Restituiamo dignità alla famiglia
Il prossimo 2 febbraio la Chiesa italiana festeggerà la Giornata per la vita, quest’anno sul tema «Generare futuro». Un appuntamento che ribadirà la centralità della famiglia quale generatrice e custode di vita. E sempre alla famiglia sarà dedicata, per volontà di papa Francesco, anche una Assemblea straordinaria del Sinodo dei vescovi, che si terrà dal 5 al 19 ottobre 2014. Ma pure a livello sociale e politico qualcosa si sta muovendo: nel 2014 l’Onu ricorda il XX anniversario dell’Anno internazionale della famiglia e in aprile si terrà la Terza Conferenza nazionale a essa dedicata. Di tutto questo abbiamo parlato con Stefano Zamagni, economista ed esperto di politiche familiari.
Msa. È davvero anacronistico definire la famiglia solo come «luogo degli affetti»?
Zamagni. Il problema sta nel definirla luogo degli affetti e basta. Questa posizione limitativa si è affermata dapprima negli Stati Uniti per poi estendersi passivamente, come spesso accade, anche all’Italia, tant’è vero che la riforma del codice civile del 1975, almeno per quanto riguarda quella parte degli articoli dedicati alla famiglia, ha definito quest’ultima solo come luogo degli affetti. Ora purtroppo ci si rende conto del tragico errore commesso. Perché la famiglia è anche luogo degli affetti, ma è prima di tutto luogo generativo, che genera cioè capitale sociale, capitale umano e, soprattutto, capitale relazionale. Il definirla solo come luogo degli affetti significa sostanzialmente metterla sullo stesso piano di un club: così come si partecipa a una qualsiasi associazione in compagnia di amici, si partecipa alla famiglia in compagnia di una moglie o di un marito. Oggi questa impostazione ha chiaramente svelato il suo limite. Eppure, nella contabilità nazionale i nuclei familiari sono ancora considerati solo soggetti di consumo e non anche soggetti di produzione.
Che conseguenze comporta questa visione?
Le ricadute sono molteplici. Innanzitutto mettere al mondo figli è considerato alla stregua dell’acquisto di un bene di lusso, per cui chi ne genera oggi compie una scelta paragonabile a quella di chi acquista un cane o un gatto. Questo lo si evince chiaramente a livello fiscale: i nuclei numerosi sono tartassati. Chi vuole più di uno o due figli viene lasciato solo, quasi a dire: «È una scelta tua, te la paghi tu». Ecco allora perché, se la famiglia non viene considerata il luogo generativo per eccellenza, non ci sarà troppo da sperare per le nostre società.
Ma perché è così importante riconoscere la famiglia come soggetto economico?
Perché è il primo produttore: come si diceva, produce il capitale umano, il capitale sociale (cioè le reti fiduciarie) e il capitale relazionale. Si sente dire che ci vorrebbero più coesione sociale, più welfare, ma domandiamoci: da dove discende questo capitale sociale? Come si creano le reti di solidarietà e di reciprocità e, soprattutto, le reti di fiducia? Se uno avesse il coraggio intellettuale di porsi una domanda del genere, alla fine dovrebbe rispondersi che questo avviene grazie alla famiglia. Ecco che è fondamentale riconoscerne la funzione generativa.
Il 2014 è stato proclamato Anno europeo della conciliazione tra lavoro e vita privata. Ma lei invita a non parlare di conciliazione. Perché?
Perché la parola conciliazione, in italiano ma anche in inglese, postula l’esistenza di un conflitto. Solo se c’è il conflitto c’è il problema della conciliazione, tant’è vero che il poliziotto quando eleva una contravvenzione chiede: «Concilia?». Mettere lavoro e famiglia in opposizione è un errore tragico. Entrambi sono valori fondamentali e in quanto tali non possono essere in conflitto. Molto meglio, dunque, parlare di armonizzazione. La parola armonia, infatti, che deriva dal greco, all’origine stava a indicare l’intercapedine che si metteva tra due corpi metallici perché, sfregandosi, non producessero scintille e quindi il fuoco. Noi dobbiamo mirare a politiche di armonizzazione, perché non dobbiamo mandare il messaggio che tra famiglia e lavoro ci sia contrasto. Se questo avvenisse, a rimetterci sarebbe la donna, perché si finirebbe con il colpevolizzarla. Questo, purtroppo, in parte sta già avvenendo e infatti se andiamo ad analizzare la curva della felicità ci accorgiamo che quella delle donne è molto più bassa rispetto a quella degli uomini, perché il mondo femminile è pieno di frustrazioni e sensi di colpa. Ma una società che colpevolizza una parte dei suoi membri non è una società a misura degli esseri umani.
La famiglia è davvero ambiente generatore di felicità?
Al di là di quanto appena detto, è dimostrato che, a parità di condizioni, la vita familiare fa aumentare l’indice sintetico di felicità. Non ci vuole molto a capirlo. La felicità, che non è l’utilità, è data dalla capacità di fruizione dei beni relazionali. Ora i beni relazionali sono quelli che derivano dalla relazione interpersonale: quale altro luogo della società è in grado di fornire beni relazionali al pari della famiglia? Nelle famiglie può esserci anche occasione di conflitto, è vero, ma si tratta di un conflitto positivo. Terenzio, il commediografo latino, diceva che il cielo e la terra sono in conflitto, ma da tale conflitto nasce il germoglio. Ecco, i conflitti familiari sono di questo tipo.
