Pellegrini nel Sud del mondo
Ci sono situazioni in cui le sole parole non bastano, perché non riescono a trasmettere la drammaticità di una situazione. In questi casi bisogna andare oltre, condividere la vita, anche nella dimensione affettiva, perché, come sostiene un antico proverbio degli indiani d'America, «prima di poter giudicare qualcuno è necessario camminare per qualche tempo calzando le sue scarpe». E proprio dal desiderio di comprendersi realmente, di condividere uno stralcio di vita per imparare a conoscersi, è nato il progetto «Pachacuti», una specie di viaggio, reale per qualcuno, simbolico per tutti, che ha come meta finale l'incontro tra ragazzi del Nord e del Sud del mondo.
Lanciato dall'associazione internazionale «Noi ragazzi del mondo» in collaborazione con la comunità di Capodarco, il progetto «Pachacuti» trae nome dall'omonima parola in lingua quechua, parlata dagli indigeni di Ecuador e Perù, che significa «conversione del mondo», «ritorno del tempo» o «punto di svolta».
L'idea è nata nel corso dell'incontro «Indios e noi», tenutosi a Bolzano dal 3 al 5 aprile del 1998. Motore del progetto è stato il desiderio di realizzare un Giubileo andando pellegrini nei paesi del Sud del mondo, che avrà il suo clou nel Natale del 2000.
«È la prima volta che un'azione così forte viene portata avanti dai giovani. E dai giovani del Sud e del Nord del mondo insieme, con pari dignità », sottolinea don Franco Monterubbianesi, fondatore della comunità di Capodarco e uno degli ideatori dell'iniziativa «Pachacuti».
Il progetto, che si rivolge anche alle famiglie, luogo privilegiato per la formazione dei giovani e spesso prima culla di una cultura individualistica, prevede tre fasi ben distinte da realizzare nel corso di altrettanti anni. In una prima fase, avviata nel 1999, si è cercato di allargare il numero delle sedi dell'associazione «Noi ragazzi del mondo», sia in Italia sia all'estero. Nella seconda fase, in corso di attuazione, si è invece passati alla vera e propria «azione» attraverso una serie di iniziative: è stato avviato un progetto di solidarietà a favore dei ragazzi del Sud, gestito mediante un rapporto diretto tra gruppi sostenitori e realtà locali beneficiarie; è stata promossa, in differenti realtà del mondo giovanile una serie di strumenti come i bilanci di giustizia o le adozioni a distanza, il microcredito o l'informazione volta a un consumo critico e consapevole; è stata organizzata la visita in Italia, prevista per il periodo di Pasqua, di un gruppo di ragazzi brasiliani che incontreranno i loro coetanei e porteranno il grido del Sud attraverso la danza della capoeira e della lodum, la tradizionale danza indios.
La terza fase, culmine dell'intero progetto, si concretizzerà tra il Natale del 2000 e l' Epifania del 2001, in un incontro, a Rio de Janeiro, tra i giovani del Nord e quelli del Sud, per festeggiare insieme un Giubileo alternativo o, com'è stato definito, «al contrario», a partire, cioè, dalla presenza vera di Cristo nella storia degli esclusi. Un evento che dovrebbe aiutare a capire la responsabilità storica del Nord: quella di essere stato dalla parte degli oppressori.
Quest'ultima fase si tradurrà in un vero e proprio pellegrinaggio che condurrà i giovani nei luoghi che hanno segnato il dramma delle popolazioni sudamericane: si passerà per l'Ecuador, terra di indios sfruttati, al fine di rivisitare criticamente i 500 anni dalla scoperta dell'America; per il Guatemala, dove si farà tappa sulla tomba del vescovo martire Juan Gerardi, figura di spicco di una Chiesa martire e profetica che sta dalla parte dei poveri; per il Brasile, paese simbolo di un'infanzia negata, dove si terrà un «Convegno internazionale sui diritti umani dei bambini», che dovrebbe tradursi in un concreto impegno politico.
«Vogliamo realizzare insieme l'utopia - conclude don Franco Monterubbianesi - . Vogliamo costruire una nuova società planetaria che riconosca e valorizzi l'infanzia e non abbia timore a ripensare se stessa a misura di bambini.
Vogliamo ristabilire un giusto rapporto con l'ambiente, lottare contro la povertà del Sud con il protagonismo del Sud, cambiare il Nord, facendo politica insieme a livello delle istituzioni nazionali e internazionali».
«La missione è partire, camminare, lasciare tutto, uscire da se stessi, rompere la crosta dell'egoismo che ci racchiude nel nostro io; smettere di girare intorno a noi stessi come se fossimo al centro del mondo e della vita; non lasciarsi rinchiudere nei problemi del piccolo mondo a cui apparteniamo: l'umanità è più grande. Missione è sempre partire ma non divorare chilometri. È, soprattutto, aprirsi agli altri come fratelli, scoprirli e incontrarli». Dom Hélder Cà¢mara,
vescovo di Recife, Brasile
Per informazioni:
Associazione internazionale «Noi ragazzi del mondo»
c/o Comunità di Capodarco
Via Lungro, 3 - 00178 Roma
Telefono: 06/71289053
E-mail: ainram@tin.it
«NOI RAGAZZI DEL MONDO»
P uò essere considerata una diramazione della comunità di Capodarco, anche se oggi vive una vita autonoma, slegata dall'organizzazione madre. Il movimento internazionale «Nosotros nià±os, nià±as y jà³venes del mundo», oggi associazione internazionale «Noi ragazzi del mondo», ha avuto origine nel settembre del 1996. Ne è stato ideatore il vulcanico don Franco Monterrubbianesi, fondatore delle comunità di Capodarco, durante il primo campo internazionale da lui stesso organizzato, cui hanno partecipato ragazzi e ragazze lavoratori e di strada provenienti da Guatemala, Brasile, Ecuador e Cameroun. Lui stesso l'ha definita «un'alternativa, una risposta al mondouniverso dell'infanzia negata». È un progetto di presa di coscienza e liberazione che si basa sul protagonismo di tanti ragazzi e ragazze. Le loro storie di vita, di lotta nella strada, per un lavoro giusto e dignitoso, per rivendicare il diritto ad avere una famiglia che li amidavvero, sono le frontiere che li vedono impegnati nel realizzare progetti comunitari per sognare, giocare, sperare e lavorare insieme. |
COMUNITà DI CAPODARCO
N el Natale del 1966 un gruppo di 13 persone handicappate e un giovane prete, don Franco Monterubbianesi, decidono di cominciare l'avventura di una vita in comune in una vecchia villa abbandonata a Capodarco di Fermo, nelle Marche. Nel giro di pochi anni molti altri volontari e giovani handicappati entrano in comunità : nel 1970 ben 100 persone hanno già aderito alla nuova esperienza che, nel frattempo, comincia ad assumere una dimensione nazionale. Nascono in questo periodo le comunità di Sestu, Fabriano, Gubbio, Udine, Lamezia Terme, Roma. |