«Solidaria», contaminati dal volontariato
La città del Santo capitale europea del volontariato? Non è una provocazione, ma una reale possibilità che a dicembre potrebbe ufficialmente concretizzarsi, dal momento che Padova è in ballottaggio con la sola Stirling (piccola cittadina scozzese) per ottenere l’ambìto riconoscimento annuale per il 2020 (sarebbe la prima volta per l’Italia!).
Sia come sia, Padova già si comporta da centro internazionale del volontariato e si proietta in avanti, lanciando in questo settembre (dal 24 al 30) la prima edizione di «Solidaria», settimana di appuntamenti e iniziative in diversi luoghi della città, secondo il modello «festival culturale» che anima le piazze di tanti nostri centri.
Ma non esiste virtuosa proiezione in avanti che non conti su decisive fondamenta. Allora è vero che la dicitura «città del Santo» è usata come semplice, scontato sinonimo di «Padova», ma in questo frangente l’associazione con sant’Antonio ha tutta la pregnanza del caso. Perché a ben guardare se c’è un momento che fonda la vocazione sociale della città, questo è proprio la predicazione e l’azione del francescano portoghese. Dai Sermoni ricaviamo il suo schierarsi deciso a favore dei poveri e contro gli usurai. Il famoso miracolo del cuore dell’avaro – ritrovato nel forziere, anziché nel petto del defunto – rende plasticamente lo sconvolgimento provocato dall’iniquo accumulo di ricchezza, che distrugge tanto la vita dell’indigente quanto l’umanità del benestante.
Una «reliquia della solidarietà»
Non tutti sanno, poi, dell’esistenza di un’ulteriore testimonianza «indipendente» dell’opera di Antonio a favore dei poveri. La municipalità, nella sua Biblioteca Civica, conserva un antico codice manoscritto che raccoglie gli Statuti del Comune fino al 1285. Tra questi, ecco nel foglio 114 quello che ci interessa, datato 15 marzo 1231, recante le nuove disposizioni (decisamente meno dure) per i debitori insolventi e i falliti, puniti, fino ad allora, con la tortura e il carcere a vita. Il tutto, precisa il codice in latino giuridico, «ad postulationem venerabilis fratris et beati Antonii confessoris de ordine fratrum minorum», su richiesta del venerabile frate Antonio dell’ordine dei frati minori (la specifica et beati è probabilmente un’aggiunta successiva del copista, visto che da lì a pochi mesi il Santo sarebbe morto e quindi canonizzato a tempo di record il 30 maggio 1232).
Proprio in occasione di Solidaria, dal 22 al 30 settembre il Codice BP 1235 originale sarà esposto al Museo Antoniano nell’ambito della mostra fotografica Il bello della carità. La carità dei frati nel nome di sant’Antonio. Curioso: conosciamo sant’Antonio come ricettore di domande e preghiere, ma qui fu lui a chiedere (e ottenere) un intervento di pace e giustizia che da allora restò inscritto nel Dna di Padova.
Iniziativa con tre parole chiave
Questa vicenda antoniana è anche un seme, germogliato e sviluppatosi all’ombra della cupole della Basilica grazie alla carità di tanti frati e laici che, in tante forme (non ultimo con il giornale «Messaggero di sant’Antonio»), sostengono lo sviluppo di una reale «cultura della solidarietà», garanzia di vita buona. Nel medesimo filone si inserisce la partecipazione dei frati a Solidaria, con alcuni appuntamenti all’insegna delle tre parole chiave al centro della manifestazione. Facile individuare le prime due: «solidarietà» e «volontariato».
La terza la spiega Emanuele Alecci, presidente del principale promotore di Solidaria, il Centro servizi per il volontariato di Padova: «È “contaminazione”. Detta così sembra un termine medico che fa paura, e invece esprime il desiderio di contaminare i nostri territori coinvolgendo anche quanti in percorsi di volontariato e solidarietà non sono mai entrati. Siamo stanchi di passare per i “bravi ragazzi”: o capiamo che la solidarietà è questione di e per tutti, o non andiamo da nessuna parte. I tempi difficili che viviamo hanno bisogno che istituzioni, imprese, associazioni, singoli cittadini compiano qualche salto di qualità. Nessuno può sentirsi escluso o può autoescludersi dal compiere ragionamenti solidali. Vorremmo che Solidaria fosse l’occasione per impostarne alcuni, “contaminandoci”. L’entusiasmo che stiamo riscontrando e le inedite collaborazioni che vanno creandosi ci fanno ben sperare».
In fin dei conti, anche lo statuto del 15 marzo 1231 non è forse la «fotografia storica» di una felice contaminazione sociale tra sant’Antonio e Padova?