Piccole patrie scalpitano
A Bilbao, la principale città dei paesi baschi spagnoli, nell'ottobre dello scorso anno si è inaugurato alla presenza del re di Spagna, Juan Carlos, il museo d'arte moderna Guggenheim, che è già diventato una delle mete europee del turismo colto. Ma l'inaugurazione è stata turbata dall'esplosione di una bomba, che ha ucciso un poliziotto. Il poliziotto era basco, come basco l'attentatore, un etarra. È dal 1968 che l'Eta (Patria basca e libertà ) conduce la lotta armata nel nome dell'indipendenza: prima, vista con una certa simpatia quando combatteva contro la dittatura del 'generalissimo' Franco; poi, con crescente condanna quando ha rivolto le armi contro la nuova democrazia iberica.
I baschi sono un popolo dalle radici antiche, anzi antichissime, con una lingua che non ha analogie in Europa, sempre gelosissimi della loro indipendenza: la strage dei paladini di Orlando a Roncisvalle, attribuita dalla leggenda ai 'mori musulmani', fu in realtà un'imboscata dei baschi. Ma la nuova democrazia spagnola ha creato uno stato diverso dal centralismo monarchico tradizionale, articolato come in Italia in regioni, dove alcune regioni, fra cui i paesi baschi, godono di ampie autonomie.
Al parlamento basco è in maggioranza il partito nazionale di ispirazione cristiana e i filo-etarra, raccolti in Herri Batasuna (Unità popolare), sono una minoranza. Si deve aggiungere che ormai anche i paesi baschi, a causa della immigrazione da altre parti della Spagna, sono molto mescolati e lo spagnolo prevale sul basco, che pure è stato reinserito nelle scuole.
All altra estremità dei Pirenei c'è la Catalogna, un'altra regione fiera delle proprie tradizioni e della propria lingua che presenta assonanze con la vecchia lingua dei troubadours, scomparsa però in Francia. Capo del governo catalano da molti anni è Jordi Pujol, che senza parlare di secessione ha ottenuto molto di più dei baschi. Recentemente ha chiesto il controllo del 40 per cento delle tasse raccolte in Catalogna, e questo a un governo centrale spagnolo dominato dalla destra... che però al parlamento centrale si regge sui suoi voti.
Quante sono, all'interno dell'Unione europea, le comunità che per motivi etnici e linguistici aspirano a una propria differenziazione? Senza dubbio, molte. Ma solo molte di meno reclamano una propria patria distinta, e all'interno di queste solo minoranze molto piccole si sono fatte sedurre dalla via della violenza.
Nell'Irlanda del Nord il vecchio Esercizio repubblicano irlandese (Ira) ha ripreso le armi nel 1968. Il bilancio di una guerra civile strisciante fra cattolici indipendentisti e protestanti unionisti segna tremilaquattrocento morti. Ma finalmente si sono intavolate trattative che, anche se si svolgono su tavoli differenti - in quanto gli unionisti non vogliono parlare a tu-per-tu con gli antagonisti - dovrebbero aprire la strada a una qualche forma di accordo. Il premier britannico Tony Blair ha ribadito che le trattative non possono prolungarsi all'infinito, devono chiudersi entro maggio. Tony Blair ha dato una grande spinta, indirettamente, verso una soluzione, indicendo i referendum, che lo scorso settembre hanno detto sì alla creazione di parlamenti per Scozia e Galles: prima di allora, le peculiarità storiche delle due regioni si esprimevano soltanto nell avere... proprie nazionali di calcio ai tornei internazionali. Non a caso la Gran Bretagna è considerata la patria del calcio!
Di quando in quando, i media internazionali pubblicano foto di incappucciati armati sino ai denti che esibiscono la scritta: Fnlc, il Fronte nazionale di liberazione della Corsica. La Corsica è stata sempre divisa, storicamente, fra indipendentisti alla Pasquale Paoli e bonapartisti, fautori di forti legami con Parigi e la Francia. Non a caso, è l'unica regione francese dove esista un 'partito bonapartista', che si presenta alle elezioni locali. Quanto agli indipendentisti, non vengono presi troppo sul serio, dato che per tradizione moltissimi corsi sbarcano in continente per occupare i posti nell'amministrazione e nella polizia francese. Però, anche se piccola minoranza, gli indipendentisti estremi hanno architettato attentati, abbastanza sporadici anche se talvolta mortali.
