Lettere al Direttore
Non ha chiesto al Santo il miracolo
Nel 1994, mio marito, affetto da una grave malattia, ed io venimmo a Padova per un consulto medico. Fu l'occasione per visitare la basilica e sostare in preghiera presso la Tomba del Santo. All'uscita mio marito mi disse: Sai, non ho chiesto la grazia della guarigione ma l'aiuto per affrontare la malattia con forza e serenità d'animo. E così visse gli ultimi suoi anni, circondato dall'affetto grande di noi famigliari e di amici splendidi. Possa ora godere della gioia piena del Paradiso! Grazie, sant'Antonio per la tua intercessione: nei difficili momenti della sofferenza abbiamo gustato la tenerezza di Dio per noi.
Francesca Arnoldi
A volte il miracolo più grande è proprio di trovare la forza per vivere con serenità momenti di estrema gravità . Suo marito questo ha chiesto e ottenuto dal Santo. Il resto lo ha fatto il vostro affetto e la vicinanza di tanti amici. Ed è una bella testimonianza di amore, per la quale vi ringraziamo.
Andrò e gli dirò: padre, ho peccato
Visitando la basilica, ho visto che avete voluto dare grande risalto al sacramento della Confessione, riservando per esso addirittura una cappella apposta. La solennità del luogo ha indotto il mio accompagnatore a far riferimento alla pratica della confessione generale. Molti del gruppo hanno approfittato del suggerimento e si sono preparati al sacramento, rivedendo tutta l'esperienza di vita vissuta per chiedere perdono a Dio di ogni peccato. Io invece ho abbandonato l'impresa, un po' perché ripensando al mio passato ho trovato tanti peccati (alcuni, di gioventù, nemmeno confessati per paura che il prete si mettesse a urlare in mezzo alla chiesa), un po' perché ho avuto timore di non ricordarli tutti. Le chiedo se dovevo confessarmi ugualmente, anche se non ero certo di ricordare tutte le mancanze....
Marino
Se la confessione fosse una seduta psichiatrica, o giù di lì, nella quale ripercorrere i meandri della psiche, forse la sua domanda sarebbe legittima. Ma non è così il sacramento della riconciliazione. La confessione, infatti, richiede molto di più di una semplice elencazione di peccati, come non è il peccato l'elemento principale del sacramento e nemmeno il peccatore ne è il primo soggetto; il vero protagonista di esso è Dio, nostro Padre. Mettere al centro il peccato e la ricerca delle sue espressioni, rischia di farci entrare in un circolo vizioso, dal quale è difficile uscire, come fosse una schiavitù.
Il salmo 36 esprime molto chiaramente questa situazione dicendo: Nel cuore del peccatore parla il peccato, davanti ai suoi occhi non c'è timor di Dio. Poiché egli si illude con se stesso nel ricercare la sua colpa e detestarla. Confessarci o, ancor meglio, come si dice oggi, riconciliarci con il Padre, è innanzitutto riconoscerci figli di un Dio che è amore; in seguito, è comprendere che questo amore è grandissimo ed è rivolto in modo particolare a ciascuno di noi; dopo, ma solo dopo, è anche ricordare che abbiamo commesso delle colpe e che quindi dobbiamo chiedere scusa per non aver accolto e vissuto questo amore grande.
Lo stesso salmo, il 36, esprime stupendamente questo concetto: Quanto è preziosa la tua grazia, o Dio! Si rifugiano gli uomini all'ombra delle tue ali, si saziano dell'abbondanza della tua casa e li disseti al torrente delle tue delizie. È in te la sorgente della vita, alla tua luce vediamo la luce. Concedi la tua grazia a chi ti conosce, la tua giustizia ai retti di cuore.
È la stessa esperienza che fa il Figliol prodigo, quando decide di tornare a casa di suo padre. Ciò che fa cambiare radicalmente la situazione, non è il desiderio del figlio di fare ritorno a casa: in quella decisione pesa soprattutto il senso di colpa e il disagio di una vita misera. Ma è l'abbraccio del padre, che non lascia al proprio figlio nemmeno il tempo di scusarsi e subito lo accoglie, non come suo servo (che triste desiderio!) ma come egli è veramente e cioè come suo figlio, figlio di un padre che lo ama d'amore infinito.
Nel sacramento della riconciliazione, allora, ciò che conta, è innanzitutto l'amore misericordioso di Dio che tutto salva. Allora, ponga in secondo ordine ogni pensiero di peccato e (parafrasando il racconto evangelico) si lasci abbracciare da quel Padre che l'accoglie a braccia aperte; non si senta in imbarazzo e si lasci rivestire della veste d'amore che il Padre ha preparato apposta per lei; non umili il suo cuore ma porga la mano, per infilare l'anello di festa che Dio vuole donarle; non cammini col capo rivolto verso il suo peccato, indossi invece i calzari che lo stesso Signore le dona, per camminare su strade nuove con lo sguardo rivolto alla luce della gioia.
