L’incubo del dovere
· A Claudio la vita, a casa e a scuola, ormai appare un luogo dove bisogna a tutti i costi dimostrare di saper correre, per non perdere i passi successivi. A forza di sentirsi dire: sii preciso! sbrigati!, gli è nato l'impulso di lasciar perdere per non sentirsi angosciato.
· I genitori di Claudio sono puntuali, attenti, precisi, amanti dell'ordine e della bontà : inculcano l'altruismo e la generosità . Ma si ritrovano con un figlio svogliato, e più essi insistono nella loro retta via, più il figlio si disamora. Dove stanno sbagliando?
· Bambini come Claudio, sono bambini stanchi di vivere anzitempo, perché sulle loro spalle è stato caricato il peso di una meta ardua da raggiungere e perché si sentono soli. |
Claudio è un bambino che vive un forte disagio. Lo dicono le sue parole: 'Mi piacerebbe essere piccolo, come quando andavo all'asilo'. Lo dicono i suoi comportamenti: a casa ha sempre bisogno di chiedere qualcosa, non è mai contento, vorrebbe sempre che la mamma e il papà fossero pronti a dargli qualcosa in più, trova ogni volta il modo di criticarli: 'Non hai capito. Ma io volevo, perciò prima mi devi dare...'. Lo dicono i suoi atteggiamenti a scuola: appare spesso distratto, quasi svogliato, e non riesce mai a portare a termine quanto gli viene chiesto.
Ma che bambino è? Claudio ha otto anni, frequenta la terza elementare e fa parte di una famiglia davvero come si deve. Mamma e papà sono due giovani per bene. Anche troppo. Spinti da un forte senso di responsabilità , hanno costruito la loro giovinezza e la loro famiglia con grande impegno. Entrambi sono occupati in aziende dove hanno incarichi di un certo livello e non sono mai venuti meno ai loro obblighi.
Il papà spesso si porta dello straordinario a casa: si chiude nello studio, raccomanda di non disturbarlo perché la distrazione potrebbe fargli commettere degli errori, e ne riemerge solo quando il lavoro può dirsi eseguito in forma per lui soddisfacente. Il papà dice spesso che i lavori vanno fatti con cura e che la precisione la dice lunga su come una persona vive e svolge i propri doveri. Ha cominciato a ricordarlo spesso anche a Claudio, da quando il bambino ha iniziato le sue 'fatiche' scolastiche. Proprio così, ripete il papà , di 'fatiche' ce n'è un po' per tutti a questo mondo: anche Claudio deve prendersi le sue e portarle a termine senza trascuratezze e negligenze.
Fin da subito, a Claudio la scuola è apparsa come il luogo dove la spensieratezza è perduta, anzi sarebbe pericolosa fonte di distrazione, e dove la concentrazione è 'fatica' dovuta e non già soddisfazione di sperimentare la propria capacità di riflettere e ragionare. Così ha preso a sentirsi molto pressato da richieste di precisione, e la scuola si è trasformata da luogo di curiosità in luogo di penitenza.
D'altro canto, meglio di certo non gli è andata con i compagni: si sente più bravo di loro, perché a lui è stata spiegata l'importanza grandissima della scuola, ma la 'fatica' di essere bravo è così pesante che finisce per averne paura, e teme di non riuscire a sostenere il confronto con i compagni. Difatti, a scuola non ha amici: la sua aria petulante, di saputello, che guarda gli altri dall'alto al basso, ha finito per infastidire i compagni, che lo lasciano da parte e quasi mai lo chiamano ai giochi di gruppo.
E la mamma? La mamma esprime in altro modo il suo forte senso del dovere. Fin da quando ne ha i ricordi, le è stato detto che nella vita è fondamentale collaborare, rendersi utili, e non dire mai basta. Per la mamma, allora, la giornata è sempre troppo corta: c'è prima di tutto da badare che a Claudio non manchi nulla. Quello che viene dopo il suo bambino è un elenco di occupazioni pressoché interminabile: il lavoro, la casa, la spesa, i vecchi genitori, i fratelli in crisi, le amiche bisognose di consigli, le attività di quartiere... Per la mamma non è mai tempo di dire basta. Anche quando si sente stanchissima, sa che c'è sempre qualcos'altro che può fare per rendersi utile. Per la mamma essere disponibile è davvero importante. Così dice continuamente a Claudio che bisogna sbrigarsi: al mattino quanto ci si alza, a scuola quando si devono riempire le schede, a tavola quando non si può indugiare perché poi ci sono tante commissioni, nel pomeriggio quando si devono fare i compiti... Perfino al parco giochi il tempo è rigorosamente calcolato!
A Claudio la vita, a casa e a scuola, ormai appare un luogo dove bisogna a tutti i costi dimostrare di saper correre, per non perdere i passi successivi. A forza di sentirsi dire, da una parte: sii preciso!, dall'altra: sbrigati!, gli è nato come l'impulso di lasciar perdere per non sentirsi angosciato, per non dover competere con i compagni, per non voler lottare col tempo. Più mamma e papà lo sollecitano amorevolmente, più Claudio rallenta e lascia a metà .
