Olanda. Musica tra i canali di Amsterdam
21 Febbraio 2014
|
«Tutto ha inizio quindici anni fa, nel più classico dei modi, vale a dire da studente. Dal 1998 al 2002 seguo un corso di specializzazione in violino barocco al Conservatorio di Amsterdam. La città era affascinante, ma la trovavo dal mio punto di vista un po’ angusta e poco rilassante. Essendo un musicista freelance, viaggio spesso, e non avverto la necessità di vivere in realtà iperattive: una città del genere è diventata stressante come possono esserlo Londra, Milano, Madrid. In quegli anni vedevo l’Olanda efficiente ma poco comunicativa, e l’idea di trasferirmi non era nei miei pensieri».
Stefano Rossi, alla fine sceglie di rimanere. Conclusa l’esperienza accademica, lavora a lungo. Concerto dopo concerto, incontra anche la donna divenuta l’amore della sua vita.
«Non è certo facile lasciare un Paese come il nostro – racconta il musicista –. È però un dato di fatto che, in luoghi come l’Olanda, ci siano condizioni sociali e infrastrutture che da noi vengono solo nominate per pura propaganda, senza essere supportate concretamente. La mentalità è diversa. Al contrario di quanto mi aspettavo, questo fattore col tempo può pesare, ma dobbiamo fare in modo che diventi una differenza anziché un ostacolo».
Stefano Rossi vive di musica. È un freelance, impegnato in collaborazioni artistiche con gruppi sparsi in tutta Europa. «Il mio è un lavoro e ci tengo a sottolinearlo: in Italia sono ancora in tanti a non considerarlo tale. Oltre alla musica ho un’altra grande passione: mi piace cucinare i piatti della nostra tradizione. Mi sento “naturalmente” italiano». Il maestro di violino suona uno strumento realizzato da Hendrick Jacobs nel 1694. Prima di decidere definitivamente di lasciare l’Italia, ha ben analizzato le proprie opportunità e l’orizzonte professionale in entrambi i Paesi.
Racconta Rossi: «Certe maniere, che noi riteniamo scontate, qui risultano molto piacevoli anche quando si discute di lavoro. Sia ben chiaro: non sto parlando di atteggiamenti atti a trarre profitto dalle situazioni e, a ogni modo, non bisogna mai crogiolarsi quando ti spuntano i sorrisi attorno, perché la razionalità è sempre dietro l’angolo. Non nascondo che, fino a prova contraria, trovo maggiore chiarezza nei rapporti di lavoro e collaborazione qui piuttosto che in Italia. La domanda principale che mi sono posto è stata questa: se dovessi mettere su famiglia, dove sarebbe meglio farlo? La risposta mi ha fatto scegliere Amsterdam. In Italia è difficile poter programmare la nascita di una famiglia; in Olanda, invece, si percepisce una grande attenzione verso lo sviluppo del “tessuto sociale”. È ovvio che la possibilità di crescere una creatura nutrendola con due culture diverse invece di una sola è molto affascinante, per non dire un lusso».
Stefano Rossi, alla fine sceglie di rimanere. Conclusa l’esperienza accademica, lavora a lungo. Concerto dopo concerto, incontra anche la donna divenuta l’amore della sua vita.
«Non è certo facile lasciare un Paese come il nostro – racconta il musicista –. È però un dato di fatto che, in luoghi come l’Olanda, ci siano condizioni sociali e infrastrutture che da noi vengono solo nominate per pura propaganda, senza essere supportate concretamente. La mentalità è diversa. Al contrario di quanto mi aspettavo, questo fattore col tempo può pesare, ma dobbiamo fare in modo che diventi una differenza anziché un ostacolo».
Stefano Rossi vive di musica. È un freelance, impegnato in collaborazioni artistiche con gruppi sparsi in tutta Europa. «Il mio è un lavoro e ci tengo a sottolinearlo: in Italia sono ancora in tanti a non considerarlo tale. Oltre alla musica ho un’altra grande passione: mi piace cucinare i piatti della nostra tradizione. Mi sento “naturalmente” italiano». Il maestro di violino suona uno strumento realizzato da Hendrick Jacobs nel 1694. Prima di decidere definitivamente di lasciare l’Italia, ha ben analizzato le proprie opportunità e l’orizzonte professionale in entrambi i Paesi.
Racconta Rossi: «Certe maniere, che noi riteniamo scontate, qui risultano molto piacevoli anche quando si discute di lavoro. Sia ben chiaro: non sto parlando di atteggiamenti atti a trarre profitto dalle situazioni e, a ogni modo, non bisogna mai crogiolarsi quando ti spuntano i sorrisi attorno, perché la razionalità è sempre dietro l’angolo. Non nascondo che, fino a prova contraria, trovo maggiore chiarezza nei rapporti di lavoro e collaborazione qui piuttosto che in Italia. La domanda principale che mi sono posto è stata questa: se dovessi mettere su famiglia, dove sarebbe meglio farlo? La risposta mi ha fatto scegliere Amsterdam. In Italia è difficile poter programmare la nascita di una famiglia; in Olanda, invece, si percepisce una grande attenzione verso lo sviluppo del “tessuto sociale”. È ovvio che la possibilità di crescere una creatura nutrendola con due culture diverse invece di una sola è molto affascinante, per non dire un lusso».
Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017