Il Patriarca di Babilonia dei Caldei ringrazia
II nostro stimato Nunzio Apostolico, S.E. monsignor Fernando Filoni, mi ha comunicato che Vostra Reverenza a nome del Messaggero di sant'Antonio siete disposti ad aiutare i bisognosi iracheni partecipando al finanziamento dell'ospedale e la scuola infermieristica di Mossul.
In nome mio, in quello della Conferenza episcopale irachena e del popolo cristiano dell'Iraq ringraziamo anticipatamente... tutti i benefattori e lettori del Messaggero. Colgo l'occasione di chiedere anche le vostre preghiere per il popolo iracheno affinché il Signore ci dia la pace e la sicurezza. Da parte nostra preghiamo e faremo pregare i nostri fedeli affinché il Signore ricompensi tutti i benefattori con le Sue abbondanti grazie.
Emmanuel III Delly
Con questa lettera, inviata a padre Luciano Bertazzo, il Patriarca di Babilonia deiCaldei, Emmanuel III Delly, ringrazia tutti coloro che hanno dato e daranno il loro generoso contributo alla costruzione dell'ospedale cattolico di Mossul inserito nei progetti Caritas antoniana 2005 come semi di pace nel martoriato Iraq.
Lasciate che i bambini vengano a me...
Ho 32 anni, sono sposata, abbiamo un bimbo di 2 anni e mezzo ed è in arrivo un fratellino. Ho una piccola questione in sospeso e non so a chi chiedere aiuto, così ho pensato a voi. Tutto risale a più di un anno fa, il bimbo aveva superato da poco l'anno. Siamo andati alla messa della comunità (come la chiama il nostro parroco) tutti insieme, la domenica mattina. Il bimbo, ovviamente, passava dal passeggino alle braccia mie e di mio marito, attirando un pochino l'attenzione di chi ci era seduto vicino... Solo durante l'elevazione ha battuto un paio di volte le manine sulla sedia, prontamente ripreso in braccio.
E nulla più. Al termine della Celebrazione, il parroco ci ha proposto di seguire la Santa Messa dalla sacrestia, per permettere al bimbo di muoversi liberamente e a noi di ascoltare attraverso l'altoparlante.
Ma Gesù non ha detto: lasciate che i piccoli vengano a me ai discepoli che li allontanavano perché disturbavano? Ascoltar messa in sacrestia non è lo stesso che in tv, a casa? Non è importante fare imparare al bimbo a vivere la messa, spiegargli cosa sta succedendo, cosa significano i gesti....
Lettera firmata
Sì, Gesù ha detto davvero così: Lasciate che i bambini vengano a me. Invito che il suo parroco, a quanto lei dice, interpreta a suo modo: Lasciate che i bambini vengano a me... in sacrestia perché non disturbino i sacri riti. Mi viene in mente una scena vista in Africa durante una di quelle liturgie dove non si capisce dove finisca la vita e inizi la celebrazione perché il celebrare è vita e la vita diviene lode. Ebbene, davanti a un'assemblea assolutamentepartecipe, c'era un gruppo di bambini che tentava di arrampicarsi sul piedistallo del tabernacolo.
L'unico distratto dalla scena ero io, gli altri la sentivano così naturale che nemmeno intervenivano a difendere nostro Signore da quell'invasione.
Forse il problema sta proprio qui: nel far diventare celebrazione il vivere di ogni giorno.
Naturalmente,bisognerà educare sì i genitori a tenere sempre presenti le differenti sensibilità , ma anche quanti hanno assunto abitudini diverse. Questo però è il compito del pastore buono che accoglie e guida le persone che gli sono affidate. Non è un compito semplice, considerate le tante e diverse sensibilità e opinioni da mettere d'accordo (talvolta ciascuno con pretese di possedere la verità assoluta).
Probabilmente ci vorrà tempo, pazienza e rinunce: un po' come avviene in ogni famiglia, che è piccola Chiesa domestica.
In Paradiso non ci vanno solo i belli
Un giorno risorgeremo in anima e corpo, dice la nostra fede, e ci incontreremo tutti davanti a Dio. Immagino che questo dovrebbe essere un momento di gioia e di festa. Ma io non la penso così! Io non sono bello e la mia età non è più giovane.
Le confesso che già da adesso mi sento imbarazzato nel pensare al giorno della mia risurrezione. Onestamente, sarei più felice di risorgere solo con l'anima, perché lì ho ancora qualche possibilità di migliorare con la preghiera e con l'amore verso il prossimo. Mi rie-sce invece difficile immaginare un ritocco dall'estetista per il Regno dei cieli.
Mario
Intanto, una cosa è certa: in Paradiso non ci vanno solo i belli. Almeno da quelle parti l'esteriorità non conta. Simpatica la sua lettera, caro amico. In essa lei si rammarica per il suo aspetto esteriore non proprio gradevole. Ma per fortuna c'è anche un'altra bellezza, quella dell'animo e lei dimostra di averlo sensibile e capace di pensieri delicati.