Lei sostiene che a breve sulla famiglia si tornerà a puntare.
Che cosa glielo fa pensare?
Innanzitutto il fatto che ad aprile ci sarà la Terza Conferenza nazionale sulla famiglia e in quell’occasione ci aspettiamo che il presidente del consiglio Enrico Letta (il quale ha tenuto per sé la delega sulle politiche della famiglia) proponga un disegno di legge di riforma delle politiche familiari. Questo vuol dire che si registra una ripresa di interesse anche sul fronte politico. Inoltre, perché il tema della famiglia ne incrocia tanti altri: la dimensione bioetica, quella di genere, ciò che riguarda il nuovo welfare che si va disegnando nel Paese. Argomenti attualissimi. In autunno, poi, ci sarà il Sinodo sulla famiglia. Sia in Italia che all’estero sono tanti gli occhi puntati sulla famiglia. Il vero problema, però, è un altro: abbiamo una preparazione culturale adeguata? Gli esperti di solito sono preparati su un singolo segmento: c’è chi è esperto di bambini, chi di anziani... Oggi abbiamo bisogno di visioni più ampie anche su questi temi.
Quali sono, a 360 gradi, i presupposti per una diversa politica della famiglia?
Riscontriamo numerose spinte in questa direzione. Innanzitutto da parte delle donne che ormai mal sopportano la situazione attuale e fanno pressione in tal senso attraverso i nuovi movimenti femministi. Poi, da parte delle imprese, che hanno finalmente capito che le politiche familiari sono convenienti: l’impresa che è familiarmente responsabile è un’impresa che ha più alta produttività e quindi più alta redditività. Infine, perché le associazioni cosiddette familiari (si pensi al Forum delle Associazioni familiari, che raggruppa circa 2 milioni di famiglie) si stanno organizzando per far sentire la propria forza. In fondo 2 milioni di famiglie corrispondono almeno a 5 milioni di voti: una massa critica che può esercitare una funzione non indifferente anche a livello politico.
Stralci del Messaggi
«Ogni figlio è volto del “Signore amante della vita” (Sap 11,26), dono per la famiglia e per la società. Generare la vita è generare il futuro anche e soprattutto oggi, nel tempo della crisi; da essa si può uscire mettendo i genitori nella condizione di realizzare le loro scelte e i loro progetti. La testimonianza di giovani sposi e i dati che emergono da inchieste recenti indicano ancora un grande desiderio di generare, che resta mortificato per la carenza di adeguate politiche familiari, per la pressione fiscale e una cultura diffidente verso la vita».
«La nostra società ha bisogno oggi di solidarietà rinnovata, di uomini e donne che la abitino con responsabilità e siano messi in condizione di svolgere il loro compito di padri e madri, impegnati a superare la crisi demografica e, con essa, tutte le forme di esclusione».
«Generare futuro è tenere ben ferma e alta questa relazione di amore e di sostegno, indispensabile per prospettare una comunità umana ancora unita e in crescita».
Diocesi di Caserta
Un Festival per la vita
Festival è sinonimo di allegria, di gente in piazza, di coinvolgimento, insomma, di vita. E allora è interessante che proprio al tema della vita ormai da quattro anni venga dedicato un Festival. Si tiene a Caserta, per iniziativa della diocesi e della Società San Paolo, quest’anno (dal 25 gennaio al 2 febbraio) sul tema «Vivere è… educare per generare futuro». «In quest’epoca di difficoltà sociali ed economiche – sostengono gli organizzatori –, un’esperienza come quella del Festival della Vita assume una duplice valenza: da un lato, assolve all’esigenza umana e spirituale di tutelare la vita in ogni suo aspetto; dall’altro, crea momenti di aggregazione che consentono di valorizzare il territorio mediante la realizzazione di eventi che favoriscono i rapporti intergenerazionali».
Ma la vera novità di questa IV edizione sta nel coinvolgimento, in date e con modalità diverse, di altre città, italiane e straniere: si è già svolta una prima tappa a Colonia (in Germania) dove ha avuto luogo una serie di concerti del maestro Gaetano Maschio e del soprano Filomena Piro, e prossimamente è prevista una sessione parigina.
Il Festival avrà anche un volto solidale: quest’anno il focus della solidarietà si concentrerà sull’ospedale, la casa albergo per anziani e la casa circondariale. Particolarmente attesi sono anche gli eventi promossi dalle oltre quaranta associazioni aderenti al Festival e gli incontri con gli studenti sul tema della prevenzione e della sicurezza stradale.
Degna di nota è la serata del Gran Galà per la Vita che si terrà presso il teatro Comunale di Caserta sabato 1 febbraio alle ore 20, cui prenderanno parte anche monsignor Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, e don Paolo Gentili, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della Famiglia della Cei. A coordinare la serata sarà Michele Mirabella.
«Il Festival della Vita vuole essere una festa di tutti e per tutti – afferma Raffaele Mazzarella, direttore del Festival –. Per questo intendiamo coinvolgere ogni singolo partecipante, valorizzandone la ricchezza del percorso umano, certi che, al di là di ogni difficoltà, sulla vita valga sempre la pena di scommettere con entusiasmo».
Lo scorso 24 settembre è scomparso monsignor Pietro Farina, vescovo di Caserta e da sempre convinto sostenitore della manifestazione. A lui, nell’ambito del Festival, è stato dedicato il premio «Un amico per la vita monsignor Pietro Farina».
Info: www.festivaldellavita.it
e-mail centroculturale.campania@stpauls.it