Lettere al Direttore

Ci fu un tempo in cui in questo periodo liturgico principi e papi si astenevano da ogni azione di guerra. Era la "tregua di Dio". E oggi?
26 Gennaio 2005 | di

LETTERA DEL MESE

Quaresima: riformulare le promesse del battesimo

Mentre le scrivo il carnevale celebra ancora i suoi riti grotteschi e goderecci. Per poco. Fra qualche giorno il mercoledì della ceneri ne segnerà , sulla carta almeno, la fine. Sarà  quaresima. Un periodo che nella memoria di chi è più avanti negli anni, è segnato anche esteriormente da un clima di austerità , di penitenza, di digiuno: al venerdì, ad esempio, ci si asteneva dalle carni, non si celebravano matrimoni... Oggi che a segnare lo scorrere della vita non è più il calendario religioso, il carnevale è continuo, ogni giorno è bollito e confuso nel calderone del consumismo, del non senso....
Anto  L. - Roma

Certo, la Quaresima oggi non ha più quel senso concreto e forte che aveva un tempo. In una società  pronta a ghermire ogni occasione per divertirsi e nella quale l'evento religioso incide sempre meno, la Quaresima non dice più nulla, o, tutt'al più, evoca riti che considera lugubri - digiuni, penitenze, vie crucis - da esorcizzare. Eppure, ci fu un tempo - intorno all'anno Mille - in cui essa aveva un significato e un'influenza così forti da indurre papi e principi a instaurare la tregua di Dio: in questo periodo liturgico, cioè dal mercoledìdelle ceneri a Pasqua, essi si astenevano da ogni azione di guerra. I cristiani d'Oriente addirittura non ricevevano l'eucaristia per non interrompere il digiuno che era uno degli elementi caratteristici della Quaresima.
Oggi la società  ha cancellato persino il ricordo della Quaresima. I mass media che pure danno risalto, per motivi contingenti e di cronaca, al Ramadam islamico, difficilmente dedicano due righe a questo periodo liturgico forte, che gli stessi credenti hanno ridotto tutt'al più all'astensione dalla carne il venerdì o dalla televisione, come molti vescovi e parroci invitano a fare, avendone smarrito il significato e il valore. Che possiamo definire come momento opportuno, occasione favorevole per pensare un po' a se stessi, di riformulare, lasciandoci guidare dalla Parola di Dio, le promesse del battesimo. Senza avere sul collo il fiato caldo del consumismo che offusca e vanifica altre grandi occasioni come Natale, Epifania, Pasqua...
Momento favorevole per riscoprire il battito del tempo segnato da Dio. Il rito del mercoledì delle ceneri, che apre la Quaresima, è un'occasione propizia. Certo, quelle ceneri poste sul capo dal sacerdote mentre ammonisce biblicamente: Ricordati che polvere tu sei e in polvere ritornerai, fanno venire brividi che non si vorrebbero provare perché la morte, esorcizzata dalla società , è l'ultimo dei pensieri. Eppure pensare che siamo polvere, cioè deboli e fragili, che chi oggi si crede potente e immortale può ritrovarsi a mordere la polvere, deve indurci a dare un ritmo e un senso diverso alle nostre giornate, a riordinare i fatti e le cose ridando senso e valore a ciò che veramente conta, liberandoci dal peso dei riti frenetici e travolgenti del nostro tempo, e dalle falsità  che esso impone per cui si deve per forza apparire forti, senza contraddizioni, senza cedimenti, bandendo ogni debolezza. E ad aprire invece il nostro cuore all'amore, alla compassione, al perdono, che è tutt'altro che debolezza.
La Quaresima dunque come stimolo per ritrovare il gusto e l'essenziale della vita, lasciandoci guidare dalla Parola di Dio. Gesù al diavolo che, dopo quaranta giorni di deserto e di digiuno, lo tentava, rispose: Non di solo pane vivrà  l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. Ecco, il senso della Quaresima è tutto qui: liberare per far spazio alla Parola di Dio, da tradurre in pratica con la vita.


