Massimo Camisasca. Viaggio nel mistero della vita

«Dentro le cose, verso il mistero. La mia vita come un albero». Si intitola così il recente volume di don Massimo Camisasca. Un itinerario all’interno di se stesso per riscoprire le tracce di Dio che si celano e manifestano in ogni cosa creata.
23 Aprile 2012 | di

«Don Massimo sa dire, e spesso dice, cose di una profondità definitiva e talora persino imbarazzante, ma con una naturalezza di espressione e un nitore di parola tali che i concetti più complessi e impegnativi passano all’interlocutore senza quasi che se ne accorga». In queste poche parole, tratte dalla prefazione firmata da Aldo Cazzullo, è racchiuso il segreto della bellezza di Dentro le cose, verso il mistero. La mia vita come un albero (Bur, 2012, pagg. 154, € 8,90), l’ultimo libro di don Massimo Camisasca, fondatore e superiore generale della Fraternità missionaria San Carlo.

Pagine piene di poesia e saggezza e dense di immagini, ma al contempo di una concretezza sbalorditiva. Chiunque può ritrovarsi nelle piccole e semplici esperienze quotidiane narrate da don Camisasca; pochi, però, possono dire di averle vissute in modo altrettanto intenso. E, soprattutto, con un senso così pervasivo di sacralità. Per questo è un libro da leggere e rileggere, capace di svelare ogni volta al lettore significati nuovi.

Msa. Un viaggio in se stesso e attraverso gli anni (ricchi di esperienze, incontri, ricordi). Possiamo definirlo così questo suo libro, don Massimo?
Camisasca. Questo libro è un viaggio che va dalle cose all’infinito. A quell’infinito che è dentro di noi e che è abitato da Dio e da tutte le esperienze di conoscenza che abbiamo vissuto, che è abitato anche dai sentimenti, dai ricordi, dalle speranze.
Poi un viaggio verso l’infinito che è fuori di noi e che ci parla attraverso la natura, la poesia, l’arte, la letteratura, la filosofia, la storia, la Sacra Scrittura… Mi sono divertito a ripercorrere le strade fondamentali che hanno segnato la mia esistenza, non per il gusto di ricordare o di riassaporare, ma per il desiderio di aiutare. Aiutare gli uomini e le donne, miei fratelli e sorelle, a trovare le strade per rispondere ai grandi enigmi dell’esistenza. Abbiamo davanti a noi un’infinità di libri da leggere. Ogni cosa è un libro, ma spesso non sappiamo decifrare i segni che ci vengono dalla realtà. Questo mio ultimo libro vuole essere un aiuto a leggere i segni. È un modo di camminare assieme alle persone che incontro tutti i giorni per strada.

Lei dedica alcune pagine molto intense al suo rapporto con la natura, pervasa di mille colori.
La natura è la parola primordiale con cui Dio ci parla e con cui ci fa compagnia. È il mondo come è uscito dalle sue mani. Quando cammino in mezzo alla campagna che circonda la mia casa nella periferia di Roma, quando guardo dal finestrino del treno, quando mi trovo davanti al mare o cammino in un bosco… sono preso da una grande consolazione e anche da una grande speranza. La consolazione mi viene dai colori e dalla bellezza delle forme. La speranza mi viene dal desiderio che questa forma primordiale del mondo possa avere la vittoria sulle brutture con cui l’uomo, misteriosamente, ogni giorno la deturpa. La natura è come un presentimento di ciò che ci attende. Più che guardare al passato, essa è una finestra sul futuro. Uccidere la natura significa uccidere nel cuore dell’uomo la possibilità di immaginare la bellezza e, infine, il bene.

Quanto conta nella vita il serbare la capacità di guardare al mondo con stupore?
Quando vedo lo sguardo dei miei pronipoti, imparo il tempo bellissimo e drammatico della vita che è l’infanzia. I loro occhi sgranati sembrano vedere tutto per la prima volta. Anche noi dobbiamo imparare continuamente, in ogni età della vita, questo sguardo che ci rende creativi, poeti, avventurieri, artisti, ma anche madri e padri di famiglia, uomini e donne appassionati, folli e ubbidienti nello stesso tempo.

