Lettere al direttore
Quest’estate saltano le vacanze
«Quest’estate, per la prima volta, la mia famiglia non andrà in vacanza. Mia moglie è in cassa integrazione e, con due figli ancora piccoli e il mutuo da pagare, ogni spesa extra ci sembra un azzardo. Ho un senso di delusione, quasi di fallimento, e il futuro mi fa un po’ paura.
Confesso inoltre di provare fastidio quando sento in tv politici, e a volte anche esponenti della Chiesa, dire che abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità e che bisogna apprezzare gli aspetti positivi di questa era di sobrietà. Che provino a spiegarlo ai miei figli che vorrebbero tanto andare al mare».
Luigi
Caro Luigi, oggi le vacanze non sono solo meritato riposo, occasione di un tempo bello da passare in famiglia, possibilità di riappropriarsi di aspetti della vita tralasciati durante il periodo lavorativo, ma, nella nostra società, assumono un valore simbolico molto forte. Sono un quasi-obbligo-sociale e inducono la percezione di aver raggiunto il soddisfacimento dei bisogni essenziali e di poter quindi, seppur per pochi giorni, godere appieno della parte più leggera e ludica della vita.
Dover fare a meno di tutto questo per necessità mette a dura prova l’autopercezione e, in un certo senso, la stessa visione positiva del futuro, come lei giustamente rileva. Da parte mia, non sono tra quelli che esaltano la sobrietà solo ora che non c’è altra scelta. Né credo che la sua famiglia – come la maggior parte delle famiglie italiane – abbia vissuto più di tanto al di sopra delle proprie possibilità. Basterebbero, a dimostrarlo, i dati sul risparmio ora sbandierati come particolarità tutta italiana. Sprechi ed eccessi vanno ricercati altrove, a partire dagli uomini e dai luoghi di una certa politica alla quale purtroppo molti cittadini guardano con rassegnazione.
Credo inoltre che non sia opportuno assolutizzare le difficoltà di un periodo, estendendole come un manto nero su tutto il futuro. Chi può ragionevolmente dirle che le vacanze non torneranno, insieme a una rinnovata serenità?
Nel frattempo, se è vero che questa sobrietà è una necessità, è anche vero che si può fare, come dice il proverbio, «di necessità virtù», aspettando tempi migliori. Ci sono forme alternative di vacanza – anche noi ne proponiamo alcune in questo numero – che permettono di riempire di divertimento e contenuti il tempo libero senza spendere cifre esorbitanti. Ognuno a tal proposito deve scegliere secondo la propria creatività e il proprio gusto, per non perdere insieme alle vacanze anche la «voglia di volare alto».
Vangelo a caso: fede o superstizione?
«Caro direttore, anche oggi, come quasi tutti i giorni, ho “parlato” con il Signore attraverso il Vangelo. Dinanzi a una situazione nella quale non sapevo come comportarmi, ho aperto a caso una pagina delle Scritture, e ho cercato di instaurare un filo diretto con il Signore, ascoltando e meditando la sua Parola. Ma quante volte, cercando di imitare san Francesco, riesco a capire il significato vero e profondo del messaggio evangelico? Per questo mi scruto nell’anima e mi chiedo se il mio sia un gesto sano e positivo oppure una pratica insensata e scaramantica dal sapore un po’ pagano…».
Lettera firmata
Cara signora, leggere la Bibbia, e in particolare il Vangelo, lasciando che siano le parole della Scrittura a dettare comportamenti e a ispirare scelte, è senz’altro encomiabile. Vanno fatti, però, dei distinguo.
Tutti i cristiani (non solo i sacerdoti o i consacrati) dovrebbero avere una certa familiarità con le Scritture: la loro conoscenza, infatti, ci permette, oltre che di consolidare la fede, di «rendere ragione della speranza che è in noi» (1Pt 3,15), cioè di comunicare ad altri il senso e la bellezza del nostro credere. Al contempo, però, non possiamo accostarci al testo sacro come se leggessimo un romanzo a puntate o, peggio ancora, un oroscopo: la lettura della Bibbia non può essere confusa con un metodo divinatorio. Le Scritture vanno avvicinate con intelligente rispetto e sempre dopo un tempo adeguato di preghiera.
È vero che alcuni grandi santi, tra cui lo stesso san Francesco che lei cita nella sua lettera, dinanzi ad alcune scelte si sono fatti ispirare dalla lettura di brani evangelici (a proposito del Poverello d’Assisi, famoso è l’episodio narrato da San Bonaventura nella Leggenda Maggiore, [FF 1053]: Francesco, non sapendo come comportarsi dinanzi all’arrivo dei suoi primi compagni, aprì per tre volte il Vangelo, traendo da esso ispirazione), ma l’hanno fatto come scelta assolutamente straordinaria. Non ne è nata, cioè, un’abitudine, un atto ripetitivo replicato a piacimento, col rischio evidente di innescare un approccio banale e al limite irrispettoso alla Parola di Dio.
