The next generation
Montréal
«Largo ai giovani»: questa è la frase che spesso abbiamo sentito ripetere sulle onde della CFMB, radio multietnica che trasmette programmi in lingua italiana per i tre quarti del suo tempo. «Vogliamo conoscervi, vogliamo proporvi un importante progetto di vita» ripetevano più volte lo speaker Nick De Vincenzo insieme a Silvana Di Flavio per scuotere dal letargo dell'indifferenza migliaia di giovani italo-canadesi che avevano pur qualche aspirazione. E così è iniziato una specie di dialogo a distanza tra i due annunciatori e il pubblico anonimo dei loro ascoltatori che alla fine è sfociato in una prima riunione alla quale hanno partecipato più di un centinaio di giovani. Nel corso di questa riunione è quasi esploso quel sentimento di appartenenza che ardeva sotto la cenere senza che nessuno se ne rendesse conto. Alla prima riunione ne sono seguite altre, e il successo di questa iniziativa è andato sempre più crescendo, tanto che si è arrivati all'ultima riunione con la partecipazione di circa 400 giovani.
Dei giovani di origine italiana si è sempre parlato in passato, e quasi sempre in senso negativo. Molti anziani, alla guida di club o associazioni, spesso, negli ultimi anni, si sono lamentati che i giovani non ne vogliono sapere di unirsi a loro e alle loro animazioni e non hanno saputo spiegarsi la ragione di tanto assenteismo. Avevano, ed hanno ancora oggi, paura che dopo di loro tutto finirà se i loro figli non si faranno avanti. Molti, però, non hanno capito che i giovani d'oggi si muovono, pensano e agiscono su una lunghezza d'onda completamente diversa da quella dei loro padri. La ragione è presto detta: molti giovani, figli di italiani, hanno un'istruzione di gran lunga superiore a quella dei loro padri per cui, vivendo in un ambiente e in una società super-efficiente come la nostra, che ha altri interessi, stentano a seguire le orme dei loro genitori. Questa è la ragione per cui si sono tenuti lontano dalle loro organizzazioni associative e religiose.
L'iniziativa della CFMB è stata accolta, questa volta, con molto entusiasmo anche perché a volerla è stato un coro unanime di persone che hanno avuto fiducia in questi giovani o li hanno spinti ad unirsi insieme per diventare i protagonisti di un nuovo corso della storia della nostra comunità . E sono andati subito al sodo, organizzando i Giochi senza frontiere, ai quali hanno partecipato ben 350 di loro.
È stato in questa occasione che li abbiamo incontrati. Erano quasi tutti membri del Consiglio Direttivo di questa nuova associazione.
Msa. Qual è il motivo principale che vi ha spinti a mettervi insieme e ad organizzarvi come associazione?
Vanessa Di Pisa. In un paese multietnico come il nostro, diventa quasi naturale che persone di una stessa origine fraternizzino tra di loro. Ritrovarci insieme nella stessa scuola oppure nelle feste di famiglia come ad esempio i matrimoni, banchetti, ecc., ci spinge a porci anche qualche domanda sul nostro essere membri di una comunità di origine italiana. È grazie allo stimolo che ci è giunto dalla stazione radio CFMB, che noi vogliamo cercare di rispondere a questa domanda.
Quale contenuto date a questa domanda?
Roberto Donato. Io penso che in noi c'è il desiderio di conoscere quali sono le nostre radici per dare una sembianza alla nostra identità . Noi siamo canadesi perché siamo nati in Canada ma siamo di origine italiana perché i nostri genitori vengono dall'Italia. E la nostra origine ha anche un peso sul nostro domani.
Claudia Marchetti. A volte mi chiedo se sono più canadese o più italiana perché a casa mia si parla italiano.
Vanessa Di Pisa. Siamo un ponte tra le due culture. A casa mia si è sempre parlato in italiano.
Che cosa rappresenta per voi la cultura italiana?
Daniela Antonecchia. Per noi la cultura italiana sta diventando una vera e propria scoperta, e ci stiamo accorgendo che rappresenta un grande arricchimento di cognizioni, di idee che non si trovano altrove.
Pina Virelli. Questo nostro gruppo è nato per ritrovarci insieme, scambiarci le nostre conoscenze sulla cultura italiana e cercare di comprenderne il valore. L'Italia è ricca di cultura e noi vogliamo cercare di goderci un po' di questa ricchezza anche se in maniera limitata date le distanze.
Quanto conta la famiglia?
Daniela Antonecchia. La famiglia ci ha dato i valori veri per camminare da soli. Senza la famiglia non lo avremmo potuto fare. La famiglia rappresenta il fulcro attorno al quale ruotano i nostri interessi e le nostre aspirazioni.
Vanessa Di Pisa. Per noi la famiglia è tutto, ma a noi le piccole associazioni di cui fanno parte i nostri genitori e anche le loro feste religiose dicono poco. Noi abbiamo bisogno di spaziare, di percorrere strade nuove.
Quali mezzi avete a disposizione per cercare queste «strade nuove»?
Allain Laferriere (un giovane francese che parla molto bene l'italiano, innamorato della nostra cultura tanto che tutti gli altri l'hanno voluto nel consiglio direttivo dell'associazione) Internet, sul quale noi possiamo percorrere molte strade: abbiamo a nostra disposizione una vasta gamma di informazioni che solo pochi anni fa era impensabile avere. E poi ci sono le attività dell'Istituto italiano di cultura e quelle del Centro di cultura della Casa d'Italia.
E la Comunità italiana?
Roberto Donato. Finora la Comunità non aveva eccessivo valore perché non suscitava grandi interessi. Ora ci siamo accorti che le sue porte si sono spalancate e che c'è posto anche per noi. Io penso che valorizzando noi stessi attraverso la cultura e le nostre varie iniziative, noi valorizziamo anche la comunità a cui apparteniamo.
Qual è l'obiettivo immediato che questi giovani vogliono raggiungere?
Vanessa Di Pisa. Il nostro obiettivo è quello di raggiungere il maggior numero di giovani possibile dai 18 ai 30 anni. Nei prossimi mesi cercheremo di organizzare, oltre a quelle sportive, anche altre attività , in maniera che tutti possano trovare qualche cosa di interessante.
Parlando con i giovani non potevamo trascurare lo speaker Nick Di Vincenzo, che è stato l'autore di questo risveglio giovanile. «Quello di riunire i giovani è un progetto che sta andando avanti da nove anni - dice Di Vincenzo - . Nove anni fa gli obiettivi erano molto più limitati e il progetto non andò in porto. Quest'anno l'abbiamo ripreso dando la facoltà a tutti di parteciparvi senza alcuna restrizione. E devo dire che i giovani hanno risposto bene. E la partecipazione massiccia a questi Giochi senza frontiere ne è una dimostrazione».