Lei ha dedicato una parte importante della sua vita all’insegnamento. Quanto incidono, a suo parere, gli insegnanti nella vita di un ragazzo? E, soprattutto, che cosa significa oggi insegnare?
I miei insegnanti sono stati fondamentali per la mia crescita. La gran parte di loro in senso positivo. Il compito di un maestro o di un professore di scuola è paragonabile a quello di un genitore, di cui dovrebbe continuare l’opera. Il suo scopo è aiutare il ragazzo a pensare in modo giusto, a leggere, a scrivere, a vedere. Dagli anni dell’adolescenza dipende tutta la vita. Spesso i veri insegnanti sono gli amici. Dobbiamo aiutare i ragazzi a trovare degli amici veri. Insegnare vuol dire portare un ragazzo a conoscere e ad amare, ad aprirsi alle cose, alle parole, alle persone. A vedere le testimonianze della storia, a incontrare coloro che hanno fatto grande il mondo. Occorre aiutare i giovani a sperare e a progettare.

In un passo del suo libro scrive: «Il cristianesimo è la glorificazione dei sensi». Perché, allora, spesso, si dice il contrario?
Perché il cristianesimo è vissuto male, in modo ridotto. Se si torna alla fonte del cristianesimo, si vede che per Gesù tutto l’uomo è destinato alla gloria. Non c’è in lui la condanna del corpo o della materia. All’opposto, c’è l’esaltazione di tutto ciò che è umano: il rapporto con l’uomo e con la donna, i fiori, il mangiare e il bere, gli uccelli del cielo, i denari… Certo, ogni cosa per essere vissuta in modo vero deve passare attraverso la conversione del nostro cuore. Molto di ciò che passa per le nostre mani tende a sciuparsi per via della tentazione di voler possedere tutto. Chi segue Gesù trova la vera pienezza della vita.

A un certo punto del suo volume, parlando del silenzio, lei propone una «grande disintossicazione mondiale». Che cosa intende?
Quando parlo del silenzio uso parole molto forti. Molte persone oggi sono schiacciate da un’overdose di notizie, di parole, di immagini, di suoni. Tutto ciò uccide in noi la possibilità di guardare, di vedere, di godere, di capire. Penso che il silenzio sia un crinale tra la vita e la morte. O l’uomo riuscirà a ritrovare spazi di silenzio nella propria giornata, oppure diventerà una macchina infelice.

Lei scrive: «La storia ci educa alla responsabilità». Vale a dire?
Lo studio della storia, una delle grandi passioni della mia vita, mi ha insegnato che essa è un campo di battaglia, dove combattono le libertà degli uomini. Attraverso ciò che accade, ciascuno di noi è interpellato da una voce che lo raggiunge e che lo invita a rispondere. Attraverso gli avvenimenti, piccoli o grandi non importa, arrivano a noi sollecitazioni continue, che ci invitano a prendere posizione. Penso che la lettura di un buon libro di storia, scritto da una persona onesta, possa essere un buon compagno di viaggio per la vita di un uomo.

In più di un’occasione lei sottolinea che «tutto concorre alla ricerca della verità». Come spiegare, questo, agli uomini e alle donne del nostro tempo, spesso posti dinanzi al verosimile più che alla verità?
Nel nostro tempo si afferma da più parti che la verità non esiste. In realtà è molto semplice riconoscere che senza verità quotidiane non potremmo vivere neppure un istante. Non potremmo riconoscere nostra madre, i nostri fratelli, il nome da dare alle cose. Non potremmo giudicare i sentimenti. Non potremmo orientarci nel­l’esistenza. Non esistono soltanto verità utilitaristiche, che durano un giorno e che valgono soltanto per qualcuno. Senza verità universali ed eterne non si può vivere in modo umano. Siamo forse in pochi a dirlo apertamente, ma io sono convinto che siamo in molti a crederlo nel profondo. Diventare cercatori della verità non ci fa essere assolutisti, integralisti, fanatici. All’opposto, apre il nostro cuore a ogni briciolo di verità nascosta in qualunque uomo, in qualunque posizione, in qualunque teoria. È quando le verità vengono meno che si diventa fanatici e l’unica vera luce rimane soltanto la terribile forza che ci rende nemici gli uni degli altri.

Quando nel suo libro affronta il tema dell’arte, lei sottolinea quanto sia importante educarsi ed educare i giovani alla bellezza. In quali forme, oggi, possiamo farlo?
Leggendo con loro e per loro delle poesie. Educandoli ad ascoltare la musica. Portandoli a vedere le grandi opere dell’arte. Portandoli in montagna o al mare. Educandoli al silenzio. A vedere ciò che altri non vedono. A scoprire qualcosa che sia soltanto per loro, una conquista da custodire, il loro segreto per tutta la vita.
 
  

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017