Sotto il Vesuvio un'altra Napoli

Napoli, quartiere popolare. Un autobus avanza a fatica scansando scugnizzi, signore con le buste della spesa e macchine parcheggiate come Dio vuole. Fa molto caldo ed è l'ora di punta; l'autobus è affollato, manca l'aria e una ragazza avverte un malore. I suoi amici chiedono all'autista di fermarsi e il gruppetto scende in strada.
Una signora di un basso ha intuito subito la situazione e offre una sedia, un signore arriva un attimo dopo con una brocca d'acqua: Bevite, signurì, bevite. Poi è la volta di una ragazza che porta un asciugamano inumidito, mentre riesce a farsi strada anche una nonnetta che era seduta sull'uscio un po' più distante. Reca con sé un ventaglio che agita premurosamente sul viso della ragazza. In pochi attimi si è animata la via e si è radunato un capannello agitato e vociante di pronta sanità , finché interviene un signore dall'aria autorevole che con l'aiuto degli amici della ragazza riesce a liberarla dall'... assedio umanitario. Il malore passa rapidamente, il sorriso torna sulle labbra, la piccola folla si disperde. Buona fortuna, signurì, augura la prima soccorritrice, sventolando un fazzoletto. E la vita riprende ...
Tutti discettiamo severamente sulla monnezza di Napoli o sulla delinquenza che l'affligge; raramente ci ricordiamo della sua semplice, profonda umanità .
Vito Procaccini

Certo. Anche questa è Napoli. O, forse, questa è Napoli, il cuore buono della sua gente che quando si esprime in gesti come questi fa dimenticare per un po' anche la monnezza, la camorra e tutti gli altri disagi in cui la città  si dibatte.
Ma non c'è solo questo di positivo a Napoli, ci sono anche tante iniziative promosse dai napoletani stessi per aiutare la gente a prendere coscienza, per creare una mentalità  e una volontà  di lotta e di impegno, perché non ci siano più per le strade cumuli di monnezza, perché la camorra, disarmata dalla fine dell'omertà  (come hanno dimostrato alcuni casi recenti) allenti i suoi mefitici tentacoli, perché la città  possa sperare in un futuro migliore, senz'altro possibile, costruito dai suoi abitanti. 


La droga un problema ancora serio

Mi chiamo Antonio, ho passato buona parte dei mie 26 anni rimpinzandomi di alcol e droghe: da ragazzino, lo spinello, stupidamente assieme ad altri amici, e poi via via, data anche una mia certa fragilità  e una situazione familiare non certo esemplare e incoraggiante, sono passato alle droghe più pesanti e micidiali come l'ecstasy, con tutto l'orrendo corollario che si sa di soldi buttati, rubati o guadagnati nel modo più turpe... Sono finito con il rovinarmi mentalmente e fisicamente. Ormai mi sentivo, quando ero cosciente, come merce avariata, da buttare. E un giorno mi stavo davvero buttando, da un cavalcavia. Un gesto estremo, plateale, quasi inutile, perché bastava che aspettassi solo qualche mese e la natura avrebbe inesorabilmente fatto il suo corso. Questo ho fatto. Ho aspettato.
Ma proprio quando tutto sembrava finito, quando quasi in coma giacevo sull'orlo di un marciapiedi con la gente che mi passava accanto gettandomi, credo, uno sguardo di di-sprezzo perché si vedeva che ero un drogato, ecco fermarsi un buon samaritano, che si chinò su di me e, visto come stavo, chiamò il 118 e sono finito in ospedale. La faccenda poteva chiudersi lì: disintossicato e poi di nuovo sulla strada a farmi.
Invece l'indomani ecco farsi vivo quel buon samaritano, un anziano prete, che senza farmi tante prediche, ho cominciato a occuparsi di me. In lui con il tempo ho trovato il papà  che purtroppo non avevo avuto se non nelle parolacce e nelle maledizioni che mi lanciava (ne aveva ben donde) ogni volta che tornavo a casa fatto. Per farla breve, sono passato dall'ospedale alla casa del prete e poi in una comunità  di recupero dove, aiutato in tutti i modi, ho trovato quella froza che mi è mancata quando avrei dovuto dire no alla droga. Ho sudato sangue ma sono riuscito a venirne fuori. E ora mi sento libero e pieno di riconoscenza verso chi ha voluto credere in me.
Perché vi racconto questo, che in fondo è una storia che avrete sentito mille volte volte (per fortuna)? Ve lo dico non solo per dare speranza a chi è ancora invischiato nella droga e crede di non poterne uscire, ma per richiamare l'attenzione della gente e e l'impegno delle autorità  su un problema che pare dimenticato. Della droga e dei drogati si parla ormai poco, e a farsi sentire è solo chi vorrebbe eliminare il problema con le maniere spicce, non essendo giusto si spendano soldi dei contribuenti per chi il male se l'e voluto....
Antonio