Va poi sottolineato che nessun testo delle Scritture deve essere letto sganciandolo dal proprio con-testo. Ogni frase, ogni brano hanno un preciso significato che si può comprendere pienamente solo all’interno del quadro complessivo in cui sono inseriti. In caso contrario, ne è pregiudicata la comprensione autentica.
L’ignoranza del contesto in cui è collocato un determinato brano, inoltre, può portare a pericolose letture «fondamentaliste», dalle quali mette in guardia anche un importante documento della Pontificia commissione biblica (L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa, 1993). Il «letteralismo», che porta all’applicazione troppo facile di frasi, sentenze, versetti biblici alla propria o altrui situazione di vita, altro non è che gretto fondamentalismo. Sarebbe come se qualcuno prendesse una sua frase e, senza alcun legame con quanto da lei detto prima e dopo, ma ancor più senza riferimento alcuno alla sua persona e storia, ne facesse un’espressione rivelativa della sua volontà.
Lettera del mese
Bisturi delle mie brame
Oggi si insegue l’illusione di scolpire la propria immagine come se l’interiorità fosse l’involucro e l’esteriorità la sostanza vera della vita, da accudire in modo ossessivo.
«Caro direttore, sono una giovane lettrice del “Messaggero”, giornale che entra nella mia famiglia praticamente da sempre. Le scrivo perché ho letto qualche tempo fa una sua breve risposta a una madre che voleva un parere sulla chirurgia estetica cui la figlia avrebbe voluto fare ricorso. Bene, io le chiedo di tornare sull’argomento, questa volta non dal punto di vista della madre, ma della figlia. Mi può spiegare che cosa c’è di male nel voler ritoccare un po’ il proprio aspetto fisico? Non parlo di grandi interventi, magari rischiosi, ma di una semplice “aggiustatina”. Io l’ho chiesta ai miei genitori come regalo (50 per cento di contributo) per i 21 anni. Ripeto, non si tratta di un intervento né troppo costoso né pericoloso, ma mi aiuterebbe a stare meglio con me stessa e a superare qualche complesso di inferiorità che a causa di quel difetto mi porto appresso: ho un viso carino, ma sono molto alta e praticamente piatta. I miei sono contrari, e io proprio non capisco perché. Compirò gli anni a settembre: mi risponde prima di quella data? Grazie!».
Maria Chiara
Cara Maria Chiara, la tua non è una lettera alla quale si può rispondere sì o no. Anche perché l’età ce l’hai e penso anche la testa e i soldi (nel tuo scritto, che ho tagliato per questioni di spazio, mi dici che già lavori part time come commessa) per decidere. I tuoi genitori, per parte loro, fanno i genitori, e la contrarietà espressa dice una giusta preoccupazione per qualcosa che ritengono prematuro e probabilmente con un certo margine di rischio. A loro favore depone il fatto che non sempre i luoghi dove avvengono questi interventi sono adeguati allo scopo e il personale nelle cui mani ci si affida di sicura competenza. Qualche beffa della sorte (volendo la bellezza a ogni costo, e soprattutto oltre ogni limite, qualcuno ha pagato un prezzo alto e raggiunto il risultato opposto) l’abbiamo sentita tutti in televisione, motivo per il quale la scelta della clinica, nonché del medico che eseguirà l’operazione correttiva, va fatta senza improvvisazione e non barando troppo col listino. Come sai bene, c’è anche il low cost della chirurgia estetica, là dove l’intervento – se all’estero, in qualche caso andata e ritorno compresi – è offerto sottoprezzo.
Certo la voglia di essere belli, ma ancor più di sentirsi come tutti, «normali», in particolare per una ragazza della tua età, è un richiamo di grande appeal. Che dire? Ricordo l’aspra polemica suscitata un paio d’anni fa, in Inghilterra, dalla decisione di una madre di intervenire sui tratti somatici della figlia Down una volta che questa avesse raggiunto la maggiore età. L’intervento su Ophelia, sosteneva la madre Chelsea intervistata dal «Daily Mail», sarebbe servito a renderla più accetta in società. Dall’altra parte, l’Associazione britannica per la sindrome di Down ribatteva che «nessuno dovrebbe sottoporsi a un’operazione estetica per divenire più accettabile per la società». Senza negare la legittimità della scelta che crederai più giusta per te, ragazza sana e vispa oltre che carina, voglio solo sostare sulla voce gridata e omologante della massa, del così fan tutti, proveniente oggi dal mondo della televisione (veline più effetto Cristina del GF) e della pubblicità, che sembra mettere tutti in riga. Ci sono infatti in giro standard irraggiungibili di bellezza e si è alzata in modo sproporzionato l’asticella sotto la quale c’è per molti solo il tormento dell’inadeguatezza e dalla disistima. Non si tratta più di stare bene nei propri panni e di fare pace con il proprio corpo, come si diceva una volta verbalizzando un’aspirazione del tutto legittima, perché sempre più spesso si insegue l’illusione di scolpire la propria immagine come se gli anni ci scivolassero addosso, come se l’età potesse essere messa in stand by, come se l’interiorità fosse l’involucro e l’esteriorità la sostanza vera della nostra vita, da accudire in modo ossessivo. Forse non è il tuo caso. Comunque pensaci.