PENSIONI A RISCHIO
Lo «stato sociale», in Italia, è come una macchina che perde colpi. Qualcuno lo ha già dato per spacciato. Altri sono convinti che apportando opportune misure correttive al sistema della previdenza e dell";assistenza sociale, sarà effettivamente possibile assicurare a tutti i lavoratori un trattamento pensionistico equo e garantito, dopo una «vita contributiva» ormai sempre più lunga. L";argomento interessa anche migliaia di nostri connazionali che vivono all";estero e per i quali le insidie della burocrazia italiana, sommate alla lontananza geografica dall";Italia, complicano non poco la risoluzione di singole vertenze.
Per capire qual è lo stato attuale della previdenza e dell";assistenza sociale in Italia, e per conoscere quali indirizzi l";ente previdenziale del nostro paese, l";Inps, intenda adottare per uscire da una crisi tutt";altro che passeggera, abbiamo intervistato Riccardo Bramante, direttore del Settore relazioni internazionali dell";Inps, e Mario Scarano, vicedirettore centrale.
MSA (Messaggero di sant";Antonio). Il modello di sicurezza sociale che conoscevamo è in crisi. La protezione che lo Stato garantiva al lavoratore non esiste più. Riccardo Bramante, che cosa ci si deve aspettare adesso?
Bramante. «Anzitutto devo dire che il fenomeno è mondiale e non riguarda solo l";Inps o l";Italia. La crisi demografica ha sconvolto i calcoli stati- stici di tutti: diminuzione drastica delle nascite, delle persone che si trovano ad entrare nel mondo del lavoro, ed aumento di anziani e di pensionati. Da qui il deficit pauroso nei conti della sicurezza sociale. Tutti in Europa hanno ridotto il livello delle prestazioni, e hanno reso più rigido l";accesso alle medesime».
In sostanza quali sono state le correzioni apportate?
Bramante. «Elevare l";età pensionabile per ridurre la durata della pensione stessa. Poi irrigidire i requisiti e la base di calcolo. In Italia, ad esempio, si erogava la pensione sulla base del numero di anni di contributi e sulle retribuzioni degli ultimi anni. Ora si agganciano le pensioni alle contribuzioni effettivamente versate nel corso della vita lavorativa dei richiedenti. In altre parole, ora c";è un rapporto più stretto tra quanto il lavoratore ha versato e quanto percepisce».
Con la «riforma» dello scorso anno, sono stati ridotti anche i famosi coefficienti di calcolo...
Scarano. «Sì. Se prima il pensionato veniva a percepire circa l";80% dell";ultima retribuzione, ora siamo intorno al 60-65%. Con l";entrata a pieno regime questo coefficiente si ridurrà ancora».
E la gente come farà a campare?
Scarano. «Con le cosiddette 'pensioni integrative': con versamenti fatti a banche o assicurazioni private».
Come pensate di convincere la gente a pagare di più per avere di meno?
Scarano. «Per esempio con facilitazioni fiscali. Aggiungo, tuttavia, che la situazione rimane seria. Non è detto che con queste misure si arrivi a una situazione di equilibrio. Probabilmente ci troveremo costretti, nel giro di un anno o due, a rivedere ancora il sistema».
Però state tirando molto la corda. Già adesso l";Italia si trova ad avere, in molti settori, livelli di prestazione assistenziale inferiori a quelli di altri paesi europei più industrializzati.
Bramante. «In ogni caso, per chi è già pensionato, la situazione è tranquilla. Nelle modifiche intervenute nel `92 e nel `95 non sono mai stati posti in discussione i diritti di coloro che sono già in pensione».
E per i lavoratori all";estero?
Bramante. «Qui c";è uno dei vantaggi della riforma: la possibilità di mantenere per i lavoratori all";estero la validità pensionabile per i periodi di lavoro svolti all";estero, i quali rimangono cumulabili. Questo punto non verrà messo in discussione».
La normativa internazionale pare un po"; sconnessa, almeno dalla prospettiva di chi la vede dall";estero.
Scarano. «Il fatto è che esistono due livelli di normativa, quella nazionale, che si applica a tutti i lavoratori, e quella che dipende da accordi internazionali. Ora, non v";è dubbio che ci sia la necessità di una unificazione e razionalizzazione di queste normative. Proprio ora si sta preparando un testo unico della normativa internazionale. In particolare si è voluto cancellare, e ciò già dalla riforma del `91, alcune situazioni di privilegio dei lavoratori all";estero».
Quale tipo di privilegi?
Scarano. «Per esempio: prima, per i lavoratori all";estero, non si teneva conto dei redditi, nella liquidazione delle prestazioni. Altro privilegio stava nei trattamenti minimi. Ora in area comunitaria le prestazioni di carattere assistenziale devono essere garantite nel paese di residenza. Comunque bisogna aggiungere che la riforma del `95 del regime internazionale ha posto riparo a dei torti della riforma del `91, la quale aveva reso molte pensioni troppo esigue. Ora è in vigore un minimale, garantito in relazione a ogni anno di contributo».
Oggi quante pensioni erogate all";estero?
Scarano. «Oggi noi paghiamo circa 420.000 pensioni a regime internazionale, con una forte crescita di numero. Basti pensare che nel 1977 erano 86.000. Al primo posto viene l";Argentina, dove vivono 83.000 pensionati. Per ciò che riguarda l";Europa, in Francia, ci sono 61.000 pensionati; in Belgio 18.000; in Germania 17.000; in Svizzera 13.200; in Inghilterra 7.800. In tutto eroghiamo circa 2.500 miliardi. All";Inps ci sono circa sette-ottocento persone che si occupano dei conti per gli accordi internazionali. Va aggiunto che nei paesi a moneta debole il pagamento viene effettuato in dollari».
Avete vie dirette di collegamento con l";utenza all";estero?
Scarano. «Ci sono collegamenti telematici con i consolati e, talvolta, con i patronati, con i quali siamo in rapporto e ai quali abbiamo fornito spesso consulenza. Sono tecnologie che hanno potenzialità enormi, perché attraverso esse si può accedere a tutte le banche dati dell";Inps. Purtroppo queste vie non sempre vengono sfruttate. Certo non è facile, per chi vive all";estero, entrare in contatto con noi. Spesso accade che di fronte alle sollecitazioni dell";Inps non corrisponda un";adeguata risposta dei cittadini emigrati e delle loro organizzazioni. Due anni fa rilanciammo una campagna per il censimento dei lavoratori all";estero per avere i loro indirizzi e per poter comunicare con loro. La risposta non è stata eclatante».
Come si prospetta il futuro. Che cosa dobbiamo aspettarci?
Scarano. «Se la normativa non fosse cambiata con le riforme del `92 e del `95, l";Istituto nel 2000 sarebbe andato in bancarotta. Sono state fatte proiezioni statistiche per verificarlo. Con le modifiche introdotte possiamo andare un po"; più avanti».