Pro e contro Liberalizzare le droghe leggere?

Taradash: «perché sono favorevole»
04 Gennaio 1999 | di

«La repressione è uno strumento sproporzionato alla natura del problema e in più avvantaggia chi specula sulla droga e sulla salute dei giovani». A parlare è Marco Taradash, deputato di Forza Italia, convinto assertore della liberalizzazione delle droghe leggere.

«Ma più che di liberalizzazione, preferisco parlare di legalizzazione - precisa l'onorevole Taradash - . Oggi, la produzione e il commercio della droga vengono proibiti sulla base di una legge, duramente repressiva, che, in realtà , non fa che aumentare il potere delle organizzazioni criminali, arricchendo chi organizza il 'narcotraffico'. L'esperienza insegna, invece, che la politica della proibizione ha fallito completamente i suoi obiettivi perché è una politica che incide solo su settori molto marginali della produzione, del traffico e del consumo di droga. Il mercato degli stupefacenti, invece, prospera proprio grazie al proibizionismo».

Msa. Ma, una volta ammessa la legalizzazione delle droghe leggere, come si potrà  combattere la tossicodipendenza?

Taradash. Come si combatte la pericolosità  degli incidenti stradali: non vietando l'uso dell'automobile, ma con l'azione capillare di efficaci campagne di prevenzione e con la continuità  e la severità  dei controlli. In questo modo, sarà  molto più facile eliminare il passaggio dalle droghe leggere a quelle pesanti ed evitare che circolino sul mercato droghe sintetiche estremamente pericolose per la salute o, addirittura, mortali. Questa, secondo me, è la strada da seguire. Finora, in un regime di repressione legale, gli appelli all'astinenza e alla morigeratezza non hanno portato a nulla.

Quindi, la sua proposta è legalizzare le droghe leggere per evitare mali peggiori?

In un certo senso sì. Le droghe leggere non uccidono e non inducono alla dipendenza, se non in casi molto limitati. Oggi i giovani fumano lo spinello come un anziano beve il vino: sono consumi soggettivi, che mirano più al piacere personale che alla fuga dalla realtà , scevri da complicazioni psicosociali. La vita normale non viene alterata.

 

Don Gelmini: «Io sono decisamente contrario»

di Fabrizio Condò

Msa. Don Gelmini, perché no?

Don Gelmini. Perché dobbiamo essere portatori di vita, non di morte. E droga significa morte. Qualcuno vorrebbe far passare la liberalizzazione degli stupefacenti come l'acquisizione di un diritto. Ma dimentichiamo che la vita, il lavoro, la casa, lo studio: quelli sono un diritto e non la droga, che è solo un male. Dobbiamo renderci conto che nella nostra società  già  viviamo a contatto con altri tipi di droghe, non meno nocive, come il consumismo e l'egoismo: dare il via libera anche agli stupefacenti equivarrebbe a gettare i nostri giovani in un vicolo cieco. E impediremmo agli adolescenti di vivere con serenità  una parentesi felice della loro vita. Basti pensare che, recentemente, anche in Cina lo Stato ha promosso una campagna straordinaria contro la droga, perché si sono accorti che la tossicodipendenza uccide la gioventù. E lo stesso accade negli Stati Uniti e in Sudamerica, dove pure l'assunzione degli stupefacenti ha raggiunto livelli spaventosi. Comunque, va detto che gran parte delle persone che si era dichiarata favorevole alla liberalizzazione della droga, sta facendo marcia indietro. Piuttosto, è necessario pensare al recupero dei tossicodipendenti, al quale mi dedico ormai da trentasei anni, soprattutto a coloro che all'inizio si rifiutano.

Dietro la richiesta di liberalizzazione, a suo parere, c'è più irresponsabilità  o incoscienza?

Rischio di ripetermi, ma sembra che lo scopo sia quello di soffocare la voglia dei giovani di battere quelle strade che vanno verso la vita. Il metodo che adottiamo nei nostri 220 centri di recupero sparsi nel mondo si basa sulla «logoterapia», per dare un senso alla vita, e sulla «Cristoterapia», un arricchimento della prima: Gesù, che è morto per salvarci, è la Via, la Verità  e la Vita da seguire per il pieno recupero di chi si trova in difficoltà . È curioso il fatto che in Italia ci si batta giustamente per tutelare l'ambiente e poi si pensa a soluzioni di questo tipo: francamente mi sembra una grossa contraddizione che blocca il recupero di chi vuole uscire dal tunnel della droga.

Lo Stato è chiamato a prendere una decisione importante sotto il profilo dell'educazione alla vita...

Mi spiace dirlo, ma lo Stato, almeno fino a questo momento, non ha contribuito a educare i cittadini al rispetto per la vita. D'accordo che si dichiari «non etico», ma da questo a farlo diventare uno spacciatore ce ne passa davvero molto. Mi auguro che prevalga il buonsenso, anche se spira un vento che non mi piace affatto. Credo che lo Stato debba sostenere le famiglie in difficoltà , senza ostacolare l'enorme lavoro del volontariato. La realtà , purtroppo, dice che le comunità  di recupero sono poco aiutate e che il volontariato stesso viene spesso mortificato».

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017