PROGETTUALITA’, NON DEMAGOGIA!

08 Dicembre 1996 | di

Fomentare il dissenso e l";intolleranza porta allo scollamento della società . L";Italia e l";Europa hanno bisogno di concretezza e stabilità . Un auspicio che non vale solo per il vecchio continente.

I nuovi sconcertanti fatti di immoralità  e di illegalità  noti con il nome di «Tangentopoli bis»; alcuni interventi della magistratura; la pesante legge finanziaria, necessaria per consentire all";Italia una piena partecipazione all";unione economica e monetaria europea; la persistente crisi occupazionale e le tensioni separatistiche alternative alle riforme costituzionali, già  programmate per trasformare la nostra repubblica in stato federale, hanno trasmesso al mondo l";immagine di un";Italia in continuo sviluppo, ma nello stesso tempo in una continua situazione di instabilità  e di transizione civile, politica e istituzionale. Il problema è di grande rilevanza, e richiama l";attenzione anche dei nostri lettori residenti in ogni continente.

Non tutti gli italiani sono contenti dell";adesione del nostro paese all";unione politica europea. Vanno, inoltre, ricordati la demagogia e il populismo che hanno caratterizzato le recenti manifestazioni secessionistiche. Alcune regioni del Nord dell";Italia vogliono essere arbitre dei propri destini; non vogliono essere più soffocate dal centralismo burocratico romano, né pagare per le regioni del Sud solo per amor di patria.

Contro tale tendenza, non possiamo dimenticare la storia che, come italiani, ci ha dato un";identità  culturale prima ancora dell";unità  politica del paese. È solo nel rispetto dei valori della propria identità  storica, della legalità  e della libertà  che un paese può darsi dei criteri e delle regole che mirano al bene comune. Se allarghiamo lo sguardo, ci accorgiamo che tutto l";Occidente, dopo la fine delle ideologie, si trova in un momento storico decisivo, in cui emerge una situazione di crisi culturale e morale, prima che politica. I popoli e le etnie vogliono recuperare la loro identità , ma nello stesso tempo sono alla ricerca di un senso e di un significato dell";idea stessa di nazione.

Qual è il compito dei cristiani in questo momento storico? Giovanni Paolo II, in occasione del suo recente pellegrinaggio pastorale in Francia, ha invitato i francesi a fare un bilancio della loro storia spirituale. È un appello che vale per tutti i credenti. Ci troviamo nella necessità  di riflettere sulla nostra storia, per far fronte alle difficoltà  attuali in uno spirito di collaborazione leale e solidale verso tutti.

Sono trascorsi sette anni dalla caduta del Muro di Berlino, e tutti ricordiamo le attese che questo evento racchiudeva: gli obiettivi della pace e dell";unione europea non sono stati raggiunti; è ancora forte la frammentazione politica e sociale del vecchio continente; c";è, poi, il fenomeno della disoccupazione che coinvolge soprattutto i giovani. Invece che cedere alla demagogia, dobbiamo allora aprirci agli altri, con la capacità  di essere coscienza civile della società .

La chiesa, «nel suo impegno educativo, si adopera per forgiare coscienze, mentalità , atteggiamenti conformi al bene comune concreto e a una convivenza umana e civile informate alla giustizia e alla carità  "; ha scritto recentemente il cardinale Carlo Maria Martini. "; Il nostro tempo non è quello delle divisioni e dell";esclusione di gruppi sociali o di aree culturali, ma dell";integrazione. Il processo di transizione civile, politica, istituzionale è stato, ed è tuttora, lungo e sfibrante. Occorre dare presto risposte pratiche e persuasive alla domanda di nuove regole e di nuovi assetti istituzionali, e perciò rinunciare alla tentazione di cavalcare strumentalmente tali istanze. È necessario porre fine alla cattiva abitudine di fomentare tensioni, conflitti e inquietudini laceranti e sterili. La vita buona della comunità  civile è intessuta di ordine e di pace nella giustizia».

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017