È davvero arrivato il momento di intervenire. Come?
Lo psicologo
Eppure gli abbiamo dato tutto
Un rimedio alla situazione di Claudio? L'inizio è il rinverdire dei sorrisi e delle risate in famiglia, il riprendere a giocare, proprio a giocare, con limpidezza e con gioia.
Claudio, pur essendo unico, è emblema di numerosi altri disagi infantili.Visto da un lato, possiamo porre Claudio in coda a una infinita fila di altri bambini. Considerato con il cuore in mano, Claudio patisce di un dolore tutto suo personale. Del resto questo accade per tutte le malattie non rare.
Come non tutti i bambini sono Claudio, così non tutti i genitori sono padre e madre di Claudio. Il modo di comportarsi nell'educare i figli differisce da genitore a genitore.
Si incontrano spesso genitori animati da grande buona volontà , guidati dal senso del 'far il meglio possibile', tutti tesi alla riuscita dei figli, e soprattutto decisi fin dalla nascita dei piccoli, a non 'fargli prendere una brutta piega'. Sono genitori puntuali, attenti, precisi, amanti del'ordine e della bontà . Genitori che inculcano l'altruismo e la solidarietà .
Come risultato si trovano tra mano un figlio svogliato. E più i genitori insistono nella retta loro via, più il figlio si svoglia, si disamora e diviene preda della cascaggine. Ecco, alla fine, figli cascanti e disaffezionati da tutto, e genitori avviliti e disorientati.
Per un esperto, l'osservazione più ovvia che gli viene alla bocca è: 'Se il comportamento dei genitori ha influito sul rendimento del figlio, cerchiamo di modificare e di ammodernare il comportamento dei genitori, per edificare un rapporto diverso tra i genitori e i figli'.
Invece la quasi totalità dei genitori interessati, oltre l'avvilimento, pone la domanda: 'Che cosa non va in mio figlio?'.
Nel mio non breve percorso di consulente, non mi è capitato una sola volta di udire un genitore che rivolgesse, come prima domanda, un: 'Che cosa non funziona in me?', o almeno l'altra domanda: 'C'è qualche variazione da attuare nel modo di trattare i figli?'.
Per tutti i genitori, è il figlio che 'funziona male'. 'Gli abbiamo dato tutto - dicono i genitori - ed ecco il bel risultato!'.
Anche la madre di Claudio dà tutto. Ma proprio tutto. E più di tutto. Dona a Claudio perfino la propria ansia e la propria inquietudine, il proprio malessere e la propria insistenza nel volere che lui cresca bene, ma proprio bene assai.
Anche il padre di Claudio dona più di quanto è sufficiente per una serena educazione. Gli dona stimoli, esempi eroici, cure assillanti.
A Claudio sono bastati, per la sua educazione, un padre e una madre. Il surplus di affanni, di inquietudini e di assilli da loro arrecato, sconfina oltre l'azione educativa, è un'aggiunta non necessaria al fanciullo. Ed essendo non necessaria, diventa dannosa. È come per il mangiare: quando si mangia più del necessario, è dannoso.
All'opposto, all'interno di una educazione corretta e misurata abita la serenità . E con la serenità , legata a doppio filo, la misericordia. Dio, che è il più grande educatore, per educarci usa a piene mani la misericordia. E quando egli si abbassa verso di noi con la sua misericordia, allora ci viene una gran voglia di agire: la svogliatezza di dissolve. La rigidezza e l'ansia che accompagna la rigidezza, non si attagliano a Dio, proprio perché non si attagliano a quel Dio in formato umano, che è Gesù Cristo.
Un rimedio alla situazione di Claudio? L'inizio del rimedio è il rinverdire dei sorrisi e delle risate in famiglia, il riprendere a giocare, ma proprio a giocare davvero, con limpidezza e con gioia.
Noi adulti abbiamo scordato il vero giocare, per dedicarci alla pesca o alle carte. Ai bambini e agli adolescenti procuriamo tutt'al più un complesso di divertimenti. Infatti, i nostri giovani conoscono molto di più il divertimento che non la gioia. Si divertono (col sesso, nella discoteca, lanciando massi dai cavalcavia, per esempio), ma hanno dimenticato di gioire. Escono da famiglie che fin dal loro formarsi hanno cancellato la gioia e si sono concesse svaghi o divertimenti. Se Diogene nascesse nella nostra società , con il suo lanternino non solo cercherebbe l'uomo, ma soprattutto si darebbe da fare a stanare la gioia.
L'educazione di Claudio, per rendere il fanciullo felice, deve essere condotta da educatori felici, gioiosi, non ghermiti dal demone dell'efficienza e dei risultati anche educativi.
La cura, quindi, di tutta la situazione difficile, vanta un esordio semplicissimo: 'Cari genitori, sorridete a Claudio, ridete e gioite con lui. Il resto verrà . Il riso è più contagioso di tutti gli insegnamenti pedagogici. Ridete un po' e il figlio riacquisterà la voglia di vivere'.
