Roma, ecco il conto
È sempre più difficile farsi un' idea corretta degli avvenimenti italiani. A differenza del passato, l' italiano all' estero vede regolarmente la tv italiana, diventando vittima di una subdola colonizzazione che lo induce a «pensare all' italiana». Impossibilitato a manifestare una sua opinione, prende coscienza di essere stato condannato all' emarginazione dalla patria. È solo un appetibile oggetto strappalacrime da parte delle crocerossine televisive o un potenziale acquirente di prodotti italiani. La negazione del voto in loco non ha fatto che aumentare il suo disincanto verso una terra che ha attuato una politica deludente nei confronti della diaspora.
Nonostante un processo di colonizzazione in atto, l' attenzione per l' Italia si è fatta più oggettiva. Accanto al degrado o alla nullità della politica spettacolo e al protagonismo patologico che investe, a ondate successive, parte della magistratura, dei politici e dei giornalisti televisivi, l' italiano all' estero coglie i segni di una società viva e creativa, di un volontariato straordinario, di una stampa con cui vuole instaurare dei rapporti. Il disincanto non ha spento le sue attese di cittadino emigrato e di europeo, ed è pronto a chiedere al nuovo governo e al nuovo parlamento il rispetto pieno dei suoi diritti, in quanto all' estero ha saputo maturare una notevole coscienza politica, e ha compreso che ha qualcosa di innovativo da dare.
Le attese degli italiani all' estero
Giangi Cretti, membro del Cgie e direttore de 'la rivista', mensile della Camera di commercio italiana per la Svizzera, sottolinea: «Come cittadino, per quanto emigrato comunque ancora italiano, mi aspetto da coloro che istituzionalmente ci dovrebbero rappresentare, cose ovvie, presumo: serietà , credibilità , onestà intellettuale, competenza. Pertanto, conoscenza dei problemi, quantomeno disponibilità a conoscerli. Se in Parlamento fossero rintracciabili queste qualità , ritengo che in Europa e nel mondo potremmo risparmiarci la vergogna (o il divertimento) dello spettacolo offerto da parlamentari asserviti a qualche potentato (politico od economico, poco importa) che hanno come unico culto quello del potere privato declinato nelle varie forme ed espressioni del 'lei non sa chi sono io'. Nel governo, qualcosa in termini di serietà e competenza mi pare sia possibile individuarlo. Dando per scontato che sia democratico, l' augurio è che sia anche efficiente. Per fare questo, deve riuscire a scrollarsi di dosso i lacci della burocrazia e liberarsi dall' abbraccio dei funzionari della pubblica amministrazione».
I danni non sono provocati soltanto da una «politica migratoria» debole, ma dai «burosauri». Paradigmatici, a questo proposito, i ritardi nell' assegnazione dei fondi per i corsi di lingua e cultura. Il tema della delusione degli italiani all' estero per l' inefficienza strutturale è ricorrente.
Sull' italiano all' estero pesa poi la rimozione della memoria della diaspora. Egli chiede di «non essere dimenticato in patria. Se la democrazia - sostiene Alfredo Milesi, membro del Cgie di Barcellona - si basa sulla partecipazione e sulla possibilità di interventi, seppur piccoli, del cittadino, tali diritti devono essere riconosciuti». E Gianfranco Gazzola, consigliere Cgie di Losanna, rincalza: «L' Italia non ha mai assunto pienamente, fatta propria effettivamente, la sua diaspora. Al prossimo governo chiederò di riconoscere piena dignità di cittadini agli italiani fuori d' Italia. Continuerò a chiedere che sia valorizzato quanto di positivo essi esprimono e che si preoccupi anche dei loro bisogni».