In Belgio, invece, la divaricazione tra valloni - che parlano francese - e fiamminghi - che parlano una lingua simile all'olandese - è stata sempre consensuale, e ha portato a creare uno stato federale sotto la monarchia di Alberto (e Paola). La divaricazione è approfondita soprattutto da motivi economici, e ora i fiamminghi vorrebbero passare a legami ancor più allentati della confederazione per non dover contribuire a pagare, con le loro tasse di regione economicamente più forte, le pensioni di una Vallonia in declino economico e demografico.
Se passiamo all'Agenda Duemila dell'Unione europea, cioè agli stati che si sono autocandidati a entrare, vediamo come anche lì i problemi etnici premano. Uno stato - la Turchia - fa da tempo anticamera, e un altro - la Slovacchia - è stato rinviato proprio perché non hanno concesso autonomia e diritti alle loro minoranze, rispettivamente ai curdi (che affollano le cronache anche della nostra immigrazione illegale) e agli ungheresi. Cipro invece fa parte degli ammessi, ma deve ugualmente risolvere il suo problema interno gravissimo, la spaccatura fra i turchi musulmani del Nord e i greci ortodossi del Sud, divisi dalla 'linea Attila' che è un vero e proprio confine d'armistizio e di separazione, dopo i combattimenti del 1974.
Come si vede, l'Unione europea già incide sul problema delle minoranze, o meglio dei popoli oppressi, rivendicando i loro diritti e tenendo fuori dalla comunità gli stati che non li riconoscono. Una futura Europa federale potrebbe fare molto di più, perché al suo interno gli stati si scioglierebbero progressivamente per lasciar spazio alle regioni e alle piccole patrie insofferenti di legami centralistici.
Sovente Umberto Bossi ama paragonarsi ad altri leader o ad altri movimenti indipendentisti sulla scacchiera mondiale: così all'inaugurazione del 'parlamento padano' assisteva il russo Zhirinovski (che già Fini aveva una volta definito: 'Un Bossi alla vodka'). Eppure è sempre stato schivato dal leader dell'autonomismo catalano, Jordi Pujol.
Anche se non mancano alcune rassomiglianze di carattere: Pujol, al pari di Bossi, è 'un grande comunicatore' che ha dato voce all' 'inconscio collettivo' della sua gente, o di una parte di essa. Inoltre, anche Pujol viene descritto come 'un politico a più facce, che presenta una immagine tanto mutevole quale quella di un caleidoscopio'. Ma dove finiscono le somiglianze di carattere, cominciano le differenze di strategia politica. Che sono inconciliabili, almeno al momento.
Pujol, a differenza di Bossi, evita di parlare di indipendenza e secessione della Catalogna dalla Spagna, o esplicita che non sono neppure auspicabili, mentre ha fortemente sviluppato il ruolo specifico, economico e culturale, della Catalogna con un'accorta azione politica.
I suoi sedici deputati autonomisti al parlamento di Madrid sono essenziali per ogni coalizione di governo, e così li ha astutamente spostati dai socialisti ai conservatori di Aznar strappando di volta in volta molte concessioni.
Come nel 1983 ha avuto, dai socialisti, la 'legge di normalizzazione linguistica' che ha fatto del catalano la lingua prevalente in Catalogna, ora sta ottenendo dai conservatori di poter gestire il 40 per cento delle tasse raccolte in Catalogna. Da molti anni presidente del governo locale catalano, la sua influenza va ben oltre, tanto che la stampa spagnola gli ha assegnato il titolo di 'viceré di Spagna'. Quando viene in visita in Italia, come ha fatto nel 1997, è ricevuto quasi alla stregua di un capo di stato.
Dove si situa la linea ideale di separazione fra Pujol e il nostro Bossi? Certamente in una maggiore intelligenza e maturità politica dell'uno rispetto all'altro. Pujol viene da una lunga resistenza al regime dittatoriale di Franco che lo portò in prigione per molti anni. Ma anche, probabilmente, dalla diversità della base del loro consenso: mentre la Catalogna ha realmente una sua identità storica vecchia di secoli e una lingua propria, diversa dallo spagnolo, la 'Padania' è un'invenzione recente, senza richiami storici e dai contorni vaghissimi.
V. O.