Crescere con i figli. Le nuove regole dell'educazione, Massimo Ammaniti, Mondadori, pagine 216, lire 28.000. Il mestiere di padre e di madre è qualcosa di istintivo? Basta dialogare con i figli per convincerli a fare quel che deve essere fatto? È giusto lasciare gli adolescenti di scegliersi svaghi, compagnie... senza interferire con consigli e prediche? È vero - afferma l'autore del libro, noto psicoanalista - che bambini e adolescenti non amano norme e divieti perentori, però hanno bisogno anche di punti fermi, di regole chiare e ragionevoli. E anche di un po' di severità serve a far capire loro che cosa è importante per la loro vita e il loro futuro. |
L'educatore
Come rendere un figlio infelice
Come può un bambino sognare di diventare adulto, se gli è stata rubata l'infanzia di cui pure avrebbe avuto diritto?
Quanti sono i bambini che, come Claudio, non hanno voglia di crescere? Parecchi. Sono bambini che condividono la stessa tristezza: per essere accettati devono in qualche modo corrispondere all'immagine ideale che i genitori hanno a lungo 'covato' per loro. L'immagine ideale, si sa, è bella come un quadretto: ogni elemento è armonizzato in modo sapiente e non si presta a sorprese dell'ultimo momento, come invece capita quando si ha a che fare con un bambino in carne e ossa.
Sono bambini privi di un sicuro ancoraggio affettivo: hanno i genitori, ma spesso questi non sono disponibili nei momenti di emergenza emotiva. Ciò li costringe a un precoce 'fai da te', che li mette solo nella condizione di avviare il processo di accumulo di ansia e insicurezza, che gradualmente li condurrà a elaborare una inconsistente immagine di sé, inadeguata a rispondere alle provocazioni della vita.
Sono bambini infelici, che tentano disperatamente di lanciare agli adulti segnali di vario genere, perché hanno bisogno di aiuto. Difficilmente trovano risposte adeguate: esse richiederebbero tempo e disponibilità , fantasia e sapienza del cuore, momenti di osservazione e di ascolto. Sono bambini stanchi di vivere anzitempo, perché sulle loro spalle è stato caricato il peso di una meta ardua da raggiungere, per cui si sentono soli.
Quanti genitori ricalcano le orme di quelli di Claudio? Sono più numerosi di quanto si possa credere. In genere corrispondono a persone impegnate, che si distinguono nell'ambiente di lavoro per serietà e professionalità . Sono aperti alle esigenze degli altri (a condizione che non facciano parte della cerchia familiare ristretta) e spesso offrono il loro aiuto senza esserne richiesti. Osservatori esterni potrebbero attribuire loro l'etichetta di 'genitori quasi perfetti'.
In casa non hanno un minuto libero. Se lo avessero potrebbero accorgersi di non piacersi abbastanza, potrebbero affiorare le motivazioni profonde che sorreggono l'attivismo che li caratterizza. Potrebbero sentirsi a disagio perché lo loro immagine 'domestica' è impari se confrontata a quella 'pubblica', elaborata in tanti anni di duro lavoro e di impegno. Per evitare simili amarezze, tendono a trasferire in casa la rigidità tipica degli ambienti di lavoro: per ottimizzare il rendimento, ciascun membro della famiglia deve fare il suo dovere, anche a costo di soffocare le esigenze della sua persona. Un simile progetto non ammette deroghe, neppure per i bambini.
Così Claudio dovrà evitare di distogliere il padre dagli impegni professionali che lo obbligano 'allo straordinario' a casa. Dovrà rinunciare al desiderio di giocare con lui, di parlargli, di farsi coccolare e magari di farsi aiutare a svolgere i compiti che gli appaiono più complicati. Per andare d'accordo con sua madre non deve concedersi la minima tregua. I vari momenti della giornata sono sempre più minuziosamente predisposti e il ruolino di marcia previsto deve essere rigorosamente rispettato; diversamente è bene non fare. Così la vita appare a Claudio una stancante corsa senza fine, sempre regolata dallo snervante ritornello 'sbrigati, che è tardi!'.
In questo contesto, Claudio difficilmente può aspirare a diventare grande. Come può un bambino sognare di diventare adulto, se gli è stata rubata l'infanzia di cui pure avrebbe avuto diritto? Può un bambino digerire amarezze e tensioni senza lanciare segnali di disagio e di crisi? Il non andare bene a scuola di Claudio, la sua difficoltà a socializzare, sono modalità ormai strutturate di risposta ai messaggi improduttivi che continua a ricevere e che potrebbero essere riassunti così: 'Tu, figlio, non fai quello che ti diciamo, non ubbidisci alle regole che ti dettiamo, non ti lasci suggestionare dalla nostra operosità , perciò ti meriti rimbrotti a non finire, che ti respingono proprio nel momento in cui avresti bisogno di essere accolto, che ti snervano, perché ti raggiungono quando sei al limite della tua capacità di sopportazione. Tu ci chiedi affetto, disponibilità , dialogo, accoglienza: vedi di arrangiarti, perché non abbiamo tempo di crescere con te. Tutto, per noi, è più importante di te...'.
Un cambiamento radicale dei genitori favorirà certamente il recupero di Claudio.