Siamo noi il futuro!
La mia riflessione trae spunto da alcune interviste a giovani italiani residenti all";estero, effettuate per il «Meeting Migrantes» organizzato a Bari in occasione del recente Congresso eucaristico nazionale: un incontro arricchito da testimonianze di rappresentanti delle nuove generazioni. Le interviste avevano lo scopo di conoscere i rapporti di questi giovani con l";italianità e con le comunità cattoliche italiane. Sulla prima domanda la risposta è stata quasi unanime, a conferma che l";italianità "; nella forma della doppia appartenenza "; per i giovani di terza o quarta generazione è un retaggio che arricchisce la loro personalità .
«Vivo la mia identità soprattutto attraverso i valori trasmessi dalla famiglia. E ne sono fiera!», ha affermato Maria Lomanto, giovane insegnante di Enfield, Londra. E Giusy Vitiello, di Mainz, ha aggiunto: «Le due identità mi consentono di vivere con la cultura e i costumi della Germania, e di scegliere dalla cultura e dallo stile di vita italiano quello che più mi arricchisce». Tanti altri giovani hanno testimoniato un risveglio d";interesse per l";italianità , ma ciò impegna il mondo istituzionale ad offrire concrete prospettive alla crescita della loro identità e professionalità .
Nelle risposte al quesito che riguardava la loro partecipazione alle attività delle comunità ecclesiali, è emerso il contesto sociale in cui vivono gli intervistati, caratterizzato dalla crescente crisi di valori e dal fenomeno del pluralismo religioso ed etico. La previsione, però, di un processo di secolarizzazione pervasivo nei confronti del trascendente e del ruolo delle istituzioni religiose, non si è avverata, e in tanti giovani italiani all";estero "; pur rimanendo minoranza "; permane un atteggiamento di ricerca e una significativa partecipazione a cammini di fede. Le Missioni cattoliche e le parrocchie con servizio liturgico in italiano sono ancora spazi privilegiati per momenti di confronto e d";approfondimento sui temi della fede. Ce lo ha confermato Giusy Vitiello: «Anche se non tutti i giovani italiani all";estero frequentano la chiesa, ci sono delle domande sul senso della vita o sui perché delle nostre scelte che tutti si pongono».
Rosalia Lento De Luca puntualizza: «Essere italiani in un territorio come il Limburgo, in Belgio, significa essere espressione del patrimonio di cultura e di valori caratteristici della nostra terra d";origine, come il senso della famiglia, lo stile dell";accoglienza, l";attaccamento alla fede cristiana». E Sergio Panizieri, di Genk-Waterschei, ne ha sottolineato le motivazioni: «Una parte dei giovani oriundi gravita attorno alle Missioni cattoliche perché all";interno di esse trovano delle risposte alle loro attese: sono cioè comunità aperte. Dare una testimonianza di fede nel segno della gioia e dell";apertura agli altri, significa mostrarsi sicuri dei propri valori».
La partecipazione a meeting e l";interscambio di esperienze sono state le testimonianze più significative che ho colto dagli intervistati. Lo scorso 29 aprile, nello stadio Arena di Amsterdam, 35 mila giovani delle comunità neocatecumenali italiane ed europee hanno vissuto momenti di forte spiritualità . Ma prima dell";incontro allo stadio "; racconta Francesco Radaelli residente ad Amsterdam "; con giovanile coraggio hanno fatto sosta nelle piazze e nei campus universitari di 150 città europee per trasmettere messaggi di fede e l";invito alla Giornata mondiale della gioventù di Colonia. Hanno registrato storie di rifiuto, ma anche segni d";aperta solidarietà .
Per la Gmg di Colonia c";è una forte attesa: «Si sente nell";aria che sta arrivando un evento molto importante ed è bello vedere che ci sono tanti giovani che ci credono, che hanno dentro questo entusiasmo: in fondo, siamo noi il futuro!», ha sottolineato Giusy. La presenza dei giovani italiani e di discendenza italiana soprattutto alle ultime Gmg, e la confermata loro partecipazione a quella di Colonia, sono conseguenze del loro nuovo atteggiamento di fronte alla fede. L";iniziativa è partita, a metà degli anni Ottanta, da un";intuizione di Giovanni Paolo II che ha stupito il mondo, ma la risposta è stata sorprendente registrando la partecipazione non solo dei «praticanti», ma anche di coloro che vivevano l";appartenenza alla chiesa in atteggiamento di distacco o di critica. Per tanti, l";evento è stato un";occasione di rinascita di vita cristiana, una condivisione della gioia d";essere credenti.
«La fede giovane ha bisogno di sicuri ancoraggi in un tempo carente di riferimenti collettivi, e dominato dall";incertezza "; scrive Franco Garelli, nella sua ricerca sui giovani italiani che hanno partecipato alle Gmg di Roma e di Toronto ";. I grandi eventi possono rappresentare i nuovi ";miti"; fondanti. Così non stupisce che i giovani credenti siano sensibili ai meeting della fede, e interpretino la loro appartenenza ecclesiale anche come happening e festa collettiva».
La fede giovane è dunque una risorsa, e i grandi momenti in cui la esprimono, come la Gmg di Colonia, sono occasioni di verifica e di riflessione sul loro futuro.