Sergio Palmesan e la Fenice risorta

Palmesan, addetto alla manutenzione, è la memoria storica del Teatro veneziano ricostruito dopo l'incendio di sette anni fa, grazie anche ai suoi ricordi.
23 Dicembre 2003 | di

Tanti anni fa, su di uno degli illustrati d'allora, compariva, ogni tanto, una rubrica così intitolata: Italiani che si fanno onore: Trova un portafogli ben nutrito e lo restituisce ovvero Guardia municipale salva una capretta. Era, quella, un'Italia minimalista cui invano il regime cercava di iniettare, con la flebo della propaganda, il falso mito della romanità , mito per altro sottratto al ciarpame dannunziano. Va detto tuttavia che salvare una capretta e restituire un portafoglio son gesti certamente da non sottovalutare. A Roma, trent'anni fa, il Poeta e Pittore Domenico Pertica (detto Momo), il Cocteau di Testaccio, insieme con Aldo Palazzeschi e Vittorio de Sica fondò il Premio Simpatia.
Viene consegnato ogni anno in Campidoglio, dal Sindaco in persona, giustappunto a italiani che per essersi distinti in questo o quel campo d'attività  suscitano simpatia.
È un premio ambito e fra i tanti simpatici immancabilmente figurano vigili urbani (già  guardie municipali) e vigili del fuoco che salvano bambini ma anche bestioline. Con tutto il rispetto, e la simpatia che meritano, mi sembra normale che in un Paese democratico pompieri e pizzardoni si preoccupino di fare quello per cui son pagati, sempreché fare il proprio dovere non sia divenuto, in Italia, oggi, titolo di straordinario merito.

Sì lunga premessa per parlarvi, cari lettori (a proposito: grazie degli auguri che ricambio), di un vero miracolo italiano, motivo di soddisfazione, d'orgoglio. Il glorioso Teatro La Fenice ha riaperto i battenti, come suol dirsi, dopo sette difficili anni di restauro. Sette anni sono troppi? Forse ma non è di questo che voglio parlarvi, bensì di un italiano che veramente s'è fatto onore durante il non facile lavoro teso a restituire a Venezia, al mondo un teatro-gioiello. Questo italiano è un falegname, ha 68 anni, (portati gagliardamente) e ha sempre lavorato alla Fenice come addetto alla manutenzione: si chiama Sergio Palmesan.
Egli è in fatto la memoria storica del teatro, vale a dire d'ogni chiodo e d'ogni fregio. Il Corsera gli ha dedicato una pagina intera: ... Sergio, com'era lo spessore di quella porta? Quanti scalini c'erano in quel corridoio? E sei sicuro che il pavimento... Meno male che c'era Palmesan. La sua memoria ha fatto quello che risultava impossibile al più sofisticato computer e questo, guarda caso, lo constatiamo proprio quando il Cavaliere Berlusconi annuncia la inesorabile avanzata dell'internet a tutto discapito della carta stampata. Quando uscì la tv non pochi dissero e scrissero che avrebbe ammazzato la carta stampata. Siamo nel Terzo millennio, i giornali continuano a vendere rimanendo i non sostituibili informatori della gente. Per tornare alla Fenice, tempio d'arte e di grazia, inaugurata il 16 di maggio del 1792, da Paisiello, insisto nel dire, con buona pace del Cavaliere, come i sofisticati meccanismi del più aggiornato software siano stati, appunto, sconfitti dalla memoria d'un falegname.

Una piccola notazione: il Vecchio Cronista ci tiene a ricordare ai lettori come l'inaugurazione del resuscitato teatro veneziano, sia stata aperta solennemente dall'Inno di Mameli diretto con appassionata forza da Muti e cantato con visibile commozione dal presidente Ciampi. Tutto si tiene: dicono i francesi. La memoria di Palmesan, la seconda vita della Fenice davvero risorta dalle sue stesse ceneri, e l'impegno che caratterizza il destino storico di Ciampi: ridare a noi italiani il senso dell'appartenenza, saldando la Resistenza al Risorgimento. Per onorare la Patria. Etimologicamente Patria vuol dire la Casa del Padre. Ci siamo tornati tutti quando la meglio gioventù, morta per la libertà  in Iraq, è ritornata in Italia.

 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017
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