Paolo VI, un grande devoto
Il 6 agosto di vent'anni fa moriva Paolo VI, il papa che, ereditato dal suo predecessore Giovanni XXIII il concilio Vaticano II, ha saputo con grande maestria condurlo a termine tramutandolo in un grande evento riformatore per la chiesa cattolica. Con altrettanta intelligenza ha poi pilotato il dopoconcilio, ricavandone non pochi dispiaceri a causa della contestazione ecclesiale di singoli e gruppi che, equivocando sullo spirito conciliare, chiedevano cose che nessun papa avrebbe potuto concedere.
Ma qui vogliamo ricordare un aspetto poco noto della ricca spiritualità del papa bresciano: la sua ammirazione e devozione per sant'Antonio. Ricevendo, il 5 giugno 1965, in udienza privata una delegazione della provincia patavina dei francescani conventuali (il provinciale, padre Vitale Bommarco, il direttore del 'Messaggero di sant'Antonio', padre Giovanni Giacon, e il rettore della basilica, padre Lino Brentari) definiva sant'Antonio 'il Santo per eccellenza, ma un santo vivo, che continua a portare a Dio attraverso la riconciliazione e il perdono, innumerevoli anime'. Fu in quell'occasione che il pontefice definì la basilica del Santo 'specializzata clinica spirituale per l'uomo d'oggi', il quale 'più di alte cure spirituali, ha bisogno di trovare comprensione e fiducia attraverso un colloquio interiore, possibile e attuabile nel sacramento della confessione'. 'Il dialogo sacramentale - affermava ancora Paolo VI - è una delle forme più adatte per riaprire il cuore alla speranza delle verità eterne, per risanare molte ferite e per infondere forza e coraggio a riprendere, con buona volontà , gli impegni della vita cristiana'. E la basilica del Santo, come altri santuari sono appunto i luoghi dove 'i mali morali del mondo di oggi vengono curati, dove molte anime riacquistano forza e salute'. Nel corso della stessa udienza il papa, in vena di confidenze, ha ricordato un episodio decisivo della sua vita di quando, giovinetto, dovette decidere sul suo futuro. Ebbene, in quel momento importante il Santo gli fu vicino. 'Tutti noi di famiglia - ricordò il papa - , ma specialmente la mia cara mamma, eravamo molto devoti a sant'Antonio. Insieme a lei arrivai a Padova, per la prima volta, nel mese di agosto del 1913. Non ero ancora entrato in seminario e frequentavo, da alcuni anni, gli studi ginnasiali in un collegio esterno. Ma in quel periodo si era fatta sentire, con maggior insistenza, la voce del Signore che mi chiamava per la strada del sacerdozio. Ero ancora indeciso e in quel pio pellegrinaggio, quando arrivati in basilica sostammo dietro la tomba di sant'Antonio; dopo aver molto pregato, mia madre mi disse queste precise parole: 'Giovannetto, tu che pensi di seguire l'ardua via del sacerdozio, raccomandati molto a questo grande santo: egli ti illumini sulla decisione da prendere, e se questa è la tua vocazione, guidi i tuoi passi sulla strada per la quale Dio ti chiama'. Viste come si sono svolte le cose, il Santo fu per il giovane Montini una eccellente guida. 'Era soffuso di intima letizia il volto del pontefice - ricorda padre Vitale Bommarco, ora arcivescovo di Gorizia - , mentre davanti a noi tre frati legava in un mistico ricordo, la mamma e la vocazione a sant'Antonio. In un momento di grande bontà egli ci donava quel ricordo tanto intimo, gelosamente custodito e gli fummo grati per sempre per questa inaspettata confidenza'. |