La purificazione della memoria rimette in circolo la questione del voto. Dino Nardi, del Cgie in Svizzera, commenta: «Mi aspetto che venga ripreso subito il disegno di legge ordinaria di attuazione del voto all' estero». Ma non si vive soltanto di voto. Le attese sono quelle di sempre e rischiano, appunto per la loro snervante ripetitività , di svilire l' impegno di tante persone coinvolte nella promozione dei diritti degli italiani all' estero. Lorenzo Principe, direttore del Ciemi di Parigi e del mensile europeo 'Nuovi Orizzonti Europa', ribadisce: «Cosa dire di particolare circa le attese di un italiano all' estero verso la nuova legislatura? Niente di nuovo, ma sempre aspetti importanti per la comunità italiana e disattesi in precedenza: servizi consolari attenti ai bisogni della comunità ; istituti di cultura capaci di coinvolgere nelle proprie iniziative tutta la comunità e non solo la crema; una stampa italiana all' estero accettata come interlocutrice qualificata dai media e dai politici italiani; una valorizzazione dell' esperienza storica italiana di migrazione per una maggiore comprensione e accettazione dei nuovi fenomeni migratori italiani, europei e mondiali (museo storico, insegnamento della storia delle migrazioni nei diversi cicli scolastici, ecc.)».
Alberto Bertali del Cgie di Manchester, sposta l' accento sulle conseguenze che la eventuale concessione del voto in loco potrà avere sul Cgie: «Avremo la possibilità di lavorare meglio». La questione voto ha spesso fatto emergere interessi di consiglieri che avevano «aspirazioni politiche proprie e, temo, poco interesse alla stragrande maggioranza dei nostri connazionali all' estero. Ci interesseremo, probabilmente, di più - continua Bertali - ai problemi che tengano conto delle necessità reali delle persone che rappresentiamo». Per avere più credibilità , il Cgie deve imboccare la strada dell' autonomia, superando la fase del collateralismo che non sempre ha prodotto risultati spettacolari.
Accanto all' adeguamento delle strutture partecipative all' evoluzione in atto presso le comunità , occorre far riemergere un mondo snobbato da un'intellighenzia cui non serviva un' immagine realistica delle comunità . «Penso agli anziani: di loro si parla sempre troppo poco. Ben vengano poi gli Stati generali dei giovani del prossimo anno. Ad essi si devono fornire strumenti, offrire opportunità , concedere spazi affinché possano anch essi sentirsi italiani a pieno titolo», spiega Gazzola.
Cittadini d' Europa
Con l' andare del tempo si è sviluppata, negli italiani residenti in Europa, una forte coscienza dei loro diritti. Gianni Farina, vice-segretario generale del Cgie per l' area europea e nord-africana, parla di «attenzione costante ai diritti sanciti dalle normative comunitarie, spesso disattesi e contrastati a livello nazionale dai singoli paesi dell' Unione». Dall' Italia l' emigrato si attende un ruolo più attivo nella valorizzazione della lingua e della cultura nazionale che permetta di passare dalla differenza delle culture alla cultura delle differenze. Nardi esamina la questione da un' angolatura diversa: «In quanto cittadino europeo che vive in Europa in un Paese, peraltro extracomunitario, come la Svizzera, mi auguro ovviamente che anche la Confederazione entri nell' Unione europea e che quest' ultima diventi sempre più anche un' unione di popoli e non solo un' unione di interessi mercantili».
Gian Domenico Ziliotto, direttore del quindicinale britannico 'Voce degli Italiani', che nei mesi scorsi ha preso atto del pellegrinaggio di noti politici italiani ai santuari della democrazia britannica, si sofferma sull' effetto della mancanza di democrazia in emigrazione. «Dalla prossima legislatura, Governo e Parlamento nuovi, non mi attendo nulla di buono, visto com' è terminata quella precedente. Siamo finiti sulla Costituzione, ma potremmo restarci per molto tempo, se la volontà politica non cambia. Questa è la verità !». La delusione non significa la fine della creatività , e Ziliotto ipotizza scenari alternativi. «Se dalla prossima legislatura mi aspetto ben poco, non resta altro da fare che puntare su un lavoro interno alle comunità italiane all' estero che mi sembra alquanto trascurato. Bisogna sviluppare una cultura della partecipazione, altrimenti diamo ragione a quelli che definiscono la presenza italiana nel mondo solo il pretesto per l' imporsi di una piccola e ingorda nomenklatura. A mio avviso non abbiamo altra scelta se vogliamo ritornare ad essere interlocutori. Aspettare che la nuova legislatura ci riconosca come interlocutori, significa non aver capito che gli italiani all' estero sono una risorsa. Molti dei nostri giovani hanno una buona preparazione ed hanno anche un respiro europeo. Far emergere le diverse anime che compongono la diversificata presenza italiana all' estero potrebbe essere un passo importante per cominciare un cammino nuovo».