La droga è una delle pagine più dolenti del disagio giovanile, problema non certo di oggi e che ha molte paternità : la famiglia, impaniata anch'essa in una serie di crisi e di difficoltà  che la rendono a volte incapace di svolgere come dovrebbe il suo ruolo di educatrice e di testimone; la società , che persegue e propone miti e modelli possibili solo nell'illusione dei grandi e piccoli schermi; i giovani stessi, che fanno della droga l'alibi alla loro nessuna voglia di impegnarsi e di lottare; la scuola, oggi avviluppata in una logica di opposizione alla riforma che la sta paralizzando. E così via...
Tutto questo in un contesto di difficoltà  economiche che distraggono l'attenzione, e non solo quella, da un problema vivo e dolente quale è la droga e il disagio giovanile, scomparso persino dalle pagine dei media.
Problema per il quale non esistono facili ricette, ma solo una decisa volontà  di agire a monte, lì dove nascono i di-sagi, coinvolgendo tutte le realtà  interessate in un lavoro duro e paziente fatto assieme, senza sterili contrapposizioni ideologiche o altro, avendo di mira il bene dei giovani, che è poi il bene di tutta la società .       


Il ricatto del fratello separato

Ho 48 anni, sono sposata con due figli e da due anni accogliamo una bambina bielorussa che vive in orfanotrofio. Con noi vive anche mio padre, rimasto vedovo. Io sarei felice, se non avessi un fratello separato che mi ha imposto di accettare la sua nuova compagna. Io non ci riesco, non posso farmi violenza, mi sembra di non essere coerente con quello che dice Gesù, non posso dare questa testimonianza ai miei figli, perché darei l'impressione che il matrimonio sia una farsa, una barzelletta, che ci si crede finché tutto va bene, altrimenti c'è la separazione...
Emanuela - Bari

Suo fratello si è separato e le ha imposto di accettare la nuova compagna, pena la chiusura del vostro rapporto. Un bel ricatto, che mette in crisi la sua coscienza e non sa se salvare il fratello o il principio morale, secondo il quale la separazione è una scelta contraria alla legge di Dio. Lei conosce bene la norma della Chiesa e sa quanto essa sia importante per orientare la coscienza di chi si sposa. D'altro canto, si rende conto di cosa significhi chiudere la porta in faccia a un fratello, soprattutto in un momento così delicato.
Mi piacerebbe che lei riuscisse a mettere sul piatto della bilancia tutti i pro e i contro, diventando più consapevole e quindi libera di scegliere. Nel ballottaggio sono in gioco la fedeltà  alla legge e la misericordia.
Il Vangelo afferma che Gesù non abbia mai avuto dubbi in situazioni analoghe: ha sempre salvato l'uomo, ritenendolo più importante del sabato e di tutte le normative. Ha mostrato una predilezione per i peccatori e ha sempre tentato di socializzare con loro. Sapeva bene che la conversione ha bisogno di una relazione. Escludere chi sbaglia può apparire una scelta giusta, poiché dà  l'illusione di rompere con il peccato. In realtà , si rompe col peccatore e lo si consegna alla solitudine, all'angoscia di chi si sente con un piede nel vuoto e la mano tesa verso il nulla, dal quale nessuno è pronto ad afferrarla.


