periferia, / e poi lascierò un fiore / ad ogni finestra dei poveri / e saluterò chiunque incontrerò per via / inchinandomi fino a terra. / E poi suonerò con le mie mani / le campane sulla torre / a più riprese / finché non sarò esausto. / E a chiunque venga - anche al ricco - dirò: / siedi pure alla mia mensa (anche il ricco è un povero uomo). / E dirò a tutti: / avete visto il Signore? / Ma lo dirò in silenzio / e solo con un sorriso.
(Aprile 1983)

VORREI DONARE

Io vorrei donare una cosa al Signore,
ma non so che cosa.
Non credo più neppure alle mie lacrime,
e queste gioie sono tutte povere:
metterò un garofano rosso sul balcone,
canterò una canzone tutta per lui solo.
Andrò nel bosco questa notte
e abbraccerò gli alberi
e starò in ascolto dell'usignolo,
quell'usignolo che canta sempre solo
da mezzanotte all'alba.
E poi andrò a lavarmi al fiume,
e all'alba passerò sulle porte
di tutti i miei fratelli
e dirò a ogni cosa: pace!
e poi cospargerò la terra
d'acqua benedetta in direzione
dei quattro punti dell'universo,
poi non lascerò mai morire
la lampada dell'altare
e ogni domenica mi vestirò di bianco.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017