Leader di un mondo nuovo
Che noia, che monotonia, che tristezza! m'ero detta vent'anni or sono partecipando per la prima volta ad una manifestazione di una delle numerose associazioni regionali italo-canadesi della città dov'ero da poco emigrata con la mia famiglia. Mangiano, bevono e ballano in questi saloni così anonimi e squallidi. Cibi italiani, d'accordo, ma neanche ben cucinati, vini fatti in casa (all'epoca magari scadenti), ore di goduti e sudati balli alla musica degli anni Trenta-Cinquanta. Quando parlano, lo fanno per lo più in dialetto, inzuppati di nostalgia e di vecchie storie ripetute. Appena uscita dall'adolescenza, proveniente da un'Italia negli anni Ottanta in pieno sviluppo benché provata dal terrorismo delle Brigate Rosse e da feroci guerre sindacali, da un'Italia del design e della moda invidiati e copiati nel mondo, non capivo che cosa significasse, per intere generazioni di emigrati italiani, ritrovarsi in quel modo e in quegli ambienti privi di stile. Soprattutto non vedevo spazio per me all'interno di quelle associazioni, di quei circoli, di quelle feste. Solamente con il passare degli anni, dopo aver fatto un'esperienza di lavoro per un giornale italo-canadese e avere operato come interprete in tribunali, ospedali, centri di riabilitazione per infortuni sul lavoro, imparai a conoscere quegli uomini e quelle donne, emigrati per necessità in anni a me lontani.
Imparai ad ascoltarli, a riflettere sulle loro storie, a seguire con l'immaginazione le loro vicissitudini. Cominciai a capire le loro sofferenze, le loro conquiste, la loro dignità , il loro silenzioso, anche se paradossalmente eloquente, contributo alla formazione di questa nuova società . Quale il segreto della loro affermazione in una terra straniera e sconosciuta? Le tradizioni di mutua solidarietà , la convivialità e il senso comunitario li avevano tenuti uniti proteggendoli dalle intemperie.
Quel ritrovarsi, dopo lunghissime e faticose giornate di lavoro manuale, per assaporare quei cibi, per ascoltare quelle musiche, per parlare quei dialetti, costituiva una ricarica di serena familiarità , era un motore che dava la forza di andare avanti, di tener duro, di ritornare nelle miniere, nei lontani e selvaggi boschi, nelle ferrovie, nei cantieri edili e negli innumerevoli altri posti di lavoro, non sentendosi troppo soli e lontani.
Grazie a chi è venuto prima di noi
Da un giorno all'altro, pochi mesi fa, ho deciso di partire da Vancouver: biglietto aereo, meno di undici ore di volo, e sono in Italia. È troppo facile, oggi, dimenticare quanto lontani dovessero invece sentirsi loro, i pionieri, bisnonni, nonni, genitori di questa nuova generazione di oriundi italiani. La mia generazione.
In virtù dei loro sacrifici e del disegno divino, abbiamo la possibilità di vivere il presente e progettare il futuro in maniera diversa. Altroché lavori quasi esclusivamente manuali! Oggi gli oriundi possono dedicarsi alle opere della mente, alla cultura, alla musica, all'arte. Possono impegnarsi in fantastici progetti tecnologici. Sono il veicolo di una vera espansione in senso globale: tramite scambi, apertura intellettuale, condivisione. Grazie a chi è venuto prima, c'è stata la possibilità di studiare e di viaggiare, magari su quelle ferrovie che i bisnonni hanno steso, metro per metro, da un lato all'altro dell'immenso continente, o lungo le migliaia di chilometri di strade e autostrade costruite dai genitori. Immaginiamoci gli anni di sudore, di calli incurabili, di atroci dolori di schiena ignorati, di alberi abbattuti e trasportati a forza di braccia, di fosse scavate con determinazione, di terre battute e asfalti lisciati con le mani, sia nel crudele gelo invernale che nel soffocante caldo estivo. E non erano da meno le donne, nelle officine, nelle stirerie, nelle puzzolenti e umidissime fisheries per l'inscatolamento del pesce, nelle cucine delle mense, nelle fabbriche, o nelle modeste case trasformate in pensioni per bordanti. Grazie a loro e alla loro fatica, oggi c'è il tempo di pensare, leggere, studiare, filosofare. Loro non avevano avuto questa fortuna, ma sono stati ugualmente in grado di tramandarci, nella sostanza, lo spirito d'italianità , il patrimonio di laboriosità , con il senso del dovere, della morale vera e della famiglia.
I legami con la nostra storia
Grazie alle precedenti generazioni di emigrati, manteniamo oggi profondi, anche se spesso inconsci, legami affettivi con lingua, storia, tradizioni e cultura del Paese d'origine. In una recente lettera al Messaggero di sant'Antonio-edizione italiana per l'estero, una donna emigrata in Francia concludeva: Dicono che coloro che sono andati all'estero oggi sono ricchi: non tutti hanno avuto fortuna. Per la maggior parte, è stata un'esperienza dura, carica di sofferenze e sacrifici. Sono d'accordo solo in parte con le sue parole. Sì, per la maggior parte, coloro che sono emigrati hanno vissuto e vivono esperienze dure, cariche di sofferenze e sacrifici, ma penso che sia proprio ciò a renderli ricchi, sia che abbiano avuto fortuna finanziaria oppure no. Alla ricerca di una vita più giusta, di un futuro migliore per i loro figli e nipoti, hanno avuto coraggio, costanza e tenacia. Il coraggio di abbandonare, per necessità , la loro terra, la forza e la costanza di sopportare il riadattarsi in un mondo a loro non familiare, la tenacia di intraprendere qualsiasi tipo di lavoro per sopravvivere e vivere, talora combattendo razzismo e pregiudizio, e non ultimo l'orgoglio di mantenere alta - malgrado tutto e con fierezza - la bandiera italiana.
Certo, moltissimi oriundi non parlano bene, quando non la parlano affatto, la lingua italiana, spesso non ne conoscono grammatica e sintassi, ma sono consci e fieri di averla nel Dna, nel loro sangue e nella loro sostanza. I nonni e i genitori emigrati, con i loro sacrifici e la loro volontà di riscatto economico e culturale, hanno aperto ai giovani moltissime porte. Ora c'è la possibilità di partecipare attivamente e in primo piano alla vita politica e sociale del nuovo mondo e, presto, del mondo intero.
L'Italia ha dato molto, indirettamente, alle nuove generazioni, ma queste ultime hanno ancora di più da offrirle. Il risveglio del Bel Paese e delle sue regioni, l'importanza del ruolo giocato dagli italiani nel mondo, e soprattutto dai loro giovani figli, è un passo senz'altro costruttivo e strategicamente astuto. Assistiamo all'organizzazione sempre più numerosa di mostre, convegni, conferenze, viaggi - non semplicemente turistici, bensì di conoscenza (corsi di lingua e cultura, di addestramento e di specializzazione professionale, ecc.) - alla ricerca di un vero dialogo costruttivo. Questi oriundi, figli dei figli, hanno le capacità , i mezzi e il bagaglio umano per diventare i leader di un mondo nuovo, alla cui crescita offrire, in modo originale, i valori atavici idealmente custoditi dagli antenati sparsi per il mondo e arricchiti dall'esperienza delle nuove realtà .
Tramite comunicazioni, scambi, dialogo, confronti costruttivi e leali, sia negli affari che nella vita giornaliera, si possono aprire le porte all'unità come base della fratellanza e della vera pace.