La voglia di non mollare

Una storia vera: solo il pudore di chi l’ha vissuta impedisce di fare nomi e cognomi.
09 Maggio 2002

Spesso la vecchiaia è più difficile da vivere, quando alla naturale debolezza dovuta all`€™età  si aggiungono vere e proprie malattie, acute o croniche. Oppure quando malattie, che hanno accompagnato una persona nel corso della sua vita e sono state affrontate nella quotidianità  come una cosa normale con cui convivere, a un certo punto si fanno pesanti e quasi insostenibili fardelli. Tali da rendere una persona «invalida», non capace di provvedere, come aveva sempre fatto, a sé e agli altri familiari.

E fai l`€™amara scoperta che sei diventato «vecchio», che sei incapace di gestire la quotidianità , che non sei`€¦ autosufficiente! Hai l`€™impressione che la tua famiglia, o quello che resta di essa e che tu in ogni modo avevi tenuto assieme, possa andare a rotoli. Ti immagini persone care, le più deboli e fragili, che a te avevano sempre fatto riferimento, soffocate dal dolore e non in grado di farcela da sola.

Allora ti senti sconfitto, ti lasci andare. Non vuoi più lottare e la malattia inevitabilmente prende il sopravvento e finisci all`€™ospedale: soffri di diabete, il trigemino non ti dà  tregua, la vista si è indebolita per la cataratta che ti intorbida gli occhi, ti sei appesantito e in una caduta due costole si sono incrinate e hanno compromesso anche i polmoni. Il fresco sorriso che ti illuminava il viso di persona forte e positiva, è sparito. Si direbbe che non sei più tu, sei irriconoscibile.

Aveva ragione quel filosofo che diceva: l`€™uomo è la più fragile delle creature, non è che una canna sbattuta dai venti ai quali può facilmente soccombere`€¦; ma l`€™uomo è un canna che pensa e che ama, ha un cervello e un cuore, che lo renderanno saldo di fronte a ogni bufera.

E cosi è successo anche a te. Una molla è scattata dentro e allora hai chiesto di non essere allontanata dai tuoi cari, hai supplicato il medico di famiglia perché ti curasse a casa tua e molto discretamente ha fatto sapere alla tua figliola che se lei ti assisteva, ti accudiva come si fa con un bimbo, tu potevi ancora una volta rimetterti in strada e tornare «viva», a dare concretamente una mano agli altri!

E poi il miracolo si è compiuto davvero. Dopo mesi di disagi e sofferenze, sostenuti sempre da una grande fiducia nella scienza medica che aveva il volto del giovane medico che con pazienza e costanza ti veniva a visitarti. Addolciti dall`€™amore e dall`€™affetto di quella tua figliola che per te ha lasciato temporaneamente i suoi viaggi, le amicizie, gli impegni sociali, le sue «stranezze», come definiscono alcuni della famiglia i suoi inesausti ritmi di vita, e che ti ha curato e ti cura non soltanto con le pomate o con le medicine, ma con una carezza in più quando ne hai bisogno, con una parola dolce e incoraggiante ogni volta che stai per cedere allo sconforto. È lei a tenere insieme la famiglia al posto tuo, ma facendoti sentire ugualmente la «regina» della casa, anche se il trono è soltanto un capezzale o una poltrona-letto.

Ti è ritornata anche la voglia di pregare. Viene una suora qualche volta a casa e insieme recitate il rosario. Ma più bella di tutte è la preghiera che ti sgorga spontanea dal cuore: che il Signore sia ringraziato per queste sofferenze che ti hanno permesso di conoscere l`€™anima generosa del tuo prossimo.

Con il sole di primavera hai cominciato a uscire nel cortile della tua grande casa, appoggiandoti, per adesso, ancora a un bastone scopri il miracolo dei fiori che sbocciano ogni anno a celebrare la bellezza della vita che durerà  per sempre nell`€™Eternità .

 

 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017