Credo che sarà questa la bellezza che il nostro corpo di uomini risorti mostrerà in quel definitivo incontro che lei dimostra di temere tanto: una bellezza che risplenderà anche esteriormente, andando a completare quella parte di noi che qui in terra ci è sembrata brutta. Pensi al fascino di una madre Teresa, che non appariva certo come una bellezza, ma quanto bella e meravigliosamente gradevole dentro.
Si tratta di una bellezza del tipo di quella descritta dal cardinal Martini nella lettera pastorale Quale bellezza salverà il mondo.
Ne cito alcuni passi: La bellezza di cui parlo non è dunque la bellezza seducente, che allontana dalla vera meta cui tende il nostro cuore inquieto: è invece la bellezza tanto antica e tanto nuova, che Agostino confessa come oggetto del suo amore purificato dalla conversione, la bellezza di Dio... È la bellezza cui fa riferimento san Francesco nelle Lodi del Dio altissimo quando invoca l'Eterno dicendo: Tu sei bellezza!... .
LETTERA DEL MESE
Invece di far guerre per il petrolio
Sarebbe bello vedere incoraggiate le ricerche di energie alternative rinnovabili che diventeranno indispensabili tra non molti anni.
Ci sono mille novità positive a riguardo degli sviluppi di tecnologie energetiche alternative, soprattutto nel settore delle energie rinnovabili. Invece di fare le guerre per contendersi il petrolio e i terreni per fare passare i gasdotti, non sarebbe bello vedere incoraggiate le ricerche che diventeranno letteralmente indispensabili tra poco tempo? Oltre ad essere tutti figli dello stesso Dio, siamo anche tutti sulla stessa barca, che si chiama pianeta Terra. Dovremmo collaborare per il bene comune, invece che scannarci per le risorse.
V. Zamboni - Verona
Con il prezzo del petrolio alle stelle e relative spiacevoli conseguenze per il nostro portafoglio (caro benzina, aumento delle bollette della luce...), ci si aspetterebbe di vedere accresciuti l'interesse e i progetti per sottrarre la nostra vita e le nostre economie a questa gravosa dipendenza che non ha effetti solo sulle economie delle famiglie e degli Stati, ma anche, assieme agli altri combustibili fossili, sulla qualità ambientale dell'intero pianeta. Lo si sa da tempo che petrolio, carbone, legna... bruciati emettono anidride carbonica e altri gas che provocano l' effetto serra, responsabile di quei cambiamenti climatici che già ci stanno causando non pochi fastidi, ma che sono niente, dicono gli esperti, rispetto a quello che potrà capitarci se non si appronteranno per tempo i dovuti rimedi: e cioè il collasso della corrente del Golfo, l'aumento del livello degli oceani, onde anomale, alterazione dei monsoni, trombe d'aria gigantesche,uragani fuori rotta, desertificazione, scomparsa di specie viventi...
Dette così, solo parole. Un regista americano, Roland Emmerich, ha cercato, proprio in questi giorni, di tradurre nella suggestione di un film, The Day After Tommorow, tutte queste possibili conseguenze. Esagerazioni a parte dovute al genere, il futuro che il regista ci prefigura non è tale da farci dormire sonni tranquilli.
Tuttavia, l'enormità del pericolo non sembra inquietare più di tanto. Tant'è vero che il famoso protocollo di Kioto che prevede la riduzione a un livello appena accettabile delle emissioni dei gas responsabili dell'effetto serra, non è ancora stato sottoscritto da potenze mondiali e grandi inquinatori come Usa, Cina, Russia... perché ciò comporterebbe un freno alla produzione industriale. Inducendo a ripensamenti in chi aveva deciso di sottoscriverlo: se non lo fanno loro, che senso ha che lo facciamo noi?
E allora, via a maltrattare questa povera madre terra finché, inevitabilmente, si vendicherà . Eppure, possibilità di percorrere strade diverse esistono e c'è chi lo sta facendo con ottimi risultati, non certo ben visto da chi nel più facile petrolio coltiva interessi colossali.
Il sole, ad esempio, fratello Sole, che in questo tempo d'estate riscalda le nostre giornate e tonifica i nostri corpi, è una miniera pressoché inesauribile di energia pulita: basta captarla con appositi pannelli per poi convertirla in corrente elettrica... La stessa cosa si può fare catturando la forza del vento o sfruttando opportunamente le biomasse. E altro ancora sarà possibile, facendo grossi investimenti nella ricerca.
Gli italiani, stando ai sondaggi, sarebbero di-sposti ai cambiamenti, solo se fossero in grado di sostenerne le spese iniziali, non alla portata di tutti. E qui Stato e Regioni dovrebbero intervenire con adeguati sostegni, come fanno Paesi del Nord, dove il sole lo vedono gran poco, ma che sono in questo assai più avanti di noi. Non è solo una questione di soldi, ci corre l'obbligo morale, come Giovanni Paolo II spesso dice, di consegnare ai nostri figli un mondo pulito e vivibile che garantisca loro un futuro.