Ora dice di sentirmi come un'amica

Mi permetto di raccontarle in breve la mia situazione... È un anno e mezzo che sono fidanzata con un ragazzo. All'inizio era tutto bello, sembrava che la nostra storia si sarebbe conclusa con il matrimonio, ma purtroppo non è stato così! Sono ormai quasi cinque mesi che viviamo una situazione strana... Lui ha detto di sentirmi più come un'amica che come la sua ragazza, e questo mi fa star male! La cosa buffa è che non si decide, non vuole prendere una decisione per paura di sbagliare. Il problema è che io ci sto male e nemmeno io mi decido, non ho il coraggio e la forza di chiudere la storia. Spero e prego ogni giorno che tutto possa risolversi per il meglio, anche se sinceramente arrivati a questo punto non ci credo più tanto.
Cinzia - Roma

Un anno e mezzo fa, quando la vostra storia sbocciava, già  ne prefigurava il matrimonio. Da cinque mesi l'idillio è mutato. Lui la sente come un'amica e non come prima: non vuole prendere alcuna decisione e quindi trascinate stancamente un rapporto scialbo.
Vi conosco troppo poco per azzardare un suggerimento. Mi limito ad alcune indicazioni generali. La vostra relazione, superata la fase dello stato nascente, è giunta alla tappa successiva, ma uno dei due non vi è approdato seguendo un percorso evolutivo.
Per il suo amico il sentimento iniziale non è diventato amore. Si è sviluppato in un'altra dimensione: quella dell'amicizia. Lei si meraviglia della sua incapacità  di decidere? Ma è l'atteggiamento tipico di chi, affezionatosi a un altro, non gli farebbe mai del male. Direttamente. Preferisce una strategia diversa, che punta a stancarlo e far sì che sia l'altro a prendere la decisione che lui stesso non ha il coraggio di prendere. Salvo, poi, viverla come una profonda liberazione, soprattutto perché lo esonera da ogni responsabilità .
È un'ipotesi: perciò la consideri per quel che vale. Se le sembrasse plausibile compia lei la scelta più saggia, cercando di negoziare una fine che non lasci né vinti né vincitori. Per ciascuno potrebbe essere stata un'esperienza maturante, propedeutica a un altro amore, più vero e stabile.


Privatizzare l'acqua potabile? Un'assurdità 

Ho letto da qualche parte che c'è chi vorrebbe privatizzare, addirittura a livello mondiale, l'acqua potabile, alla pari delle Poste, dei treni, della benzina o che altro.
Le pare possibile che un bene così essenziale per la vita della gente possa finire nelle mani delle multinazionali e della loro inesausta esosità ?.
Antonio Coltro - Domodossola

Effettivamente c'è chi pensa a soluzioni del genere, Ma ci sembra un'assurdità . L'acqua - è detto a questo proposito nel bel Compendio della dottrina sociale della Chiesa edito di recente dalla Libreria editrice Vaticana - per la sua stessa natura, non può essere trattata come una mera merce tra le altre e il suo uso deve essere razionale e solidale. La sua distribuzione rientra, tradizionalmente, fra le responsabilità  di enti pubblici, perché l'acqua è stata sempre considerata come un bene pubblico, caratteristica che va mantenuta qualora la gestione venga affidata al settore privato. Il diritto all'acqua, come tutti i diritti dell'uomo, si basa sulla dignità  umana, e non su valutazioni di tipo meramente quantitativo, che considerano l'acqua solo come un bene economico. Senza acqua la vita è minacciata. Dunque, il diritto all'acqua è un diritto inalienabile perché la dignità  dell'uomo e le sue esigenze primarie mai possono essere sacrificate sull'altare dell'economia. 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017